Nel
1896 Theodor Herzl ripropose all’attenzione del mondo ebraico
un’idea non certamente nuova, ma che alla fine del XIX secolo
cominciava a prendere sempre più piede tra le comunità
israelitiche; la creazione o, come disse lo stesso Herzl, la
“restaurazione” di uno stato che potesse ospitare ebrei da
tutto il mondo.
In
verità Herzl non propose il ritorno in Palestina; anzi, al primo
Congresso Sionista svoltosi a Basilea nel 1897, indicò l’Uganda
come possibile luogo in cui insediare il popolo ebraico.
La
proposta fu quasi subito contrastata da gruppi antisionisti come il
Bund o l'Agudat Yisrael.
Ebrei Ortodossi a Gerusalemme
Tra
i rabbini più agguerriti c'era
Joel Teitelbaum (1887-1979), fondatore del movimento Satmar, il primo
grande gruppo di ebrei ortodossi che si opposero, allora come oggi,
allo stato di Israele ed i cui 119.000 membri vivono principalmente a
Williamsburg (Brooklyn) e Mea Shearim (Gerusalemme). Teitelbaum è
stato il più radicale nel condannare il sionismo giungendo a
definirlo come “la più grande forma di impurità
spirituale del mondo intero”.
La base su cui il teologo, e tutti i movimenti ortodossi ebraici,
esplicano la loro contrarietà allo stato israeliano è
l'interpretazione di un passo del Talmud di Babilionia (ketubot
111a) secondo cui solo il Messia
avrebbe potuto riconsegnare la Terra d'Israele al popolo ebreo. In
questo senso l'opposizione è totale anche verso l'aliyah,
la migrazione verso Israele da parte degli ebrei della Diapora.
Rompendo i patti con il Signore, i sionisti sarebbero i responsabili
delle punizioni divine cadute sul popolo ebraico nel corso della
storia, compreso l'olocausto; teoria condivisa da migliaia di Edah
Haredith, le comunità
ultraortodosse sparse per il mondo. Dopo la Guerra dei Sei Giorni
(1967) Teitelbaum vietò ai Satmar di pregare al Muro del Pianto di
Gerusalemme ed in altri Luoghi Santi della città per evitare una
anche minima parvenza di legittimazione dell'occupazione da parte di
Israele.
Un
altro gruppo di ebrei ortodossi particolarmente attivi nel loro
antisionismo sono i Neturei Karta. Fondati da Rabbi
Aharon Katzenelbogen nel 1938 dopo essersi separati dall'Agudat
Yisrael, i Neturei Karta (Guardiani della città, in lingua aramaica)
combattono il sionismo in quanto considerato colonialismo “e
tutto ciò che esso porta, dalla perdita di vite umane
all'oppressione, è una profanazione della volontà di Dio”.
Uno dei loro rabbini, Moshe Hirsch (1923-2010) è stato consigliere
di Arafat per gli Affari Ebraici del governo palestinese, mentre nel
2005 alcuni loro membri hanno partecipato alla Marcia per la
Liberazione di Gaza.
Delegazione di Neturei Karta in Iran con Ahmadinejad (foto AFP)
Diverse delegazioni Neturei Karta si recano
regolarmente in Iran e nel 2006 hanno anche partecipato, su invito di
Ahmadinejad, alla famosa conferenza sull'olocausto, alla quale hanno
preso parte numerosi negazionisti e revisionisti. Il loro sentimento
pro palestinese, così come quello di altri gruppi di ebrei
ortodossi, non ha nulla a che vedere con i diritti umani o con la
politica (entrambe leggi secolari), ma è funzionale solo al fatto di
voler adempiere alla volontà del Signore. “I sionisti
devono cedere l'intera terra alla Palestina e attendere la venuta del
Messia per riavere Israele”
sono le frasi più ricorrenti che si leggono e si ascoltano quando ci
si reca a Mea Shearim, il quartiere di Gerusalemme che ospita gli
ebrei ortodossi secondo le strette rigide osservanze della Torah e
del Talmud. Dedicandosi completamente allo studio della Torah molti
ebrei ortodossi sono costretti a sopravvivere con i sussidi statali
rifiutando di prestare il servizio militare. E questo sta creando
malcontento tra chi vive in Israele, laici e non. Per molti analisti
questa sarà la guerra interna che dovranno sostenere i futuri
governi israeliani. Una guerra meno sanguinosa, ma altrettanto
cruenta di quella che si sta combattendo oggi.
Copyright ©Piergiorgio Pescali
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