La
liberazione di Aung San Suu Kyi ha mostrato che anche un governo come quello
del Myanmar, ogni tanto mantiene le promesse. Dopo aver deluso le aspettative
elettorali, modificando a suo favore il voto popolare, questa volta la Giunta
militare ha deciso di rispettare la scadenza indicata per il rilascio della
Lady birmana. Poco dopo il suo rilascio, abbiamo avuto l’opportunita’ di avvicinarla
e farle qualche domanda preliminare in previsione di effettuare un’ intervista
piu’ approfondita in seguito. Subito dopo l’incontro, pero', l’epulsione
notificataci dal governo, perche' il visto turistico impedisce di effettuare
attvita’ giornalistica, ha reso impossibile effettuare l’intervista. Questa e’
la breve conversazione avuta con Aung San Suu Kyi
Finalmente
libera. Ci credeva o pensava che la Giunta ritirasse all’ultimo momento anche
questa promessa?
ASSK: Non
mi sono mai posta il problema. La giunta ed io abbiamo idee contrapposte sulla
democrazia ed ho sempre sostenuto che la mia liberta’ non dovesse essere un
pegno utilizzato dalla giunta per raggiungere compromessi.
Liberta’
significa anche azione, responsabilita’ e quindi essere oggetto di critiche.
Cosa fara’ come prima cosa?
ASSK:
Vorrei girare il Paese, incontrare gente, sentire I loro problem direttamente
da loro. Fare, insomma, quello che ho sempre fatto quando la Giunta me lo
permetteva.
In carcere
ci sono ancora piu’ di 2.000 prigionieri politici. La sua liberazione non
rischia di far dimenticare al mondo queste persone dai nomi meno noti del suo?
ASSK: Ha
ragione, la mia liberta’ non deve far dimenticare che questi difensori della
democrazia che, per le loro idee, sono ancora incarcerate e io mi battero’
affinche’ anche loro possano vedere aprirsi le spranghe delle celle.
La Lega
nazionale per la Demcorazia non si e’ presentata alle elezioni e quindi non
avra’ nessun rappresentante al Parlamento. Come pensa di continuare la sua
lotta politica dall’esterno?
ASSK: Il
problema non e’ l’assenza dei nostri rappresentanti al Parlamento. Del resto la
nostra posizione e’ stata chiara fin dal principio: chi l’avesse voluto, poteva
candidarsi liberamente alle elezioni. Il problema pero’, e’ che le
consultazioni del 7 novembre, cosi’ come la Costituzione, si sono dimostrate un
colossale imbroglio. Parteciparvi significava accettare la Costituzione e
ingannare il popolo. Noi abbiamo scelto di stare dalla parte della democrazia e
della verita’.
Le poche
parole scambiate con Aung San Suu Kyi la mostrano sempre piu’ determinata a
continuare la sua attivita’ politica che le e’ valsa, oltre 15 anni di arresti
domiciliari, la popolarita’ mondiale e un Premio Nobel per la Pace nel 1991. La
sua liberazione, assieme alle elezioni che, seppur manipolate, rappresentano
pur sempre una svolta nella linea dei militari, dimostra che la Giunta potrebbe
essere veramente intenzionata a varare la tanto auspicata “Road to Democracy”.
Fatto importante, da pochi sottolinetato, e' che il rilascio di Aung san Suu
Kyi non e' stato posto ad alcuna restrizione. In pratica la leader della Lega
Nazionale per la Democrazia, potrebbe essere in grado di viaggiare per la
nazione, cosi' come aveva esplicitamente richiesto.
Anche in
fatto di sanzioni Suu Kyi ha mostrato un certo ammorbidimento: capendo che chi
soffre maggiormente del boicottaggio e' il popolo, si e' detta disponibile ad
una revisione della sua posizione. In questo modo il Myanmar potrebbe
sganciarsi dal cordone ombelicale che lo lega economicamente alla Cina,
rendendo piu' agevole il percorso verso un governo democratico.
Copyright ©Piergiorgio Pescali
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