In queste settimane si è parlato tanto della Corea del Nord, un
paese asiatico sconosciuto e poco visitato. Dal 1948, quando il padre-fondatore
della nazione nordcoreana, Kim Il Sung, ha iniziato a sviluppare un’economia di
stampo socialista, la parte a nord del 38° parallelo si è trovata a condividere
la politica del Comecon e del blocco sovietico. Lo sviluppo economico della
Corea del Nord, almeno sino alla metà degli anni Settanta, è stato
sbalorditivo: un paese raso al suolo dai bombardamenti statunitensi tra il 1950
e il 1953, (quando le due Coree furono in guerra), seppe rialzarsi e
ricostruirsi con le proprie mani, sino a diventare una nazione-modello per
tutto il mondo socialista. Mentre, infatti, Seoul arrancava economicamente e
faticava a trovare una democrazia politica, nel nord sorgevano università di
altissimo livello, ospedali all’avanguardia, un’industria che continuava a
segnare ritmi di sviluppo vertiginosi. L’espansione e il relativo benessere
sociale non durarono, però, a lungo: le difficoltà dell’URSS e la glasnost di Gorbaciov con il successivo
dissolvimento del blocco sovietico, lasciarono Pyongyang senza linfa vitale.
Bloccati i rifornimenti petroliferi e le derrate alimentari, per i nordcoreani
cominciò un lungo e drammatico declino. La serie di carestie che si abbatterono
sul paese contribuirono a far crollare il livello di vita dei 22 milioni di
abitanti, mentre al sud si assisteva ad uno sfrenato sviluppo di stampo
ipercapitalista, con i chaebol (i
megaconglomerati industriali) che si ingigantivano di giorno in giorno,
inglobando tutte le branche economiche del paese. Basti pensare alla Hyundai,
alla Samsung, all’LG che, oltre a produrre prodotti per cui sono famosi in
occidente (auto, telefonici, elettrodomestici), hanno anche cantieri navali,
villaggi turistici, catene alimentari, imprese edili… Oggi, la successione al
governo di Kim Jong Il alla morte del padre Kim Il Sung, ha permesso alla Corea
del Nord di avviare un lento e faticoso cammino di riforme: meritocrazia nelle
fabbriche, concessioni di piccoli terreni agricoli alle singole famiglie,
mercatini dei contadini in cui si possono vendere e comprare prodotti che lo
stato non riesce a garantire. Nel contempo le aperture verso la Corea del Sud,
con l’incontro dei due rispettivi presidenti e le riunioni delle famiglie
divise dalla guerra, lasciano sperare ad un nuovo dialogo tra Pyongyang e
Seoul. La morte del Grande Leader, avvenuta il 17 dicembre scorso, ha di nuovo
creato incertezza nella regione. Alla guida del paese è stato chiamato il
figlio, Kim Jong Un che, a soli 30 anni, è troppo giovane per conquistarsi il
rispetto della potente lobby militare nordcoreana. E’ per questo che, con tutta
probabilità, a Kim Jong Un sarà affiancato un “reggente”, lo zio Jang
Song-taek, già numero due del regime. La formazione scolastica di Kim Jong Un,
che ha studiato all’International School di Berna, lascia intendere che il
padre aveva già predisposto la continuità delle aperture economiche e
internazionali da lui avviate. Oggi entrare in Corea del Nord non è più così
difficile come un tempo: Ogni anno sono circa 3.000 i turisti occidentali che
visitano il paese. Sebbene i tour sono tutti attentamente controllati e
“sigillati” (non è ancora possibile aggirarsi individualmente per le città), un
viaggio in Corea del Nord è, dal punto di vista sociale, tra i più interessanti
che si possano effettuare. La tipica
architettura da realismo socialista, i manifesti di propaganda, le fattorie
collettive e la bellissima capitale Pyongyang, con i suoi viali, i parchi e il
fiume Taedong che la attraversa, rappresentano immagini di un mondo destinato a
scomparire, ma che, nel bene e nel male, ha rappresentato un pezzo di storia
importantissimo per l’intera umanità. Le violazioni dei diritti umani (si pensa
che in Nord Corea vi siano circa 200.000 prigionieri politici) rappresentano la
principale preoccupazione delle organizzazioni umanitarie, ma anche su questo
campo si sta assistendo ad un graduale cambiamento assieme a riforme religiose.
Recentemente una delegazione della Santa Sede è stata nel paese visitando
comunità cattoliche e a Pyongyang i cristiani della città possono frequentare
le tre chiese (protestante, ortodossa e cattolica). Si sta anche parlando di
riaprire un centro sociale in un quartiere disagiato della capitale diretto da
un prete sudcoreano, già presente nel paese da diversi anni a periodi alterni.
©
Piergiorgio Pescali
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