Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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Myanmar: Aung San Suu Kyi forse liberata oggi (13 novembre 2010)


A sette anni dalla sua ultima detenzione, Aung San Suu Kyi potrebbe venire liberata oggi. Le notizie che perforano con fatica il muro di censura costruito dalla giunta militare sono spesso contraddittorie. Da parte del governo, non c'e' nessuna conferma della liberazione, anzi: la Corte Suprema birmana ha negato il ricorso in appello presentato di legali della Lady, reiterando i suoi arresti domiciliari. E' molto probabile che se Than Shwe firmera' l'atto di rilascio, questo verra' pubblicato solo a liberazione avvenuta, per evitare assembramenti popolari e manifestazioni di giubilo imbarazzanti per la Giunta. Nyan Win, portavoce della Lega Nazionale per la Democrazia ed anche avvocato di Suu Kyi, ha recentemente fatto sapere che la sua assistita rifiutera' il rilascio se la sua questo dovesse essere condizionato a limitazioni politiche e di movimento all'interno della nazione. Nonostante questo, nella sede di Yangon dell'LND si e' riassettato l'ufficio che dovrebbe ospitare il Segretario Generale, rispolverandone le gigantografie, illegali in tutto il resto del Paese. Nel frattempo l'intera citta' di Yangon e' divenuta un fortino blindatissimo: le uniche zone in cui e' possibile passeggiare senza problemi sono quelle turistiche attorno alla Sule Pagoda, al mercato Bogyoke Aung San e alla Shwedagon. Le stazioni di treni e bus sono sorvegliate da militari in assetto antisomossa e a tutti i passeggeri vengono richiesti documenti che sono controllati con molta piu' minuzia e severita' rispetto al normale. La University Avenue, forse la strada piu' famosa della citta', dove sorge la villa in cui e' rinchiusa dal 2003 la leader del movimento democratico birmano, e' vietata al traffico e nessuno, se non munito di permesso speciale, puo' avvicinarsi.
L'ambasciata statunitense, un enorme edificio moderno da poco costruito a poche centinaia di metri dalla residenza di Aung San Suu Kyi, e' raggiungibile solo per gli stranieri. La militarizzazione di Yangon, rafforzata ancor piu' in questo frangente rispetto alle elezioni di una settimana fa, e' il segno tangibile di quanto Than Shwe tema la Signora, figlia dell'eroe  nazione Aung San, fondatore di quell'esercito birmano di cui Than Shwe  oggi e' a capo. Aung San Suu Kyi non si e' mai fatta imbavagliare, cosa piu' unica che rara in questo regime dove pronunciare solo le parole democrazia, pace, giustizia, e' considerato un grave affronto al governo.
Durante un'omelia in una chiesa cattolica, il sacerdote officiante la messa ha parlato di "Justice and Peace", giustizia e pace, il motto scelto dalla chiesa birmana per promuovere il suo impegno sociale: immediatamente dopo e' stato convocato presso l'ufficio locale di polizia per spiegare il motivo di quelle parole: "Forse che in Myanmar non vi sia giustizia?" gli e' stato chiesto. Immaginiamoci allora cosa succederebbe se una leader del calibro di Aung San Suu Kyi, rispettata a livello internazionale, dovesse iniziare a parlare dei temi a lei sempre cari. Lei, ha gia' comunque fatto sapere che, nel caso fosse liberata, l'impegno prioritario che si prenderebbe sarebbe quello di raccogliere prove per mostrare al mondo intero l'immane imbroglio elettorale orchestrato dalla giunta militare nelle ultime consultazioni.
Se le elezioni, come hanno fatto notare i membri dell'ASEAN, sono un passo concreto verso il ristabilimento della democrazia in Myanmar, le continue ritrattazioni della Commissione Elettorale sui candidati risultati prima vincitori e poi inspiegabilmente bocciati a favore dei colleghi del partito filo-militare, hanno mostrato quanto delicato sia ancora il senso di democrazia nella nazione. Aung San Suu Kyi ha anche fatto sapere ai militari di non avere alcuna intenzione di trasformarsi in una marionetta da offrire al mondo per dimostrare che il processo democratico proceda senza intoppi. "La sua liberta' di azione, di movimento e di parola deve essere totale" ha fatto sapere Nyan Win, "in caso contrario rifiutera' il rilascio". Liberta' di movimento significa che intere masse di birmani si mobiliteranno in quasi tutto il paese per ascoltare direttamente dalla sua voce, il programma che questa minuta donna di 65 anni ha in mente per il proprio popolo. Le migliaia di persone che si assiepavano attorno ai palchi improvvisati per ospitare Suu Kyi, erano uno schiaffo morale e politico per l'intera giunta birmana che rischia di ripetersi. "Non so se l'orgoglio di Than Shwe accettera' un'umiliazione cosi' profonda di fronte a tutto il mondo" afferma una giornalista indipendente birmana.
L'anonimato dietro cui vogliono celarsi la quasi totalita' delle persone che esprimono la propria opinione, la dice lunga sulla cappa di paura che opprime il Myanmar. Oltre ad Aung San Suu Kyi, infatti, vi sono piu' di duemila prigionieri politici che languono nelle prigioni statali e la Lady ha sempre affermato che i suoi arresti domiciliari sono in realta' una prigione dorata rispetto a cio' che devono sopportare altri suoi amici e colleghi incarcerati. Ma l'eventuale apertura dei cancelli del numero 54 di University Avenue, non sara' solo fonte di festa. Il lavoro politico cui sara' chiamata assolvere Aung San Suu Kyi, sara' improbo. Oltre al restauro della democrazia, bisognera' fare i conti con le divisioni all'interno della Lega, evidenti con le frange scissioniste che hanno  deciso di partecipare comunque alle elezioni trasgredendo i consigli del Comitato Centrale. Inoltre le nuove leve cominciano a chiedersi cosa abbia portato sino ad oggi il "muro contro muro". Molti ricordano ancora l'errore commesso da Aung San Suu Kyi nel 2003, quando venne interrotto il dialogo con l'unico militare aperto al dialogo, Khin Nyunt. Da quella rottura ebbero tutti a perdere: Khin Nyunt che venne arrestato da Than Shwe, Aung San Suu Kyi che torno' agli arresti domiciliari, il movimento democratico che comincio' a spaccarsi e il popolo birmano che torno' a vedersi governato da una triade ottusa e insofferente ai suoi bisogni. Infine, Aung San Suu Kyi sara' chiamata a ritessere i legami con le minoranze etniche, in gran parte insofferenti verso ogni leader birmano, Suu Kyi inclusa. I conflitti in atto in questi giorni lungo il confine thailnadense e quelli del Kokang nel 2009, hanno messo in evidenza che gli stati etnici, con i loro eserciti privati e le loro economie autonome, non accetteranno mai alcuna imposizione dal governo centrale. Il Myanmar, e questo il Premio Nobel per la Pace lo sa, non potra' mai fare a meno dei militari per continuare a sopravvivere.
Il compito di Aung San Suu Kyi sara' proprio quello di costruire un nuovo assetto in cui militari e civili possano cooperare assieme.
E questo non si sa quanto possa essere accettato dai 55 milioni di birmani.
Copyright ©Piergiorgio Pescali

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