Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Myanmar: l'anno della svolta (capitolo di Asia Maior dedicato al Myanmar) di Piergiorgio Pescali


1. Introduzione: le elezioni, il giro di boa (nonostante tutto)



Le elezioni del 7 novembre 2010, nonostante la significativa defezione dell’NLD (National League for Democracy) e i clamorosi brogli a favore dell’USDP (Union Solidarity and Development Party), hanno segnato una nuova alba per la democrazia birmana.

Sebbene da più parti si continui a dubitare delle reali intenzioni riformiste della nuova dirigenza, dai governi dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e del Giappone si sono levate parole di speranza e di approvazione verso la politica adottata da Thein Sein, il nuovo presidente birmano. Ciò che comunque risulta importante, sono i sempre più frequenti segnali di cauto ottimismo che giungono direttamente dal Myanmar, in particolare dalla stessa Aung San Suu Kyi. Dal giorno della sua liberazione, il 13 novembre 2010, la «Lady» non sembra aver subito, almeno fino alla chiusura di questo scritto (31 dicembre 2011), quelle temute restrizioni nelle attività politiche profetizzate dai suoi sostenitori; anzi, la sua libertà di movimento e di azione è sicuramente superiore a quanto si potesse supporre alla vigilia della liberazione.

Cantare vittoria è, ad ogni modo, ancora troppo presto: il Myanmar è appena agli inizi di quella trasformazione politica, economica e sociale che, se attuata, segnerà il ritorno al pluralismo e la proietterà al di fuori dal limbo in cui essa stessa si è ritratta. Ancora tante, forse troppe, sono le incognite che potrebbero far deragliare il treno della democrazia, ma il 2011 è stato sicuramente l’annus mirabilis per questa nazione.





2. Thein Sein: da primo ministro a presidente

Il nuovo parlamento del Myanmar il 4 febbraio 2011, eleggeva con una maggioranza di 405 voti, l’ex generale Thein Sein presidente dell’Unione del Myanmar [NLM 5 febbraio 2011, «Meeting of Group of Pyidaungsu Hluttaw representatives-elect of Presidential Electoral College held», p. 7]. Ciò che poteva far presagire un’apertura futura del governo birmano alle istanze democratiche, non era tanto la scelta del moderato Thein Sein quanto, piuttosto, la non elezione del suo rivale: il generale in pensione «Thiha Thura» Tin Aung Myint Oo, delfino di Than Shwe e leader della linea dura del Tatmadaw (l’esercito del Myanmar). Il posto di primo ministro, ricoperto da Thein Sein nel precedente gabinetto, aveva fatto credere a molti che il neo presidente non fosse altro che una «marionetta» messa al suo posto da Than Shwe per poter controllare dall’esterno le future mosse [TI 25 febbraio 2011 «Burma’s President-Elect: A Clever Puppet?»]. È stato lo stesso Than Shwe a sciogliere, il 30 marzo, l’SPDC (State Peace and Development Council), inaugurando ufficialmente l’era di un governo civile birmano dopo quasi sessant’anni di dittatura militare e ritirandosi in pensione [RUM 2011a]. Il giorno stesso veniva notificato il nuovo gabinetto, formato da 34 ministeri [RUM 2011b].

Nel suo discorso di insediamento, Thein Sein  lasciava trasparire i primi indizi di sostanziali riforme, in particolar modo la necessità di «promulgare leggi per scuole private» e la cooperazione con «organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, le INGO e le NGO» [NLM 31 marzo 2011, «We have to strive our utmost…»,  p. 5].

Esaltava, però, al tempo stesso le repressioni del «1988, [quando] il governo del Tatmadaw salvò il paese dalle condizioni di deterioramento che si registravano in vari settori, contribuendo a ricostruire la nazione» [ibidem, p. 1]. Un chiaro ammiccamento verso i militari senza i quali, sia ben chiaro, il governo e l’unità del Myanmar sarebbero ancora impossibili, ma che ha gettato delle oscure ombre sulle reali intenzioni di cambiamento di Thein Sein. Vale la pena di ricordare che le manifestazioni dell’agosto del 1988 contro le riforme economiche e politiche, varate dal regime di New Win, erano state represse nel sangue, causando poche centinaia di vittime, secondo il governo, e centinaia di migliaia, secondo le fonti più accreditate.

L’impronta che il neo primo ministro ha voluto dare alla sua gestione è più tecnica e meno politica: Mya Aye, il nuovo ministro dell’Istruzione, è un ex rettore universitario, mentre Pe Thet Khin, a capo del dicastero della Salute, è un dottore ed ex rettore della Facoltà di Medicina della Yangon University. Sebbene l’NLD non sia rappresentato in parlamento, il presidente, in una significativa mossa di apertura verso l’opposizione, ha comunque chiamato U Myint, consigliere economico di Aung San Suu Kyi, a presiedere il Comitato di Consulenza Economica [W/DVB 28 aprile 2011,  «Presidential ‘advisors’ raise eyebrows»].





3. I cento giorni oscuri e la svolta

Per più di tre mesi (dall’aprile al giugno 2011), la nuova dirigenza birmana ha agito nell’ombra e ben poche notizie trapelavano dai filtri della censura. Il motivo di questo silenzio era dovuto alla ricerca di un nuovo equilibrio nell’inedito assetto politico del governo. L’ex numero uno del Myanmar, il generale Than Shwe, ben sapendo la fine poco gloriosa riservata ai suoi predecessori (Ne Win e Khin Nyunt sono stati posti agli arresti domiciliari), si è protetto da eventuali ritorsioni ponendo suoi accoliti in alcuni posti chiave del nuovo direttorio. Oltre ad aver occupato la vice presidenza con il già citato «Thiha Thura» Tin Aung Myint Oo, Than Shwe ha eletto a capo delle forze armate Min Aung Hlaing, che nel 2009 si era distinto nel guidare il Tatmadaw contro i ribelli del Kokang. La nomina di Min Aung Hlaing, considerato moderato, è comunque temporanea, dato che nel 2016, con il raggiungimento del pensionamento obbligatorio, dovrà abbandonare il posto di comando. I tre mesi di limbo sono quindi serviti a riequilibrare i nuovi poteri createsi nel paese, resi ancora più instabili da un parlamento formalmente multipartitico.

Durante questo periodo, Thein Sein si è premurato di tessere legami con le potenze estere per rafforzare la sua posizione interna. La Cina ha continuato, e continua tuttora, a rappresentare la pedina più importante per la stabilità governativa. La prima delegazione straniera ad incontrare il presidente birmano è stata proprio quella di Pechino, cortesia ricambiata da Thein Sein, poco più di un mese dopo, con la sua prima visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese [TCP 4 aprile 2011, «PRC delegation first to meet new Myanmar premier»]. Ma la novità del nuovo governo è l’apertura mostrata verso paesi sino ad allora considerati ostili, se non addirittura nemici.

Da maggio a luglio il governo di Nay Pyi Taw ha incontrato delegazioni australiane, della Comunità Europea e statunitensi, tra cui una guidata dal senatore repubblicano John McCain, accanito sostenitore di Aung San Suu Kyi e instancabile detrattore del governo birmano. Tutte le delegazioni hanno riconosciuto i progressi sulla via della democrazia, ma hanno comunque chiarito che «ogni sviluppo nelle relazioni dovrà essere costruito non solo a parole, ma su azioni concrete» [McCain 2011].

La risposta di Nay Pyi Taw è stata pressoché immediata: il 19 luglio, giorno dedicato alla commemorazione dei martiri, per la prima volta da nove anni ad Aung San Suu Kyi è stato permesso di ricordare pubblicamente l’anniversario dell’assassinio di suo padre, Aung San, di fronte ad una folla di tremila persone [W/NLD 19 luglio 2011, «Dichiarazione n. 13/07/11»]. Pochi giorni dopo, il 25 luglio, la leader dell’NLD ha incontrato il ministro del Lavoro e del Welfare Aung Kyi, che, nel governo precedente, guidava lo speciale «ministero per le relazioni con Daw Aung San Suu Kyi», cioè svolgeva ufficialmente il ruolo di mediatore fra il regime e Aung San Suu Kyi [W/DVB 25 luglio 2011, «Govt and Suu Kyi’s ‘satisfied’ with talks»].  L’incontro si è poi ripetuto il 12 agosto con un comunicato congiunto in cui le due parti si impegnavano a «cooperare per raggiungere la stabilità dello stato e lo sviluppo sociale secondo le esigenze e i desideri del popolo» [NLM 13 agosto 2011, «Press Release», p. 13].

Due giorni dopo, Aung San Suu Kyi si recava, assieme al vice presidente dell’NLD, U Tin Oo, a Bago, per il suo primo viaggio politico dopo la liberazione [W/NLD 15 agosto 2011, «Daw Aung San Suu Kyi’s trip successful…»].

Da questo momento, le riforme politiche e ideologiche del governo birmano si sono fatte sempre più frequenti e convincenti: a partire dal 16 agosto dal «New Light of Myanmar», il quotidiano espressione della linea ufficiale del governo birmano, sono state tolte le frasi di propaganda e le invettive contro i giornali e le agenzie di informazione straniere (in particolare la BBC e la CNN), mentre, il 17 agosto, Thein Sein, affermava ufficialmente che «i cittadini del Myanmar che vivono all’estero per diverse ragioni, possono rientrare in patria se non hanno commesso crimini. Per i cittadini che hanno commesso un crimine e che ora vivono in un paese straniero, se torneranno in patria verrà concessa loro clemenza» [NLM, 18 agosto 2011, «Individual and organization…», p. 8]. Di questa amnistia hanno approfittato diversi esuli politici, rientrati nel Myanmar dopo anni di esilio. Lo stesso Harn Yawnghwe, direttore dell’Euro Burma Office di Bruxelles, dopo aver effettuato un viaggio in forma privata in Myanmar, ha detto di aver trovato «un’atmosfera migliore di quanto mi fossi aspettato» [TI 10 novembre 2011, «An Exile Returns»].





4. Il ritorno di Aung San Suu Kyi

Lo storico incontro tra Aung San Suu Kyi e il presidente Thein Sein, avvenuto il 19 agosto, ha decretato il definitivo ritorno del premio Nobel per la Pace alla vita politica attiva nel Myanmar. Ricevendo la «Signora» nella sua villa assieme alla moglie, Thein Sein non solo ha riconosciuto nella leader dell’NLD un valido interlocutore, ma anche un possibile alleato contro gli elementi conservatori che ancora potrebbero ostacolare le riforme da lui messe in atto. Significativa è la fotografia con cui il «New Light of Myanmar» ha illustrato l’incontro: alle spalle dei due protagonisti campeggiava il ritratto di Aung San, tornato ad essere l’eroe della patria dopo che Than Shwe aveva cercato di offuscarne la memoria e l’importanza storica [NLM 20 agosto 2011, «President U Thein Sein, Daw Aung San Suu Kyi vow to cooperate for national interest» p. 9].

Thein Sein si è anche detto disponibile a lavorare anche con quelle forze che non approvano la costituzione redatta nel 2008 [RFA 22 agosto 2011, «Suu Kyi, President Reach ‘Agreement’»,].

In settembre la stessa Aung San Suu Kyi ha potuto scrivere, per la prima volta dopo 23 anni, un suo articolo su un giornale birmano, il «Pyithu Khit News Journal», e una sua intervista è stata pubblicata sul settimanale «The Messenger», diretto da Zaw Min Aye, figlio dell’ex generale Tin Aye, presidente dell’Union Election Commission [TM 5 settembre 2011, «Intervista a Daw Aung San Suu Kyi»]. La pubblicazione degli articoli su Aung San Suu Kyi è stata seguita dallo sblocco dei siti internet stranieri, che ha permesso ai birmani di leggere le notizie di agenzie o siti considerati ostili al regime, come BBC, Reuters, Radio Free Asia, Irrawaddy, Democratic Voice of Burma, YouTube, e Voice of America [RWB 20 settembre 2011, «Many news websites unblocked, but 17 journalists and three netizens still held»]. Ciononostante, la censura nella stampa del Press Scrutiny and Registration Department, rimane ancora restrittiva in un paese dove i giornali sono strettamente legati al governo.

Ma la vera svolta è avvenuta il 18 novembre, quando l’NLD ha annunciato l’intenzione di rientrare nella politica birmana, costituendosi partito riconosciuto all’interno della costituzione della nazione [NLD, 18 novembre 2011, «Central Committee Special Statement»]. La scelta ha innescato una serie di reazioni e di conseguenze rivoluzionarie per il futuro del Myanmar, tra cui lo scioglimento di alcune fra le principali storiche organizzazioni d’opposizione al governo ufficiale birmano. Alla fine di novembre hanno quindi cessato di esistere l’NCGUB (National Coalition Government of the Union of Burma), l’MPU (Members of Parliament Union-Burma), l’NLD-LA (National League for Democracy-Liberated Area) e l’NCUB (National Council of the Union of Burma) [W/M 28 novembre 2011, «Foreign-based dissident organizations reorganizing their missions»].

Al tempo stesso, il rientro della legalità dell’NLD ha aperto ad Aung San Suu Kyi la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica del Myanmar, candidandosi alle elezioni suppletive del 2012, quando si dovranno tenere le elezioni in 48 seggi lasciati liberi dai membri parlamentari che sono stati reclutati nel nuovo governo di Thein Sein [NLD 18 novembre 2011, «NLD’s Central Committee Meeting Held»].





5. Il ritorno delle democrazie occidentali

Le aperture del governo hanno condotto le democrazie occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti, a rivedere, almeno in parte, la politica nei confronti del Myanmar.

Il momento più importante di questa distensione è stata la visita del Segretario di Stato Hillary Clinton a Nay Pyi Taw e Yangon, annunciata (non a caso) da Barak Obama lo stesso giorno in cui l’NLD ratificava la sua decisione di partecipare alle elezioni suppletive [W/TWH]. Nei tre giorni di viaggio in Myanmar (30 novembre-2 dicembre), Clinton ha incontrato sia Thein Sein che Aung San Suu Kyi. La visita, più che tentare di riprendere un dialogo interrotto da decenni di tensioni, è stata un segnale lanciato dalla Casa Bianca alla Cina e alla Corea del nord, affinché non interferissero nella vita economica, politica e militare del Myanmar, ora che Washington sta riannodando i fili con Nay Pyi Taw. «Essere amici di un [paese] non significa non esserlo con altri. Dal nostro punto di vista, non vediamo questo [dialogo] alla luce di una competizione con la Cina», ha dichiarato in modo piuttosto sibillino Clinton, cautelandosi nei confronti delle possibili reazioni da parte del gigante asiatico. [W/DS].

Per quanto riguarda l’allentamento delle sanzioni, dopo aver asserito di non sapere «se il sentiero verso la democrazia [imboccato dal governo] sia irreversibile o no», il segretario di Stato americano ha comunque accettato che l’FMI (Fondo Monetario Internazionale) e la Banca Mondiale iniziassero a condurre studi per la riduzione della povertà e per lo sviluppo delle zone rurali. Una «concessione» significativa, che lasciava presagire fiducia e cauto ottimismo da parte di Washington verso la classe dirigente birmana. Del resto, è stata la stessa NLD a chiedere ai paesi occidentali di verificare la possibilità di una revisione delle sanzioni in atto verso la nazione birmana [NLD 8 febbraio 2011, «Sanctions on Burma: A Review»]. L’insostenibilità della politica di penalizzazione economica, voluta in primo luogo dagli Stati Uniti, ha portato il Myanmar ad un pericoloso avvicinamento alla Cina, mentre il boicottaggio economico ha causato la perdita di 60-80.000 posti di lavoro nell’industria tessile, la principale del paese [Rarick 2006, pp. 60-63; Kurlantzick 2011, p. 3]. Inoltre, la crisi che attanaglia le economie dei paesi industrializzati ha imposto una drastica revisione delle politiche «umanitarie», per permettere l’apertura di nuovi mercati, specie se ancora poco sfruttati come quello birmano.

Gli sviluppi riscontrati nel 2011 hanno indotto anche i paesi membri dell’ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) a ritirare i veti sulla candidatura del Myanmar alla presidenza dell’ASEAN Summit del 2014, un anno prima delle prossime elezioni generali birmane [ASEAN, p. 39]. L’evento non è importante tanto per il prestigio riconosciuto al paese ospitante, quanto per il fatto che al Summit partecipano le rappresentanze della diplomazia internazionale. Senza l’approvazione dei maggiori capi di stato, tra cui Barack Obama (presente a Bali proprio il giorno in cui veniva ratificata la presidenza a Nay Pyi Taw), sarebbe stato difficile per le nazioni dell’ASEAN concedere l’onore a Thein Sein.





6. I diritti umani e i conflitti etnici

Il principale motivo di preoccupazione, in vista di un definitivo coinvolgimento delle democrazie occidentali con il governo birmano, rimangono le voci sulle violazioni dei diritti umani.  Nel paese 1.995 prigionieri politici languono nelle carceri (1.638 secondo altre fonti) e il Tatmadaw reprime ancora con le armi le richieste autonomiste delle minoranze etniche, impedendo loro una vita priva di tensioni e di intimidazioni [W/UN, p. 11; W/AAPP, p. 1].

Il rappresentante per le Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, Tomas Ojea Quintana, ha potuto recarsi nel paese asiatico molte volte dall’agosto 2011, ottenendo il permesso di visitare anche la prigione di Insein [W/UN, p. 13]. L’ispezione ha evidenziato gravi violazioni dei diritti basilari dei prigionieri.

Il governo, in una delle sue periodiche amnistie, il 12 ottobre ha liberato 6.359 prigionieri, di cui 207 politici (secondo la NLD solo 184) [W/AAPP 2011b, p. 1; NLD 13 ottobre 2011, «Some political prisoners released»]. Nonostante i plausi internazionali, l’amnistia ha sempre fatto parte dei programmi di tutti i governi birmani. Nella lista dei prigionieri rilasciati non figura U Gambira, il giovane monaco buddista che, nel 2007, era stato tra gli organizzatori delle manifestazioni represse da Than Shwe. Il comico satirico Zarganar, il più famoso tra i prigionieri a cui sono state aperte le porte della cella, prendendo spunto dalla detenzione di Gambira, così come da quella di altri attivisti politici, ha dichiarato di non credere che in Myanmar ci siano dei cambiamenti in atto: «Aunty [Aung San Suu Kyi] ha detto che stiamo avviandoci verso un cambiamento […]. Io non sono convinto e avrò dubbi sulle cosiddette riforme fino a quando tutti i prigionieri [di coscienza] non saranno rilasciati» [DVB 13 ottobre 2011, «Zarganar: ‘Use my life as a deposit’»].

Resta comunque il fatto che «il nuovo governo ha rafforzato diversi punti verso [il miglioramento] della situazione dei diritti umani» [W/UN, p. 2], istituendo anche la Myanmar National Human Rights Commission, il cui presidente è Win Mra, di etnia Rakhine, e il suo vice, il musulmano U Khin Maung Lay [RUMc].

Il coinvolgimento di esponenti delle minoranze etniche nella commissione per i diritti umani ha voluto enfatizzare la volontà già espressa da Thein Sein nel suo discorso inaugurale, di aprire un dialogo con le componenti etniche del Myanmar.

Contrariamente a quanto era stato proclamato dal precedente governo dominato dai militari dell’SPDC, il neo presidente ha ritirato la richiesta di trasformare gli eserciti delle singole etnie in Guardie di Frontiera sotto il comando del Tatmadaw, sperando di trovare consenso nelle aree periferiche del paese.

Questa iniziativa, però, non ha evitato che, tra il giugno e il luglio 2011, scoppiassero furiosi combattimenti prima con il KIO (Kachin Independence Organization) e, in seguito, con l’SSAS (Shan State Army South), che si aggiungevano a quelli già in corso con l’UWSA (United Wa State Army), il NDAA-Mongla (National Defence Alliance Army-Mongla) e la 5th Brigade DKBA (Democratic Karen Buddhist Army).

Nel tentativo di riprendere i negoziati, nell’agosto 2011, il governo birmano ha fatto sapere che avrebbe intrapreso colloqui di pace con i singoli eserciti etnici, facendo chiaramente intendere di aver abbandonato la politica di un accordo di pace «globale» a livello nazionale, tanto osteggiata dalle autorità etniche.

La decisione sembra sia stata parzialmente vincente: nel giro di tre mesi (settembre-novembre 2011), delegazioni governative hanno stretto accordi e armistizi prima con l’UWSA, il NDAA-Mongla [NLM 9 settembre 2011, «Shan State Government, ‘Wa’ Special Region (2) sign initial peace agreements», p. 16; 9 settembre 2011, «Shan State Government, Mongla  Special Region (4) sign initial peace agreements», p. 16] e la 5th Brigade DKBA e poi con lo Shan State Army South, il Chin National Front e la Karen National Union. Contemporaneamente, a Ruili, nello Yunnan, si conducevano colloqui con il KIO, con cui il Tatmadaw aveva iniziato un sanguinoso conflitto il 9 giugno, causando la fuga di 15.000 civili dalle zone di guerra [W/UN, p. 9].

Basta leggere le innumerevoli sigle degli eserciti coinvolti nei colloqui con il governo centrale di Nay Pyi Taw (e sono solo la minima parte delle decine dei gruppi armati in lotta nel Myanmar), per individuare la complessità della questione etnica presente nel paese.

A questo si aggiungano, inoltre, i delicati equilibri di potere internazionali correlati alle singole nazioni etniche e la spinosa questione dei diritti umani negati sia dall’una che dall’altra parte; si otterrà così un puzzle di straordinaria complessità, che ogni paese, per quanto democratico possa essere, farebbe fatica a risolvere.

Le violazioni dei più elementari diritti sono frequenti da entrambe le parti, come evidenziato dalle organizzazioni umanitarie: «i militari birmani sono responsabili di abusi contro civili nelle aree di conflitto, incluso l’utilizzo di lavoro forzato, uccisioni extragiudiziarie ed espulsione forzata della popolazione. I gruppi etnici armati sono stati coinvolti in seri abusi come il reclutamento di bambini soldato, l’esecuzione di prigionieri di guerra birmani e l’uso indiscriminato di persone per la bonifica di campi minati nelle aree civili» [HRW, p. 1].

È in atto, comunque, un tentativo di apertura culturale da parte del governo centrale: dopo aver varato, il 27 gennaio, la Myanmar Special Economic Zone Law per garantire lo sviluppo locale delle comunità etniche, Thein Sein ha accordato alle scuole statali l’insegnamento delle lingue e delle culture locali.





7. Le riforme economiche

Anche in campo sindacale, il governo ha imboccato la strada della liberalizzazione, rimpiazzando il Trade Unions Act del 1962 (che, di fatto, vietava ai lavoratori birmani di riunirsi in associazioni per la difesa dei loro diritti), con una nuova legge che garantisce il riconoscimento delle organizzazioni sindacali ed il diritto di sciopero [RUMc]. La nuova legislazione, assieme al decreto che consente ai birmani di organizzare manifestazioni di protesta, permetterà alle compagnie straniere di investire con una maggiore tranquillità etica nella ricca (di materie prime) nazione asiatica.

La propensione mostrata da Thein Sein ad ascoltare la voce del popolo, del tutto nuova nel Myanmar dei militari, ha portato, il 30 settembre, a sospendere temporaneamente (fino al 2015) i lavori di costruzione della tanto contestata diga di Myitsone, nel nord del paese [NLM 1° ottobre 2011, «The goverment is elected by the people, and it has to respect people’s will»]. La decisione ha avuto enorme eco sulla stampa internazionale e la stessa Aung San Suu Kyi ha elogiato la scelta del governo [NLM 1° ottobre 2011, «Questions and answers»].

La sospensione dei lavori della diga sull’Ayeyawady, va ben oltre il senso di democrazia espresso dal governo. Il progetto, infatti, era finanziato dalla China Power Investment Corporation di Lu Qizhou, un imprenditore cinese strettamente legato al Partito Comunista Cinese e, con una spesa di 3,6 miliardi di dollari, sarebbe stato il più grande investimento di Pechino in Myanmar [KDNG 2011, «Damming the Irrawaddy», p. 12]. Lo smacco per il governo cinese è stato evidente e molti sono stati coloro che hanno ravvisato nella mossa di Thein Sein un percorso di smarcamento dalla dipendenza economica verso il vicino e, al tempo stesso, un segnale di apertura verso Washington.

Da parte cinese il voltafaccia di Nay Pyi Taw è stato un’umiliazione non solo per la perdita di prestigio internazionale, ma anche per le pesanti conseguenze economiche che esso rappresenta. Il 90% dei 3.200 megawatts di energia che la centrale idroelettrica di Myitsone avrebbe prodotto sarebbero, difatti, stati assorbiti dalla Cina [KDNG, p. 11].

Se Lu Qizhou ha addossato alle organizzazioni non governative straniere la responsabilità di aver spinto il governo birmano a prendere una decisione così drastica [W/CPIC 2011], Thein Sein ha spiegato che il blocco del progetto sarebbe dovuto alle devastanti conseguenze naturali ed umane che comporterebbe la sua realizzazione [NLM 1° ottobre 2011, «The goverment is elected by the people...»]. Un’osservazione che nessuno, nei precedenti governi, avrebbe osato fare.

L’apertura del governo ad altri investitori si è concretizzata con una serie di accordi con l’India, la principale potenza economica rivale della Cina in Myanmar. Thein Sein sembra voler equilibrare la presenza delle due nazioni nel paese, attualmente fortemente sbilanciata a favore di Pechino (il commercio con la Cina è pari a 4,7 miliardi di dollari, mentre quello con l’India di 1,28 miliardi di dollari [MoC]).

La visita di Thein Sein a Delhi del 12 ottobre si è conclusa con una serie di accordi tra le due nazioni. Al Myanmar l’India ha concesso un prestito di 500 milioni di dollari per lo sviluppo di progetti d’irrigazione, mentre alla Essar Group sono stati definitivamente assegnati i lavori per lo sviluppo del porto di Sittwe [EG 14 maggio 2010, «Essar wins prestigious infrastructure project in Myanmar»].

Naturalmente Pechino continua a rappresentare il maggior partner commerciale per Nay Pyi Taw: nessuna delle due economie può fare a meno dell’altra. Al Myanmar serve la tecnologia cinese, mentre alla Repubblica Popolare le riserve petrolifere birmane, stimate sui 3,2 miliardi di barili, sono indispensabili per lo sviluppo della sua economia [W/BP 2010]. Inoltre, fino a che al Myanmar sono preclusi gli accessi ai fondi delle istituzioni monetarie internazionali per via delle sanzioni, la Cina è l’unico finanziatore disponibile.

Assieme a Bangkok, Pechino è il principale investitore petrolifero nel Myanmar; l’8 ottobre la China National Petroleum Corporation ha iniziato a costruire la quarta sezione dell’oleodotto e del gasdotto che, nel maggio 2013 dovrebbe trasportare 22 milioni di tonnellate di petrolio e 12 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno nelle fabbriche cinesi. Lo sviluppo dell’industria petrolifera ha fatto schizzare nel 2010 gli investimenti diretti stranieri a 20 miliardi di dollari, contro i 329 milioni di dollari del 2009 [MoNP 2011].

Sebbene tale cifra sia gonfiata, a detta dello stesso governo birmano, da progetti che difficilmente potranno ripetersi nei prossimi anni, l’economia del Myanmar si sta sviluppando nell’ordine del 10% annuo [W/ADB].

Con tali premesse di sviluppo, sia economico che politico, nel 2011 il paese si apprestava ad affrontare un nuovo periodo di transizione con una ventata di ottimismo e di fiducia che non si riscontrava da decenni. Thein Sein stava cercando consensi sia all’interno che all’esterno del Myanmar per puntellare la via verso la democrazia. Alla chiusura dell’anno, i governi occidentali erano ormai chiamati a sostenere questo sforzo. Un loro eventuale rifiuto non avrebbe fatto altro che riportare il Myanmar nel baratro,  in modo analogo a quanto era a suo tempo avvenuto in Iran, quando il presidente riformista Mohammad Khatami era stato abbandonato dai governi europei e dagli Stati Uniti, spianando la strada a Ahmadinejad.

Copyright ©Piergiorgio Pescali

Chiave delle abbreviazioni dei riferimenti bibliografici usati nel testo



NLM       «The New Light of Myanmar» (http://www.myanmar.com/newspaper/nlm/index.html).

RFA        «Radio Free Asia» (www.rfa.org).

TI            «The Irrawaddy» (http://www.irrawaddy.org).

TM          «The Messenger»

TPC        «The China Post»



W/AAPP                «Assistance Association for Political Prisoners (Burma

2011a      Monthly Chronology of Burma’s Political Prisoners for November    (http://www.nd-burma.org/hr-reports/member-report/item/84-chronology-of-burmas-political-prisoners.html).

2011b      Prisoner release lacks sincerity (http://www.aappb.org).



W/ADB  «Asia Development Bank»

2011        Key Indicators for Asia and the Pacific, 30 luglio (http://www.adb.org/Documents/Books/Key_Indicators/2011/pdf/Key-Indicators-2011.pdf).



W/BP      «British Petroleum»

2010        Statistical Review (http://bpenergy.einnews.com/country/myanmar).



W/CPIC «China Power Investment Corporation»

2011        President Lu Qizhou’s Answers to Media about the Suspension of Construction of Myitsone Hydropower Station, 4 ottobre  (http://eng.cpicorp.com.cn/NewsCenter/CorporateNews/201110/t20111004_163111.htm).



W/DS      «US Department of State, Office of Spokesperson»

2011        Press Briefing by Secretary Clinton in Rangoon, Burma, Rangoon, Burma, 2 dicembre  (http://iipdigital.usembassy.gov/st/english/texttrans/2011/12/20111202110730su0.3228375.html#axzz1hQrc3nTJ).



W/DVB «Democratic Voice of Burma»  (www.dvb.no).



W/EG      «Essar Group»

2010        Essar wins prestigious infrastructure project in Myanmar, 14 maggio (http://www.essar.com/article.aspx?cont_id=ywBmcC5QmHU).



W/M       «Mizzima» (http://www.mizzima.com).

W/NLD   «National League for Democracy (http://www.nldburma.org).



W/RWB  «Reporter Without Borders»

Many news websites unblocked, but 17 journalists and three citizens still held, 20 settembre 2011 (http://en.rsf.org/burma-many-news-websites-unblocked-but-20-09-2011,41021.html).



W/TWH «The White House»

2011        Office of the Press Secretary, Statement by President Obama on Burma, Grand Hyatt, Bali, Indonesia, 18 novembre  (http://www.whitehouse.gov/the-press-office/2011/11/18/statement-president-obama-burma).



W/UN     «United Nations»

2011        General Assembly, Sixty-six session, Agenda item 69(c), Promotion and protection of human rights: human rights situations and report of special rapporteurs and representatives – Situation of human rights in Myanmar, 16 settembre.



ASEAN  «Association of Southeast Asian Nations»

2011        Chair’s Statement of the 19th ASEAN Summit, Bali, 17 novembre  (http://www.aseansec.org/documents/19th%20summit/CS.pdf).



HRW      «Human Rights Watch»

2011            Country Summary-Burma, Gennaio.



KDNG    «Kachin Development Networking Group»

2011        Damming the Irrawaddy



MoC       «Ministry of Commerce»

2011        Myanmar’s Foreign Trade



MoNP     «Ministry of National Planning and Economic Development»

2011        Central Statistical Organization-Table 24 Foreign Investment of Permitted Enterprises by Sector.



RUM      «Republic of the Union of Myanmar-State Peace and Development Council»

2011a      Notification No. 5/2011, 6/2011, 7/2011, 8/2011, 11th Waning of Tabaung, 1372 ME, 30 marzo;

2011b      Notification No. 5/2011, 6/2011, 7/2011, 8/2011, 11th Waning of Tabaung, 1372 ME, 30 marzo;

2011c      Union Government Notification No. (34/2011) Formation of Myanmar National Human Rights Commission, 5 settembre.



McCain, John

2011        Press Conference, Rangoon (Yangon), 3 giugno

(http://mccain.senate.gov/public/index.cfm?ContentRecord_id=558723fe-802a-23ad-4e3f-1b0e4209a1bd&FuseAction=PressOffice.PressReleases)



Kurlantzick, Joshua

2011        Conditional Normalization with Myanmar, Council on Foreign Relations, Policy Innovation Memorandum n. 11, 30 novembre.



Rarick, Charles A.

2006        Destroying a country in order to save it: The folly of economic sanctions against Myanmar in Economic Affairs, Vol. 26, Issue 2, pp. 60-63, Giugno.


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