A Dubai siamo in una città islamica, ma a
quanto ho potuto vedere, siamo in un islam diverso da quello cui siamo abituati
dai nostri media. Ho visto un islam meno radicale, più tollerante, modernista e
attento ai cambiamenti sociali. E’ una mia impressione o esiste veramente
questo islam qui a Dubai?
Almeno alla
superficie è così, se parliamo di Dubai città. Qui a Dubai l’80% della popolazione
sono stranieri e tra loro c’è una maggioranza di musulmani, ma non degli
Emirati. E’ vero che tutta la politica del paese, almeno qui a Dubai e in un
certo senso anche a Abu Dhabi, è volta verso un’apertura anche per altre
religioni. Se lei va in campagna probabilmente non troverà più questo tipo di
islam. Non direi che sia integralista, ma la popolazione in campagna vive un
islam fortemente marcato dai connotati di unicità religiosa.
Non è certo
l’islam wahabbita dell’Arabia Saudita e il governo non è favorevole a questo
tipo di islam integralista. Anche al-Qaeda il governo cerca di o averlo sotto
controllo, o di non lasciarli entrare nel paese. I Servizi Segreti degli EAU
sono molto potenti, ma direi che lavorano anche molto bene, sono in gamba, tanto
che non ci si rende conto che ci siano e che tutti sono controllati. Anche noi
della chiesa siamo controllati.
Proprio
qualche gg fa sono stato ad un ricevimento ufficiale in cui erano invitati le
personalità politiche del paese e straniere residenti nel paese. C’era anche il
consigliere religioso giuridico del Presidente, con cui ho un grande legame di
amicizia. I politici in EAU mostrano grande rispetto per me e per la chiesa. In
nessun modo mi hanno ostacolato o umiliato; personalmente e non posso lamentarmi
su queste cose. Quando arriviamo ai problemi concreti il processo burocratico
si allunga
Per esempio
da 3 anni e mezzo chiedo un pezzo di terreno a Abu Dhabi e Dubai per una nuova
chiesa e una nuova scuola. Il ministro mi assicura di non temere che la
richiesta verrà esaudita, ma fino ad oggi non ho ancora visto nulla. Il motivo
non lo so di queste lunghezze, alcune volte ho l’impressione che giochi anche
il fatto che sia la chiesa cristiana a chiederlo; non siamo nella religione
“giusta”.
Uno dei
maggiori problemi dell’islam secondo me è la tendenza “affermativa” o se
vogliamo dirla in altre parole, l’incapacità di rimettersi in questione e di
mettere in dubbio certe cose che noi, invece, siamo abituati a fare con il
nostro modo critico di osservare il mondo. Noi abbiamo la tendenza di mettere
in dubbio tutto, mentre qui trovo il contrario: nulla viene messo in
discussione. E questo, a volte, rende “stancante” il dialogo interreligioso.
Ufficialmente non c’è coercizione religiosa qui negli UAE, ma quando arriviamo
al concreto, l’avvertiamo subito questa coercizione. Per esempio se un uomo
cristiano sposa una musulmana, non c’è alcun dubbio: l’uomo automaticamente si
deve convertire. Nel caso opposto, se una donna cristiana sposa un musulmano,
la donna può rimanere cristiana, ma i bambini devono essere musulmani.
E questi matrimoni interreligiosi funzionano?
Alcuni sì,
ma non è facile. Siamo sempre noi a dover arretrare, ad arrestarci, a dover
soccombere all’islam. Abbiamo avuto alcuni esempi di papà musulmani sposati con
mogli cristiane che, di fronte ad un possibile sacramento ai figli, hanno
minacciato di ricorrere alle vie legali, giungendo a minacciare la chiusura
della parrocchia che avrebbe impartito il sacramento cristiano. Di fronte a
queste situazioni capiamo che siamo ancora lontani da un dialogo interreligioso
aperto e paritario.
Il lavoro della chiesa qui a Dubai in che campo
si svolge? Pastorale, sociale…
Soprattutto
pastorale perché sul piano sociale è già “impegnato” e poi non abbiamo istituzioni
adatte allo scopo. Abbiamo scuole, sì, è vero, ma ci limitiamo a questo.
Nella scuola è possibile insegnare religione?
Sì,
senz’altro. Anzi, nell’ordinamento scolastico dell’EAU l’insegnamento religioso
è obbligatorio. Nelle nostre scuole insegniamo catechismo, nelle scuole
musulmane insegnano il Corano, per gli altri una specie di insegnamento misto.
Per le altre istituzioni abbiamo a che fare con la sharia, il diritto musulmano
che obbliga di avere almeno il 51% della proprietà dei locali e teoricamente è
così anche per la scuola, anche se attualmente tutto è intestato al vescovo.
Rimangono
però dei punti interrogativi per il futuro, perché questo stato di cose
funziona perché ci sono degli ottimi rapporti personali tra me e i ministri del
governo. Il problema nascerà quando verrò sostituito.
Per quanto
riguarda l’impegno sociale, abbiamo gruppi laici che sono impegnati anche nelle
prigioni del paese o tra i lavoratori immigrati, visita degli ammalati.
I cattolici a Dubai sono prevalentemente stranieri?
Sono tutti
stranieri, non ci sono cattolici degli Emirati. Vengono prevalentemente dalle
Filippine, dall’India, Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan.
Comunità europee?
Ma loro non
sono quelli che riempiono le chiese, anche se potessero. Stranamente trovo
particolarmente attivi i francesi, molto più di altre. Sempre più abbiamo
ispanofoni latinoamericani.
I lavoratori migranti sono emarginati dalla
società, oppure si integrano?
No, non è
questione di integrarsi, almeno così come noi la intendiamo in occidente. Non
esiste integrazione, nessuno la vuole. La cittadinanza è praticamente
impossibile ad ottenersi e alla fine chi è qui vuole sempre tornare a casa
prima o poi.
Alla fine però Dubai ha estremo bisogno di
questi lavoratori, visto che è cresciuto sul loro lavoro. Non offre proprio
nulla a loro il governo?
Per dirla
in modo un po’ forte, Dubai sfrutta la manodopera fin che ne ha bisogno, per
poi scaricarla. C’è comunque la possibilità, per pochi, di arricchirsi, però la
cittadinanza, eccetto per certi casi eccezionali, non viene mai concessa. Poi
la stragrande maggioranza dei lavoratori viene con un contratto a tempo
determinato: 2, 3 anni. Poi c’è una forte gerarchia di valutazione interna, o
un certo razzismo. Un asiatico, un pachistano anche se musulmano, un indiano,
un nepalese, un filippino non è mai considerato a livello di un europeo o di un
arabo. E questo accade anche tra i cristiani. Le comunità di lingua araba si
sentono superiori alle altre.
Il dialogo con istituzioni islamiche esiste?
Ci sono
occasioni di incontro con islamici, quando c’è l’Interfaith Dialog in Doha.
Dopo questi incontri segue qualcosa di
concreto?
Ben poco.
Un po’ perché non ho sufficiente tempo. Cerchiamo di mantenere un contatto
ritualizzato, quando c’è la fine del ramadan o altre festività islamiche.
Ricordo dopo il discorso del papa di Ratisbona mi hanno chiesto di chiarire il
significato delle parole del papa. Ma non è sempre facile far passare queste
cose e devo dire che non è sempre facile capire la loro logica. Hanno un altro
modo di pensare e di riflettere. Anche i concetti stessi hanno una diversa
rilevanza tra loro e noi.
Anche perché nell’islam non c’è una figura di
vertice e quindi ogni comunità interpreta a modo suo
Ahh, questo
sì.
I musulmani che arrivano da paesi dove la
religione ha un ruolo istituzionale e famigliare molto più incisivo e
significativo di quanto lo sia qui a Dubai, quando arrivano qui, che
impressione hanno di questo tipo di società? La loro permanenza e la convivenza
seppur forzata, con diverse fedi e culture, in che modo li cambia?
Non lo so.
Non ho sufficientemente contatto.
Un musulmano che va in spiaggia e vede le donne
in bikini fare il bagno con gli uomini cosa pensa di questa società? Corrotta o
aperta?
Questo
capita solo a Dubai. Ad Abu Dhabi non capita, le donne non si possono
spogliare, ma non so cosa possono pensare gli altri musulmani dato che non ho
questi tipi di contatti.
A Dubai c’è un centro di cultura islamica che
si occupa anche di visite all’interno della moschea principale di Dubai. E’ un
centro islamico che organizza visite, incontri per far comprendere meglio la
cultura e la religione islamica a chi islamico non è, ma non solo a loro.
Non lo
conosco, ma posso dirle quale è la funzione di questo centro: sicuramente è
prima di tutto un centro non solo per la comprensione neutrale dell’islam, ma è
un’istituzione se non missionaria, ma in quella direzione. Tutti questi centri
hanno questa funzione, perché l’islam è fondamentalmente una religione
missionaria e tutte queste presentazioni rappresentano il primo livello di far
capire l’islam come qualcosa di aperto e liberale; la funzione primaria è
quello di aspirare che qualcuno capisca finalmente quale è la vera religione.
Lei è qui da sette anni, quindi dopo il 2001.
Mi potrebbe comunque spiegare come mai gli EAU, che rappresentano, almeno a
voce, in islam modernista, aperto, tollerante, sono stati assieme all’Arabia
Saudita e il Pakistan gli unici stati a riconoscere diplomaticamente
l’Afghanistan dei talebani tra il 1996 e il 2001?
Non
dimentichiamo le relazioni famigliari private che intercorrono nel mondo arabo
e islamico. Certe famiglie reali nel 2000 erano molto vicini anche storicamente
all’Arabia Saudita e questo entra nel gioco politico. Non ho una spiegazione di
quello che c’è stato tra le famiglie degli EAU e la famiglia bin Laden. Ma oggi
l’atteggiamento è cambiato sotto la pressione della realtà.
Chiediamoci
come mai Dubai è stato risparmiato sino ad oggi da qualsiasi attacco
terroristico, a differenza dell’Arabia Saudita, dello Yemen e di altri stati
arabi. Secondo me è dovuto al fatto che tutti hanno investito qui, compreso la
famiglia bin Laden. Non è facile per noi comprendere e capire come giocano le
relazioni famigliari che nel mondo e nella cultura araba sono molto profonde e
radicate, molto più che da noi e che negli stessi paesi islamici non arabi. Il
fatto è che bin Laden non è ancora stato trovato e il senso dell’ospitalità qui
in Arabia è molto difficile da sradicare anche con il denaro. E’ già un fatto
strano che siano riusciti in Iraq a trovare qualcuno che abbia tradito Hussein.
Quello del tradimento, della mancanza di ospitalità è uno dei fatti più gravi
che un uomo possa compiere in questa regione. Io penso che questo abbia avuto
un ruolo fondamentale nel fatto che Osama bin Laden non sia ancora stato
trovato.
Un occidentale che viene a Dubai e vuole
approfondire la conoscenza della cultura e della religione islamica, cosa
dovrebbe fare, cosa dovrebbe vedere?
Non penso
che Dubai sia un buon posto per questo. Penso che vi siano posti più indicati.
Come ho detto, la società di Dubai è variegata e l’80% della popolazione non è
araba. Non penso che un occidentale possa entrare nella fascia del 20% in modo
più profondo di amicizia.
Quindi l’ospitalità è sacra, ma fino a che
punto è sacra? La chiesa qui è ospite, però come ha detto lei stesso, quando
chiede un terreno per costruire una scuola, il permesso langue anni e anni
sulle scrivanie degli uffici competenti. L’ospitalità in questo caso che
sacralità ha?
Ahh, vero.
E’ limitata, molto limitata e io l’ho fatto presente al principe ereditario
Sharsha, con cui ho un ottimo rapporto di amicizia personale. Ho chiesto:
Senta, ci sono delle regole delle leggi che predicano la libertà religiosa, voi
criticate gli occidentali perché hanno perso il loro contatto con Dio, la loro
fede, criticate l’Occidente perché decaduto, materialista. Ma cosa fate voi? Ci
impedite di avere un contatto con Dio non lasciandoci costruire le nostre
chiese. E’ un nostro diritto anche secondo lo stesso Corano. E i cristiani,
specialmente tra i lavoratori stranieri che sono a Dubai, non sono una piccola
percentuale. Ci sono delle comunità che raggiungono percentuali considerevoli
di cristiani.
Sembra che
loro non abbiano il senso dei numeri: sembra che loro trattino i 5.000 copti
quasi allo stesso livello dei 100.000 cattolici.
Siamo in un paese islamico, dove il venerdì è
giorno di festa e consacrato a Dio. Come fanno i cristiani a conciliare il
ritmo settimanale con la domenica?
Noi
consideriamo che chi viene il venerdì ottempera alla festività domenicale.
Copyright © Piergiorgio Pescali
Nessun commento:
Posta un commento