6 agosto 1945: Hiroshima è la prima città sul pianeta ad essere distrutta da un ordigno nucleare.
9 agosto 1945: Nagasaki, appena tre giorni dopo Hiroshima, viene colpita da una seconda bomba atomica.
La storia serve per insegnare alle generazioni future le lezioni del passato al fine di non commettere gli stessi errori dei padri. Eppure in Giappone questo non sembra essere successo. Pur essendo l’unico paese al mondo ad aver conosciuto l’orrore della distruzione atomica e il karma delle radiazioni nucleari, il governo di Tokyo ha deciso di affidare proprio all’atomo il sostentamento energetico. Il 30% dell’energia necessaria ai 130 milioni di giapponesi per sorreggere il loro stile di vita e la terza economia al mondo proviene dalla fissione atomica. Il Nuclear Information Center (NIC) è l’organizzazione che più di tutte e prima di tutte si è battuta affinché i giapponesi potessero disporre di un’informazione indipendente e il più possibile accurata sui rischi del nucleare. Fondata nel 1975, l’organizzazione coinvolge non solo attivisti, ma specialisti del settore, il che permette al NIC di essere un autorevole interlocutore presso tutti i soggetti, sia pro che anti nucleari. Tra il 1995 e il 1997 gli scienziati del NIC hanno condotto uno studio approfondito sulle attività relazionate al plutonio, mentre oggi l’attenzione profusa nel seguire le vicende dell’impianto nucleare di Fukushima, stanno attirando l’attenzione dei media e del governo stesso. Sawa Tihiro, scienziato nucleare del NIC, spiega il motivo per cui i giapponesi non sono mai stati apertamente contro la scelta nucleare: «Il sogno di avere un Giappone economicamente forte e quindi indipendente sul piano energetico, ha avuto un grande impatto negli anni Settanta, quando la crisi petrolifera aveva mostrato la vulnerabilità delle economie industriali. La scelta atomica era, allora, l’unica possibile a breve scadenza.» Tutto questo, però, potrebbe cambiare radicalmente dopo la catastrofica combinazione di terremoto e tsunami dell’11 marzo, che ha causato la fuoriuscita radioattiva dall’impianto di Fukushima. Pur riconoscendo che un tale accavallamento di eventi naturali era difficilmente ipotizzabile in fase di progettazione, Sawa Tihiro spiega che «questo dimostra che le centrali nucleari, anche se costruite e gestite con criteri di massima sicurezza, presentano sempre delle falle. Qualunque grande impianto, specie se complesso, presenta delle incognite e degli imprevisti che possono tramutarsi in tragedie.» La paura innescata dall’impianto di Fukushima, potrebbe ora costringere il governo a rivedere tutti i piani energetici per il futuro. L’opinione pubblica giapponese difficilmente potrà accettare acriticamente un ulteriore coinvolgimento del proprio paese in campo atomico. E’ però vero che il Giappone ha un enorme dispendio energetico: se è vero che le fabbriche del Sol Levante hanno implementato una politica energetica attenta all’ambiente, le case giapponesi sono ben poco ecocompatibili: gelide d’inverno e torride d’estate. Inoltre i giapponesi stessi non hanno alcuna coscienza di cosa sia, nella sfera privata, il risparmio energetico e chiedere ad un giapponese di non sprecare energia potrebbe rivelarsi un’impresa improba. Inoltre, riconvertire un’economia che basa il proprio consumo di energia sull’atomo per il 30%, sembrerebbe poco sostenibile. Però, come sostiene il NIC, «Le centrali nucleari hanno un periodo di vita limitato. Cominciamo a sostituire quelle che a breve verranno chiuse impiegando uomini e mezzi nella ricerca delle fonti alternative. Non chiediamo la chiusura immediata di tutte le centrali, ma la loro riconversione.»
Se il Giappone riuscirà nella politica di riconversione energetica, potrebbe essere il primo passo affinché anche altre economie del globo accettino un nuovo programma di sviluppo alternativo. La paura innescata dalla centrale di Fukushima potrebbe essere il giro di boa per un nuovo sviluppo sociale e la devastante energia sviluppata dalla natura l’11 marzo 2011 potrebbe, allora, essere vista come un avvertimento alla cieca fiducia dell’uomo nella scienza.
© Piergiorgio Pescali
S-21 - Nella prigione di Pol Pot
INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire
© COPYRIGHT Piergiorgio Pescali - E' vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell'autore
Nessun commento:
Posta un commento