Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Referendum trivelle: trivelle marine e cervelli trivellati


Da tempo sono iscritto a Greenpeace. Dal 2009 ho cambiato la mia auto a benzina (che ancora mi avrebbe accompagnato per anni), per comprarne una a metano. E la uso il meno possibile. Preferisco la bicicletta, i miei piedi o sfruttare i mezzi pubblici, pur con tutti gli inconvenienti che l’utilizzo di questa forma di mobilitazione in Italia comporta. I piatti continuo a lavarli a mano, nonostante abbia una lavastoviglie e avvio la lavatrice una volta ogni una-due settimane, aspettando che il cestello sia ben pieno. Non lascio luci accese dove queste non servono e mi arrabbio quando vedo sprechi energetici sia in pubblico che in privato. Non ho il condizionatore e il riscaldamento lo accendo solo quando è veramente necessario. Evito di andare in certi supermercati e di comprare marche di articoli di cui non condivido la politica della ditta produttrice. Cerco di scegliere sempre prodotti alla spina per evitare inutili imballaggi. Non chiedo mai un sacchetto perché ogni volta mi porto la mia borsa per la spesa. Riciclo e riutilizzo ogni prodotto.
Da anni non voto perché non credo nella democrazia parlamentare, ma ogni volta che scelgo un prodotto piuttosto che un altro, ogni volta che agisco in un modo piuttosto che un altro, voto.
Questa è la mia democrazia.

Infine, avendo visitato più volte Fukushima e Chernobyl, sono consapevolmente conscio del pericolo che le centrali nucleari rappresentano e, quindi, sono consapevolmente contro la dipendenza energetica sul nucleare senza cercare valide alternative (che ad oggi, checché se ne dica, purtroppo, non esistono).
Però, questo referendum del 17 aprile su trivelle sì, trivelle no, mi trova in parziale disaccordo con i promotori (tra cui la stessa amata e rispettata Greenpeace). Mi spiace, ma non lo condivido. Non del tutto, per lo meno.
Le coste italiane (e non solo) sono punteggiate da centinaia di impianti off-shore che da decenni estraggono gas idrocarburi e (in minima parte) petrolio dal mare. Ripeto: da decenni. Eppure sembra che solo da qualche mese a questa parte, la popolazione italiana se ne sia accorta. Per decenni milioni di italiani (e non solo) hanno frequentato le coste della penisola senza alzare un dito contro le trivellazioni, continuando imperterriti, felici e ignari a bagnarsi nei mari italici. Ai bar di Rimini, delle Tremiti, di Cefalù si parlava di tutto, ma non certo di trivelle. La democrazia (potere al popolo, sigh!) non era arrivata sugli sdrai delle spiagge. Poi, come spesso accade (potere dei mass-media?) l’inondazione di informazioni.
O informazione a senso unico, che si avvicina molto alla disinformazione (esattamente come lo era stato per il nucleare).
E dato che non credo affatto della volontà dell’opinione pubblica di informarsi (cosa di cui sono ben consci anche i promotori del referendum), è molto facile abbindolare l’uomo e la donna comune con immagini e indicazioni che nulla hanno a che fare con ciò per cui si andrà a votare.
In un argomento tecnicamente così delicato è anche estremamente facile e poco etico (ma alla fine chi se ne frega dell’etica se porta acqua al mio mulino?) inondare l’opinione pubblica di dati, anche se tecnicamente e scientificamente non verificati, come accaduto per il nucleare. Tanto, chi andrà a verificare?
Si parla soprattutto di estrazione petrolifera, quando, invece, dei 92 pozzi offshore interessati al referendum, solo 5 estraggono petrolio. Gli altri producono gas idrocarburi (principalmente metano). E delle 4.500.000 tonnellate di petrolio estratte ogni anno in Italia, ben 4 milioni provengono da 615 impianti situati a terra, non interessati al referendum, ma molto più inquinanti. Per l'indignazione popolare verso queste trivellazioni, aspettiamo una nuova ondata di "informazioni". Per ora va bene così.
Il Decreto Legislativo 128/2010, entrato in vigore dopo l’incidente di Macondo, nel Golfo del Messico, proibisce già oggi la costruzione di piattaforme off-shore entro le 12 miglia nautiche. Il referendum, quindi, non deciderà se in futuro sarà possibile o meno costruire nuovi impianti. Il voto, invece, deciderà se, alla scadenza delle concessioni, le piattaforme off-shore dovranno cessare di estrarre gas (o petrolio), oppure dovranno essere smantellate per spostarsi qualche miglio più in là. Un po’ come non volere il nucleare, ma avere le centrali appena al di là del confine e comprare energia prodotta dalla fissione dell’atomo.
Naturalmente, una volta vietata la concessione, le compagnie saranno libere di andare ad estrarre gas o petrolio in altri Paesi (molto probabilmente si sposteranno sulle coste croate). Nel frattempo noi, visto che difficilmente accetteremo di diminuire il nostro livello di benessere, continueremo a sprecare energia importando le stesse fonti energetiche da migliaia di chilometri di distanza. Con un aumento dei costi energetici di trasporto e con la dilatazione dei rischi ambientali legati al maggior numero di petroliere che dovranno giungere ai nostri porti. Bella mossa!
Se vogliamo veramente proteggere l’ambiente, bisogna agire a livello internazionale, e non provinciale come siamo soliti fare noi italioti. Per questo ho aderito a Greenpeace, visto che le loro campagne sono generalmente rivolte non solo a livello locale, ma globale. Purtroppo non questa delle trivelle.
Tanto c’è sempre una manifestazione contro l’aumento della CO2 a portata di mano per permetterci di lavare la nostra coscienza. E poco importa se ci andremo con i nostri SUV o con le nostre macchine inquinanti, perché comprare un’auto a metano costa, camminare o pedalare è faticoso e utilizzare i mezzi pubblici è laborioso. E inveiremo contro quei sindaci che istituiranno le zone pedonali in centro città, perché camminare è bello, sì, ma che lo facciano gli altri e lascino liberi i parcheggi per la nostra auto.
Alla fine, siamo sinceri: la nostra politica ambientalista si limita allo slogan che sono sempre “gli altri” che devono cambiare.

Copyright ©Piergiorgio Pescali

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