Il 7
novembre 27 milioni di birmani decideranno quale sara' l-assetto del nuovo
parlamento del Myanmar. Tra i 37 partiti ammessi al voto dalla giunta militare
al potere, non figurera' la Lega Nazionale per la Democrazia (LND) di Aung San
Suu Kyi, che nel 1990 aveva conquistato il 58% dei seggi. Dopo una vivace
discussione interna, l'LND ha deciso di non partecipare alla tornata elettorale
perche' la nuova costituzione, approvata con un referendum farsa nel 2008, non
garantirebbe I diritti democratici richiesti dal paritto piu' popolare del
Paese. Nonostante la drastica decisione della “Lady”, come viene soprannominata
Aung San Suu Kyi qui in Myanmar, numerosi membri dell'LND hanno deciso di
trasgredire gli ordini e prendere comunque parte alle elezioni. “Un
boicottaggio favorirebbe la giunta militare, alzando le probabilita' di
elezioni di candidati a lei favorevoli” mi spiega Khin Maung Swe, ex
portavoce dell'LND ed ora presidente del National Democratic Force.
L'intimidazione politica operata dai militari e' evidente ogni qualvolta chiedo
un incontro con esponenti politici. La risposta e' sempre la stessa: “Se non
hai un visto giornalistico e non sei registrato presso il Ministero
dell'Informazione, non possiamo parlare”. Dopo che le ambasciate del
Myanmar in Italia, Thailandia e Singapore mi hanno rifiutato il visto d'entrata
perche' “persona non gradita”, sono fortunosamente riuscito ad ottenere
l'ambito lasciapassare in un consolato birmano, forse troppo lazzarone per
verificare le mie credenziali. Ma una volta entrato in Myanmar, mi ritrovo due
agenti dei Servizi Segreti che mi accompagnano in ogni dove. Li riconosco
perche' me li ritrovo ovunque: al mercato, alla Shwedagon Pagoda, lungo la
strada mentre mangio codino di maiale. Li ho sopannominati Flick e Flock per la
loro dabbenaggine e goffaggine. Secondo Kaung Myint Htut, leader del Gruppo 88,
che nel 1988 aveva guidato la lotta studentesca contro Ne Win, “e' un grande
“onore” avere alle calcagna due agenti; il governo non spenderebbe mai tempo,
uomini e denaro per persone che ritiene innocue”.
Per Thein
Sein, invece, Primo Ministro e numero tre della giunta militare, nonche' leader
della USDP (Union Solidarity and Development Party), “i due agenti sono la
prova che la sua presenza in Myanmar non e' gradita” e quindi, oltre a
declinare ogni incontro con il sottoscritto, sottindente il fatto che me ne
devo andare al piu' presto dal Paese. Questione di punti di vista, insomma. E'
comunque importante notare che, nonostante la costituzione riservi il 25% dei
seggi parlamentari ai militari, rimane il fatto che gli elettori, per la prima
volta dal 1962, potranno eleggere candidati civili.
“La
costituzione non garantisce la democrazia” mi dice l'arcivescovo di
Yangon, Mons. Charles Bo, “ma dopo 48 anni di dittatura I birmani debbono
abituarsi poco a poco ad un governo democratico. Il pericolo, altrimenti,
sarebbe di creare un caos sociale ed etnico nel paese, crendo divisioni e
contrapposizioni violente”.
In effetti,
tutti I diplomatici che ho ascoltato, al di la' delle recriminazioni dei loro
governi, si dicono preoccupati per una democratizzazione a tappe forzate: “Il
Myanmar e' un paese etnicamente diviso. Escludere in m\nome della democrazia I
militari, rischierebbe di creare una guerra civile e destabilizzare l'intero
assetto geopolitico della regione” mi spiega un ambasciatore di un Paese
europeo particolarmente impegnato nella lotta per la liberazione di Aung San
Suu Kyi. Come dire> un contro e' la diplomazia fatta di parole e buoni propostiti,
un altro e' confrontarsi con la realta' dei fatti di chi vive questa relata'
all'interno del Paese.
E mentre mi
aggiro per Yangon riuscendo facilmente a seminare Flick e Flock, l'atmosfera in
citta' sembra rilassata. La gente preferisce evitare di parlare di politica per
salvaguardare la propria incolumita' in caso le proprie opinioni possano essere
messe in discussione da un tribunale dopo le elezioni. “Non si sa mai, noi
birmani abbiamo dimostrato tre volte la nostra volonta' di cambiamento al governo:
nel 1988, nel 1990 e nel 2007” spiega uno studente della Yangon University
mentre sorseggiamo un boccale di Myanmar Beer assieme ad altri suoi compagni di
corso. Poi continua, rivolgendosi a me come rappresentante del mondo
occidentale e democratico: “Tutti voi sapete come e' andata a finire.
Speravamo in un vostro aiuto, in una mossa dei vostri governi sempre pronti a
parlare di democrazia. Vi siete dimenticati di noi. Ora pretendete ancora che,
per la quarta volta, esponiamo I nostri corpi ai fucili dei soldati?”
Copyright ©Piergiorgio Pescali
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