Magro,
capelli bianchi, passo incespicante; Khieu Samphan è invecchiato
parecchio dall’ultima volta che lo vidi, poco più di un anno fa.
Allora sedeva accanto a Ta Mok in quello che sembrava un sodalizio
difficile da accettare per entrambi. Ta Mok inveiva apertamente
contro Pol Pot, allora prigioniero; Khieu, invece, cercava di
lanciare messaggi in difesa dell’ex leader, a cui è rimasto sempre
legato, avendo cura, al tempo stesso, di non suscitare l’ira del
comandante Khmer Rosso.
E’
invecchiato, Khieu Samphan, certo, ma incontrandolo oggi, qui a
Pailin, ritrovo nei suoi occhi la stessa vivacità e il medesimo
sguardo che hanno tanto contribuito a renderlo una persona
carismatica agli occhi di molti suoi seguaci e non.
-Khieu
Samphan è l’unico leader Khmer Rosso in grado di suscitare
l’entusiasmo e la fiducia anche tra coloro che odiano i Khmer
Rossi.-
mi aveva detto un giorno un generale dell’Esercito Reale
Cambogiano.
Da
buon orientale ora mi sorride quando ci incontriamo nella piccola
saletta messaci a disposizione del comune di Pailin per rilasciare la
prima intervista dopo la sua resa in dicembre. Unendo le mani in
segno di saluto e chinando un poco la testa, ricorda il nostro ultimo
incontro. Nel suo portafogli tiene ancora una foto, che un fotografo
improvvisato ci aveva scattato ed una copia dell’articolo che gli
avevo fatto pervenire dall’Italia.
-Le
circostanze, ora, sono assai diverse.-
replico.
-Già
da allora sentivo che la nostra lotta era giunta al termine. Era
oramai inutile continuare ad illuderci e ad illudere le persone
attorno a noi.- risponde.
DOMANDA:
-Quindi
nessun rimorso?-
Khieu
Samphan: -
Assolutamente! Abbiamo lottato con le armi quando dovevamo difendere
la nostra patria e il nostro popolo. Ora lotteremo politicamente
perché il processo democratico, iniziato con le elezioni dello
scorso luglio, non venga interrotto.-
DOMANDA:
-E
Hun Sen? Per anni avete continuato a dipingerlo come delfino del
Vietnam. Assolto anche lui?-
Khieu
Samphan: - No!
Ma, ripeto, non esistevano le condizioni per condurre una lotta
armata a livello nazionale. Il popolo vuole la pace. E noi gliela
abbiamo data. Con questo non significa che siamo passati dalla parte
di Hun Sen. Solo, lo combattiamo con altri metodi.-
DOMANDA:
-Hun
Sen ha detto che chiedere scusa al popolo cambogiano per ciò che i
Khmer Rossi hanno compiuto durante Kampuchea Democratica, non basta
ed ha ipotizzato la formazione di un tribunale nazionale che processi
lei e Nuon Chea.-
Khieu
Samphan: -Ma
Hun Sen dove era durante gli anni di Kampuchea Democratica? Se non
ricordo male era anche lui un Khmer Rosso, un alto dirigente. Almeno
per la maggior parte del periodo in questione. Ma a parte questo,
rivangare il passato non serve. Dobbiamo contribuire tutti per
ricostruire un Paese distrutto da trent’anni di guerra e questo non
si fa con processi sommari.
DOMANDA:
-Avete
combattuto per trent’anni; il popolo, o almeno una grossa parte di
esso, ha sperato in voi, vi ha amato, prima. Poi il connubio si è
perso. Ne eravate consci?-
Khieu
Samphan: -Sì,
l’abbiamo sempre saputo, ma vede, quando, ad esempio, nel 1975
abbiamo iniziato l’esperienza di Kampuchea Democratica, eravamo
entusiasti, avevamo sconfitto la più grande potenza della terra, ci
sentivamo veramente invincibili. E quando ci si sente invincibili,
non si ascolta più nessuno, commettendo grossolani errori.
Sapevamo
che parte del popolo era contro di noi, ma speravamo che al termine
del nostro processo di ricambio sociale, saremmo stati compresi.
Purtroppo così non è stato. Io non sapevo che si stavano conducendo
tutte queste tappe forzate che tanta sofferenza hanno causato. Ma,
ancora una volta, chiedo scusa a tutto il popolo cambogiano.-
DOMANDA:
-
Lei non sapeva, Nuon Chea non sapeva, Ta Mok non sapeva, Ieng Sary
non sapeva... Tutta e solo colpa di Pol Pot? Come può un solo uomo
causare tanto dolore?-
Khieu
Samphan: -
No, non solo colpa di Pol Pot. Pol Pot non sapeva tutto quanto
accadeva. Non poteva saperlo. Erano i quadri, i dirigenti delle varie
province a gestire il vero potere sul popolo. E a Pol Pot, a noi,
giungevano le notizie da questi quadri. Notizie confortanti.-
DOMANDA:
-Che
non avete controllato...-
Khieu
Sampahn:
- Quando potevamo controllavamo. E rimediavamo.-
DOMANDA:
-Nel
1996 avete tacciato come traditore Ieng Sary. Oggi lei è al suo
fianco, mentre Ta Mok, unico tra tutti voi della dirigenza storica,
si trova in prigione a Phnom Penh in attesa di un processo perché si
è rifiutato di rinnegare l’idea di essere Khmer Rosso. Chi è il
traditore e chi il tradito?-
Khieu
Samphan: -Nessuno
è traditore, nessuno il tradito. Dopo le elezioni e la formazione
del governo di Hun Sen con l’appoggio di Norodom Ranariddh, che
assieme hanno i tre quarti dei consensi dell’elettorato nazionale,
sono completamente mutate le condizioni storiche e politiche del
Paese. Noi ne abbiamo preso atto, decidendo di dare il nostro
contributo e unirci al processo di democratizzazione che, per essere
effettuato, ha bisogno prima di tutto di una nazione stabile e
pacifica. Ta Mok è un militare ed è cresciuto con questa mentalità.
Non avrebbe potuto inserirsi in un sistema più sofisticato, che
ricercava la democrazia con il dialogo e non con la forza e la
strategia bellica. Noi abbiamo scelto una via, lui ha imboccato
quella opposta.-
DOMANDA:
-Quando
vi siete accorti che il movimento dei Khmer Rossi e gli ideali che
propagandava erano finiti?-
Khieu
Samphan:
-Già nel 1993 ci sono state delle grosse divergenze all’interno
del movimento, ma pensavamo di poterle risolvere. Invece nel 1996,
Ieng Sary e i Khmer Rossi di Pailin, han deciso di dissentire
apertamente alla linea della dirigenza per arrendersi al governo. E’
da quel momento che i Khmer Rossi hanno cominciato a disgregarsi.
Infine, il crollo definitivo, è avvenuto nel giugno 1997, prima con
l’uccisione di Son Sen, poi con la destituzione di Pol Pot. Allora
ho capito che era la fine. Ta Mok non aveva il carisma e la capacità
per divenire un leader.-
DOMANDA:
-
Ed ora Ta Mok è in attesa di essere processato. Su di lui verranno
fatte ricadere tutte le responsabilità di ciò di cui si accusa il
movimento, responsabilità che però dovrebbero essere condivise
anche da voi...-
Khieu
Samphan: -Rifiutando
di arrendersi, Ta Mok ha raccolto tutta l’eredità del movimento
Khmer Rosso. Da parte nostra, mia e Nuon Chea, abbiamo già chiesto
al popolo le nostre scuse.-
DOMANDA:
-Cosa
farà ora?-
Khieu
Samphan: -Il
pensionato. Mi piacerebbe girare per il Paese, vedere com’è
cambiato...-
Copyright ©Piergiorgio
Pescali
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