Cosa è accaduto alla centrale nucleare di Fukushima? Il principio di produzione di energia in una centrale nucleare si basa sulla reazione di fissione di atomi di uranio che, colpiti da particelle di neutroni, si dividono liberando enormi quantità di energia. L’energia sprigionatasi produce calore che viene trasmesso per conduzione al liquido di raffreddamento che circonda il rettore nucleare. Parte di questo liquido si trasforma in vapore che alimenta una turbina, generando così corrente elettrica. La reazione nucleare vera e propria avviene all’interno del reattore: l’uranio è contenuto in tubi di lega di zirconio immersi nell’acqua di raffreddamento. In caso di emergenza, barre di controllo si inseriscono automaticamente tra i tubi di zirconio in modo da interrompere la reazione nucleare. Questa fase di interruzione della reazione nucleare a Fukushima si è conclusa senza alcun problema immediatamente dopo lo tsunami. Nonostante la reazione venga però interrotta, il calore sprigionato dalle barre contenenti uranio continua a sprigionarsi, per cui il reattore deve continuamente essere immerso nel liquido di raffreddamento per evitare un pericoloso surriscaldamento. A Fukushima l’interruzione di energia elettrica ha impedito alle pompe di insufflare acqua sufficiente a controllare l’innalzamento della temperatura. Nonostante gli operatori abbiano cercato di introdurre acqua collegando pompe secondarie, la quantità di liquido non era sufficiente a mantenere il livello di temperatura adeguatamente basso. Il calore vaporizzava immediatamente l’acqua, esponendo così le barre di zirconio contenenti uranio, all’aria. La temperatura ha causato alla fine la rottura delle barre di zirconio, esponendo direttamente l’uranio a contatto con l’ambiente esterno del reattore e generando idrogeno e gas radioattivi. Proprio la produzione di idrogeno (causata principalmente dalla dissociazione della molecola dell’acqua) è stata la causa della prima esplosione avvenuta sabato nell’impianto nucleare. Essendo il reattore completamente sigillato, non è possibile sapere se l’uranio esposto si sia fuso adagiandosi sulla base del reattore. In questo caso il rischio di fusione del contenitore sarebbe reale. La fusione del reattore non causerebbe automaticamente una fuga radioattiva, dato che l’intera camera di reazione è circondata da una seconda camera di contenimento di acciaio e cemento armato. Sarebbe la perforazione di questa seconda camera lo scenario più drammatico, perché in questo caso l’uranio si troverebbe esposto direttamente all’ambiente, rilasciando livelli enormi di radiazioni. Nel 1979 nella centrale di Three Mile Island, si è verificato un incidente simile a quello in atto a Fukushima, ma in questo caso la seconda camera di contenimento aveva retto. L’incidente di Chernobyl nel 1986 era invece stato causato dall’improvvisa mancanza di raffreddamento senza che vi fosse alcuna possibilità di immettere altro liquido. Il reattore in questo caso è esploso improvvisamente. Chernobyl non aveva alcun contenitore secondario, quindi l’esplosione del reattore aveva esposto all’aria il combustibile nucleare.
© Piergiorgio Pescali
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