Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Dubai: intervista a mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell'Arabia


A Dubai siamo in una città islamica, ma a quanto ho potuto vedere, siamo in un islam diverso da quello cui siamo abituati dai nostri media. Ho visto un islam meno radicale, più tollerante, modernista e attento ai cambiamenti sociali. E’ una mia impressione o esiste veramente questo islam qui a Dubai?
Almeno alla superficie è così, se parliamo di Dubai città. Qui a Dubai l’80% della popolazione sono stranieri e tra loro c’è una maggioranza di musulmani, ma non degli Emirati. E’ vero che tutta la politica del paese, almeno qui a Dubai e in un certo senso anche a Abu Dhabi, è volta verso un’apertura anche per altre religioni. Se lei va in campagna probabilmente non troverà più questo tipo di islam. Non direi che sia integralista, ma la popolazione in campagna vive un islam fortemente marcato dai connotati di unicità religiosa.
Non è certo l’islam wahabbita dell’Arabia Saudita e il governo non è favorevole a questo tipo di islam integralista. Anche al-Qaeda il governo cerca di o averlo sotto controllo, o di non lasciarli entrare nel paese. I Servizi Segreti degli EAU sono molto potenti, ma direi che lavorano anche molto bene, sono in gamba, tanto che non ci si rende conto che ci siano e che tutti sono controllati. Anche noi della chiesa siamo controllati.
Proprio qualche gg fa sono stato ad un ricevimento ufficiale in cui erano invitati le personalità politiche del paese e straniere residenti nel paese. C’era anche il consigliere religioso giuridico del Presidente, con cui ho un grande legame di amicizia. I politici in EAU mostrano grande rispetto per me e per la chiesa. In nessun modo mi hanno ostacolato o umiliato; personalmente e non posso lamentarmi su queste cose. Quando arriviamo ai problemi concreti il processo burocratico si allunga
Per esempio da 3 anni e mezzo chiedo un pezzo di terreno a Abu Dhabi e Dubai per una nuova chiesa e una nuova scuola. Il ministro mi assicura di non temere che la richiesta verrà esaudita, ma fino ad oggi non ho ancora visto nulla. Il motivo non lo so di queste lunghezze, alcune volte ho l’impressione che giochi anche il fatto che sia la chiesa cristiana a chiederlo; non siamo nella religione “giusta”.
Uno dei maggiori problemi dell’islam secondo me è la tendenza “affermativa” o se vogliamo dirla in altre parole, l’incapacità di rimettersi in questione e di mettere in dubbio certe cose che noi, invece, siamo abituati a fare con il nostro modo critico di osservare il mondo. Noi abbiamo la tendenza di mettere in dubbio tutto, mentre qui trovo il contrario: nulla viene messo in discussione. E questo, a volte, rende “stancante” il dialogo interreligioso. Ufficialmente non c’è coercizione religiosa qui negli UAE, ma quando arriviamo al concreto, l’avvertiamo subito questa coercizione. Per esempio se un uomo cristiano sposa una musulmana, non c’è alcun dubbio: l’uomo automaticamente si deve convertire. Nel caso opposto, se una donna cristiana sposa un musulmano, la donna può rimanere cristiana, ma i bambini devono essere musulmani.


E questi matrimoni interreligiosi funzionano?
Alcuni sì, ma non è facile. Siamo sempre noi a dover arretrare, ad arrestarci, a dover soccombere all’islam. Abbiamo avuto alcuni esempi di papà musulmani sposati con mogli cristiane che, di fronte ad un possibile sacramento ai figli, hanno minacciato di ricorrere alle vie legali, giungendo a minacciare la chiusura della parrocchia che avrebbe impartito il sacramento cristiano. Di fronte a queste situazioni capiamo che siamo ancora lontani da un dialogo interreligioso aperto e paritario.


Il lavoro della chiesa qui a Dubai in che campo si svolge? Pastorale, sociale…
Soprattutto pastorale perché sul piano sociale è già “impegnato” e poi non abbiamo istituzioni adatte allo scopo. Abbiamo scuole, sì, è vero, ma ci limitiamo a questo.


Nella scuola è possibile insegnare religione?
Sì, senz’altro. Anzi, nell’ordinamento scolastico dell’EAU l’insegnamento religioso è obbligatorio. Nelle nostre scuole insegniamo catechismo, nelle scuole musulmane insegnano il Corano, per gli altri una specie di insegnamento misto. Per le altre istituzioni abbiamo a che fare con la sharia, il diritto musulmano che obbliga di avere almeno il 51% della proprietà dei locali e teoricamente è così anche per la scuola, anche se attualmente tutto è intestato al vescovo.
Rimangono però dei punti interrogativi per il futuro, perché questo stato di cose funziona perché ci sono degli ottimi rapporti personali tra me e i ministri del governo. Il problema nascerà quando verrò sostituito.
Per quanto riguarda l’impegno sociale, abbiamo gruppi laici che sono impegnati anche nelle prigioni del paese o tra i lavoratori immigrati, visita degli ammalati.


I cattolici a Dubai sono prevalentemente stranieri?
Sono tutti stranieri, non ci sono cattolici degli Emirati. Vengono prevalentemente dalle Filippine, dall’India, Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan.


Comunità europee?
Ma loro non sono quelli che riempiono le chiese, anche se potessero. Stranamente trovo particolarmente attivi i francesi, molto più di altre. Sempre più abbiamo ispanofoni latinoamericani.


I lavoratori migranti sono emarginati dalla società, oppure si integrano?
No, non è questione di integrarsi, almeno così come noi la intendiamo in occidente. Non esiste integrazione, nessuno la vuole. La cittadinanza è praticamente impossibile ad ottenersi e alla fine chi è qui vuole sempre tornare a casa prima o poi.


Alla fine però Dubai ha estremo bisogno di questi lavoratori, visto che è cresciuto sul loro lavoro. Non offre proprio nulla a loro il governo?
Per dirla in modo un po’ forte, Dubai sfrutta la manodopera fin che ne ha bisogno, per poi scaricarla. C’è comunque la possibilità, per pochi, di arricchirsi, però la cittadinanza, eccetto per certi casi eccezionali, non viene mai concessa. Poi la stragrande maggioranza dei lavoratori viene con un contratto a tempo determinato: 2, 3 anni. Poi c’è una forte gerarchia di valutazione interna, o un certo razzismo. Un asiatico, un pachistano anche se musulmano, un indiano, un nepalese, un filippino non è mai considerato a livello di un europeo o di un arabo. E questo accade anche tra i cristiani. Le comunità di lingua araba si sentono superiori alle altre.


Il dialogo con istituzioni islamiche esiste?
Ci sono occasioni di incontro con islamici, quando c’è l’Interfaith Dialog in Doha.


Dopo questi incontri segue qualcosa di concreto?
Ben poco. Un po’ perché non ho sufficiente tempo. Cerchiamo di mantenere un contatto ritualizzato, quando c’è la fine del ramadan o altre festività islamiche. Ricordo dopo il discorso del papa di Ratisbona mi hanno chiesto di chiarire il significato delle parole del papa. Ma non è sempre facile far passare queste cose e devo dire che non è sempre facile capire la loro logica. Hanno un altro modo di pensare e di riflettere. Anche i concetti stessi hanno una diversa rilevanza tra loro e noi.


Anche perché nell’islam non c’è una figura di vertice e quindi ogni comunità interpreta a modo suo
Ahh, questo sì.


I musulmani che arrivano da paesi dove la religione ha un ruolo istituzionale e famigliare molto più incisivo e significativo di quanto lo sia qui a Dubai, quando arrivano qui, che impressione hanno di questo tipo di società? La loro permanenza e la convivenza seppur forzata, con diverse fedi e culture, in che modo li cambia?
Non lo so. Non ho sufficientemente contatto.


Un musulmano che va in spiaggia e vede le donne in bikini fare il bagno con gli uomini cosa pensa di questa società? Corrotta o aperta?
Questo capita solo a Dubai. Ad Abu Dhabi non capita, le donne non si possono spogliare, ma non so cosa possono pensare gli altri musulmani dato che non ho questi tipi di contatti.


A Dubai c’è un centro di cultura islamica che si occupa anche di visite all’interno della moschea principale di Dubai. E’ un centro islamico che organizza visite, incontri per far comprendere meglio la cultura e la religione islamica a chi islamico non è, ma non solo a loro.
Non lo conosco, ma posso dirle quale è la funzione di questo centro: sicuramente è prima di tutto un centro non solo per la comprensione neutrale dell’islam, ma è un’istituzione se non missionaria, ma in quella direzione. Tutti questi centri hanno questa funzione, perché l’islam è fondamentalmente una religione missionaria e tutte queste presentazioni rappresentano il primo livello di far capire l’islam come qualcosa di aperto e liberale; la funzione primaria è quello di aspirare che qualcuno capisca finalmente quale è la vera religione.


Lei è qui da sette anni, quindi dopo il 2001. Mi potrebbe comunque spiegare come mai gli EAU, che rappresentano, almeno a voce, in islam modernista, aperto, tollerante, sono stati assieme all’Arabia Saudita e il Pakistan gli unici stati a riconoscere diplomaticamente l’Afghanistan dei talebani tra il 1996 e il 2001?
Non dimentichiamo le relazioni famigliari private che intercorrono nel mondo arabo e islamico. Certe famiglie reali nel 2000 erano molto vicini anche storicamente all’Arabia Saudita e questo entra nel gioco politico. Non ho una spiegazione di quello che c’è stato tra le famiglie degli EAU e la famiglia bin Laden. Ma oggi l’atteggiamento è cambiato sotto la pressione della realtà.
Chiediamoci come mai Dubai è stato risparmiato sino ad oggi da qualsiasi attacco terroristico, a differenza dell’Arabia Saudita, dello Yemen e di altri stati arabi. Secondo me è dovuto al fatto che tutti hanno investito qui, compreso la famiglia bin Laden. Non è facile per noi comprendere e capire come giocano le relazioni famigliari che nel mondo e nella cultura araba sono molto profonde e radicate, molto più che da noi e che negli stessi paesi islamici non arabi. Il fatto è che bin Laden non è ancora stato trovato e il senso dell’ospitalità qui in Arabia è molto difficile da sradicare anche con il denaro. E’ già un fatto strano che siano riusciti in Iraq a trovare qualcuno che abbia tradito Hussein. Quello del tradimento, della mancanza di ospitalità è uno dei fatti più gravi che un uomo possa compiere in questa regione. Io penso che questo abbia avuto un ruolo fondamentale nel fatto che Osama bin Laden non sia ancora stato trovato.


Un occidentale che viene a Dubai e vuole approfondire la conoscenza della cultura e della religione islamica, cosa dovrebbe fare, cosa dovrebbe vedere?
Non penso che Dubai sia un buon posto per questo. Penso che vi siano posti più indicati. Come ho detto, la società di Dubai è variegata e l’80% della popolazione non è araba. Non penso che un occidentale possa entrare nella fascia del 20% in modo più profondo di amicizia.


Quindi l’ospitalità è sacra, ma fino a che punto è sacra? La chiesa qui è ospite, però come ha detto lei stesso, quando chiede un terreno per costruire una scuola, il permesso langue anni e anni sulle scrivanie degli uffici competenti. L’ospitalità in questo caso che sacralità ha?
Ahh, vero. E’ limitata, molto limitata e io l’ho fatto presente al principe ereditario Sharsha, con cui ho un ottimo rapporto di amicizia personale. Ho chiesto: Senta, ci sono delle regole delle leggi che predicano la libertà religiosa, voi criticate gli occidentali perché hanno perso il loro contatto con Dio, la loro fede, criticate l’Occidente perché decaduto, materialista. Ma cosa fate voi? Ci impedite di avere un contatto con Dio non lasciandoci costruire le nostre chiese. E’ un nostro diritto anche secondo lo stesso Corano. E i cristiani, specialmente tra i lavoratori stranieri che sono a Dubai, non sono una piccola percentuale. Ci sono delle comunità che raggiungono percentuali considerevoli di cristiani.
Sembra che loro non abbiano il senso dei numeri: sembra che loro trattino i 5.000 copti quasi allo stesso livello dei 100.000 cattolici.


Siamo in un paese islamico, dove il venerdì è giorno di festa e consacrato a Dio. Come fanno i cristiani a conciliare il ritmo settimanale con la domenica?
Noi consideriamo che chi viene il venerdì ottempera alla festività domenicale.
Copyright © Piergiorgio Pescali

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