I
recenti attentati in piazza Tienanmen a Pechino, alla stazione di Kunming e,
più recentemente, a Urumqi, la principale città dello Xinjiang, hanno
riproposto la spinosa questione uigura.
Kashgar: pattuglia cinese in piazza del Popolo (foto ©Piergiorgio Pescali)
La
Regione Autonomia Uigura dello Xinjiang, con 1,6 milioni di kmq, è la più
grande provincia della Cina, ma anche la più povera. I suoi 22 milioni di
abitanti, hanno subito il più macroscopico cambio di bilanciamento etnico
dell’intera nazione dal 1949 ad oggi. Nel 1949, alla vigilia dell’annessione
forzata da parte della Cina, vivevano nella regione 4.333.000 abitanti, 76% dei
quali uiguri, 10% kazaki e 6,7% han. Oggi, a causa di una politica di
trasferimento forzato, gli han rappresentano il 41% della popolazione, mentre
gli uiguri sono scesi al 43% ed i kazaki, la terza etnia maggioritaria della
regione, al 7%. La variegata composizione etnica comprende 16 delle 56
minoranze riconosciute ufficialmente da Pechino. L’Islam, giunto nel 934 d.C. e
portato dalla dinastia turco-persiana che dominava Bukara e il Centro Asia, è
tuttora la religione predominante tra gli uiguri, anche se solo in questi
ultimi anni è stato valorizzato imponendosi come elemento unificatore e di
distinzione dalla Cina.
Kashgar: la città vecchia (foto ©Piergiorgio Pescali)
Il
suolo dello Xinjiang è ricco di petrolio (si stimano riserve per 20 miliardi di
barili) e di uranio. Il governo di Pechino sta cercando di incrementare
l’agricoltura con la tecnica dell’irrigazione goccia a goccia importata da
Israele per creare lavoro per gli uiguri, mentre l’industria rimane saldamente
nelle mani degli han. Nelle lande desertiche poco lontano da Urumqi sorge anche
il più grande impianto eolico del mondo. Ma lo sviluppo sociale ed industriale
imposto da Pechino viene visto dagli uiguri come veicolo di distruzione della
loro stessa cultura. Proprio in reazione a questa sopraffazione gli uiguri, che
storicamente non hanno mai avuto un’identità nazionale ben definita, oggi si
riconoscono nell’unico valore comune a tutta l’etnia: la religione islamica. E’
per questo che la maggior parte dei movimenti indipendentisti sono
caratterizzati da una forte militanza islamica, come l’ETIM, l’East Turkestan
Islamic Movement, responsabile, secondo Pechino degli attentati terroristici
che hanno insanguinato la nazione.
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