Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

S-21 - Nella prigione di Pol Pot
S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa
FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Giappone - Terremoto Marzo 2011 - Cosa sta avvenendo alla centrale di Fukushima

I reattori nucleari producono energia grazie all’ebollizione dell’acqua mediante la fissione atomica. L’atomo, bombardato adeguatamente da una particella di neutrone, diviene instabile. Per ristabilire la stabilità, l’atomo si divide in due liberando energia e altri neutroni che vanno a bombardare e scindere altri atomi. La reazione si autoalimenta, trasformandosi in quella che viene chiamata reazione a catena.
L’unico modo per interrompere una reazione nucleare, è evitare che i neutroni si scontrino con gli atomi di uranio 235. Tutte le centrali sono quindi dotate di barre di controllo fatte di elementi a base di cadmio, boro o afnio, che assorbono i neutroni.
L’interruzione della reazione, però, non stabilizza la temperatura: le barre di fissione continuano ad emettere grandi quantità di calore. Inoltre, gli atomi di uranio 235 che sono già stati scissi, continuano a produrre materiali radioattivi. Quindi lì interruzione della reazione nucleare, non porta all’immediata stabilizzazione della temperatura e del reattore.
Al fine di mantenere la temperatura bassa, il rettore è raffreddato da acqua o da un liquido che asporta il calore prodotto. L’intero impianto di raffreddamento è un circuito chiuso (l’acqua viene immessa nel reattore, vaporizza, passa nelle turbine per generare energia e poi viene di nuovo raffreddata per rientrare nel reattore). Il reintegro del liquido perso per evaporazione viene assicurato dal prelevamento dell’acqua che scorre nelle vicinanze della centrale (fiume o mare). Il liquido di raffreddamento, però deve essere distillato e purificato da ogni impurezza contenuta (sali, minerali, sospensioni, gel, batteri) per evitare di incrostare le barre di fissione e diminuire lo scambio termico.


Di tutta l’energia prodotta nel mondo, il 15% proviene dal nucleare. Nel Giappone questa percentuale è del 30% e nel paese sono state costruite, fino ad oggi, 54 centrali che generano 280 miliardi di KW/h annui, ponendo la nazione al terzo posto dopo USA e Francia come produttore di energia nucleare.
La maggior parte delle centrali nucleari utilizzano uranio 235 arricchito come combustibile. L’utilizzo dell’uranio 235 al posto del più comune uranio 238, è motivato dal fatto che il primo isotopo si scinde più facilmente rispetto al secondo.

La centrale di Fukushima Daiichi ha 6 reattori, tutti costruiti negli anni Settanta. Cinque reattori utilizzano come combustibile nucleare pellets di ossido di uranio contenuti in barre di zirconio lunghe 3,7 metri, mentre il reattore numero 3 è alimentato con il cosiddetto MOX (combustibile ad ossidi misti), in cui l’uranio 235 è miscelato con altri materiali fissili, tra cui il plutonio.

L’incubo nucleare è iniziato l’11 marzo, quando si è verificata la prima esplosione nel reattore numero 1. A questa ne sono seguite altre due: il 14 marzo nel reattore numero 3, in seguito alla quale sono stati feriti 11 lavoratori, e il 15 marzo nel reattore numero 2. In tutti i casi le esplosioni sono state causate dall’innesco dell’idrogeno, accumulatosi fuori dal reattore, ma ancora all’interno dell’edificio in cui questo è posizionato.

Il processo di fissione è stato immediatamente fermato dall’inserimento automatico di barre di controllo appena scattato l’allarme del terremoto. L’arresto della reazione nucleare, non interrompe, però, lo sviluppo di energia che si traduce in un incremento della temperatura. L’interruzione di energia elettrica, ha bloccato il funzionamento delle pompe dell’intero impianto di raffreddamento della centrale. Se le barre di combustibile non sono sufficientemente raffreddate, il rivestimento di zirconio di gonfia e si crepa, esponendo l’uranio ed i prodotti di fissione (principalmente cesio e iodio), direttamente con l’esterno. «Il rilascio di cesio e iodio rilevato nei vapori in uscita dal reattore, indica che il rivestimento del combustibile è stato danneggiato» afferma Michael Golay, ingegnere nucleare al Massachusetts Institute of Technology (MIT).
Una volta che la temperatura del combustibile raggiunge i 1.200°C, lo zirconio reagisce con il vapore acqueo, dissociando la molecola dell’acqua in idrogeno e ossigeno. Se l’idrogeno raggiunge una concentrazione minima del 4%, c’è il rischio che si formi un’atmosfera infiammabile, con rischio di esplosione. Questo è quanto si suppone sia accaduto nei reattori 1 e 3 e, forse, anche nel reattore 2. Le esplosioni hanno compromesso definitivamente il funzionamento dell’impianto. Nei reattori 2 e 3 il contenimento del materiale nucleare sembra sia compromesso, mentre nel reattore 4 si è verificato l’incendio alla piscina di stoccaggio del combustibile nucleare esausto, esponendo i lavoratori a livelli di radioattività elevata.
Le deflagrazioni nei reattori 1 e 3 hanno danneggiato gli edifici circostanti, ma apparentemente il contenitore in acciaio spesso 20 cm che circonda il reattore nucleare, non sarebbe stato intaccato.
Lo scoppio nel reattore 2, invece, sarebbe più potenzialmente pericoloso. Il calo di pressione registrato indicherebbe che l’esplosione avrebbe coinvolto la piscina di soppressione, una camera a forma di tubo circolare in cui circola acqua, posta alla base del reattore principale. La funzione della piscina di soppressione è quello di raffreddare il reattore, catturando al tempo stesso i materiali radioattivi che fuoriescono dalla camera di reazione. Nel caso questa camera di soppressione sia stata danneggiata o, peggio, incrinata, non sarebbe più in grado di raffreddare il reattore. In questo caso le barre di combustibile rimangono esposte all’aria, permettendo ai materiali radioattivi di fuggire verso l’esterno.
L’aumento di temperatura che ne consegue per il mancato raffreddamento delle barre di combustibile, innescherebbe la reazione tra lo zirconio e l’ossigeno in un processo altamente esotermico (cioè con aumento di temperatura). In questo caso lo zirconio potrebbe innescarsi spontaneamente e «la reazione diverrebbe inarrestabile. Nessuno potrebbe fermarla» spiega Arjun Makhijani, presidente dell’Institute for Energy and Environmental Research.

L’aumento di temperatura avrebbe causato anche alla fusione del combustibile nucleare, che si sarebbe depositato sul fondo del reattore. Nello scenario peggiore, la base potrebbe fondersi, liberando materiale fissile nella camera di contenimento di acciaio.
Lo scenario peggiore che si prospetta è proprio la fusione completa del nocciolo. In questo caso il materiale fissile colerebbe sul pavimento del contenitore secondario, formato da acciaio dello spessore di 20 cm, che potrebbe resistere al massimo qualche giorno prima di sciogliersi a sua volta e liberare direttamente nell’ambiente i radioisotopi.
«Senza l’impianto di raffreddamento convenzionale, non sappiamo se i tecnici dispongono di acqua sufficiente per controllare l’aumento di temperatura» afferma il fisico americano Ken Bergeron. «A causa del livello di cesio rilasciato, abbiamo ragione di supporre che il cuore del reattore sia stato esposto sopra il livello dell’acqua almeno per una certa quantità di tempo, surriscaldandosi. E’ probabile che il contenitore sia ancora intatto, ma se il reattore dovesse fondersi, il contenimento secondario non sarà in grado di mantenere a lungo il combustibile nel suo interno.»
Le parole di Ken Bergeron sono state profetiche: la Tepco ha deciso di ricorrere all’ultima estrema possibilità per contenere il danno nucleare: raffreddare i reattori con acqua prelevata direttamente dal mare.
Pavel Tsvetkov, professore di ingegneria nucleare alla Texas A&M University, ha spiegato che in nessun caso si era mai arrivati ad utilizzare acqua non filtrata in una centrale. «Negli impianti nucleari si utilizza esclusivamente acqua purissima, depurata, desalinizzata e demineralizzata, in quanto i minerali contenuti nell’acqua normale incrosterebbero le barre di combustibile, limitando lo scambio di calore. L’aver deciso di utilizzare acqua marina senza preventivamente depurarla, significa che la Tepco ha deciso di chiudere definitivamente l’impianto. Una volta inquinate le barre, infatti, non sarà più possibile un loro riutilizzo.»

Secondo i tecnici, le radiazioni rilevate sarebbero ancora limitare rispetto a quelle sviluppatesi nel 1986 a Chernobyl. Il picco massimo di radiazioni è stato raggiunto il 15 marzo, con 400 millisievert per ora (mSv/h) (la massima esposizione tollerabile per i lavoratori secondo lo standard statunitense è di 50 mSv/anno). Inizialmente il governo giapponese aveva posto l’incidente di Fukushima a livello 4 su scala 7 della International Nuclear and Radiological Event Scale (INES) (“incidente con conseguenze locali”). Frank von Hippel, fisico della Princeton University, aveva però immediatamente portato la pericolosità a livello 5 (“incidente con conseguenze più ampie”), precisando che l’incidente di Fukushima aveva già superato in gravità quello avvenuto nel 1979 nella centrale di Thee Mile Island.
Secondo i dati del World Health Organization (WHO), il governo giapponese ha ottemperato a tutte le raccomandazioni espresse dagli esperti di salute pubblica, evacuando i cittadini entro 20 km dal raggio della centrale di Fukushima (gli Stati Uniti, però, hanno consigliato un’evacuazione fino a un raggio di 80 km).
In media ogni persona è esposta a circa 3 mSv/anno di radiazioni. Di queste, l’80% sarebbe causata da sorgenti naturali (principalmente radiazioni cosmiche), il 19,6% da apparecchiature mediche e il restante 0,4% da attività umane. Il livello medio di esposizione radioattiva, varia però da zona a zona a secondo della geologia locale. Vi sono aree in cui l’uomo è esposto a livelli radioattivi fino a 200 volte i livelli normali medi.
Sempre secondo il WHT, per esposizioni superiori a 1 Sv (pario a circa 300 volte la dose annuale di radiazione media assorbita normalmente), possono insorgere problemi da ARS (Acute Radiation Syndrome). Con dosi maggiori di 10 Sv possono venire colpiti organi interni gastrointestinali e cardiovascolari.

© Piergiorgio Pescali

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