Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Myanmar - Incontro con Aung San Suu Kyi (15 novembre 2010)

Aung San Suu Kyi e’ stata liberata sabato 13 novembre. Una volta tanto il governo del Myanmar ha mantenuto le sue promesse. Poco dopo il suo rilascio, ho avuto l’opportunita’ di avvicinarla e farle qualche domanda preliminare in previsione di effettuare un’ intervista piu’ approfondita in seguito. Subito dopo l’incontro con la Premio Nobel per la Pace, l’epulsione notificatami dal governo, perche” il visto turistico impedisce di effettuare attvita’ giornalistica, ha impedito che l’intervista possa avere luogo. Questa e’ la breve conversazione avuta con Aung San Suu Kyi:

D: Finalmente libera. Ci credeva o pensava che la Giunta ritirasse all’ultimo momento anche questa promessa?
ASSK: Non mi sono mai posta il problema. La giunta ed io abbiamo idee contrapposte sulla democrazia ed ho sempre sostenuto che la mia liberta’ non dovesse essere un pegno utilizzato dalla giunta per raggiungere compromessi.

D: Liberta’ significa anche azione, responsabilita’ e quindi essere oggetto di critiche. Cosa fara’ come prima cosa?
ASSK: Vorrei girare il Paese, incontrare gente, sentire I loro problem direttamente da loro. Fare, insomma, quello che ho sempre fatto quando la Giunta me lo permetteva.

D: In carcere ci sono ancora piu’ di 2.000 prigionieri politici. La sua liberazione non rischia di far dimenticare al mondo queste persone dai nomi meno noti del suo?
ASSK: Ha ragione, la mia liberta’ non deve far dimenticare che questi difensori della democrazia che, per le loro idee, sono ancora incarcerate e io mi battero’ affinche’ anche loro possano vedere aprirsi le spranghe delle celle.

D: La Lega nazionale per la Demcorazia non si e’ presentata alle elezioni e quindi non avra’ nessun rappresentante al Parlamento. Come pensa di continuare la sua lotta politica dall’esterno?
ASSK: Il problema non e’ l’assenza dei nostri rappresentanti al Parlamento. Del resto la nostra posizione e’ stata chiara fin dal principio: chi l’avesse voluto, poteva candidarsi liberamente alle elezioni. Il problema pero’, e’ che le consultazioni del 7 novembre, cosi’ come la Costituzione, si sono dimostrate un colossale imbroglio. Parteciparvi significava accettare la Costituzione e ingannare il popolo. Noi abbiamo scelto di stare dalla parte della democrazia e della verita’.

L’incontro termina qui, con la promessa di continuare piu’ estesamente la conversazione. Purtroppo non sara’ piu’ possible, ma dalle poche parole scambiate, Aung San Suu Kyi appare sempre piu’ determinata a continuare la sua attivita’ politica che le e’ valsa la popolarita’ mondiale e un Premio Nobel per la Pace nel 1991. Al tempo stesso, pero’, la leader del movimento democratico birmano e’ apparsa invecchiata e logorata dal tempo. Anche le sue posizioni politiche, forse dopo anni di attenta maturazione, stanno convergendo verso alternative meno rigide e piu’ possibiliste verso un dialogo con gli oppositori, in particolare con il generale Than Shwe. Cosa, questa, che molti suoi sostenitori non hanno accettato completamente. Cosi’ come non hanno accettato la mano tesa gettata dalla Lady verso la Cina, principale sostenitore del governo del Myanmar. Secondo Suu Kyi, infatti, non vi sarebbe nessuna prova che Pechino stia depredando le immense ricchezze naturali del Paese. Esattamente l’opposto di quello che i governi europei, assieme a Stati Uniti e ai movimenti pro-democrazia occidentali, vanno dicendo da sempre. In effetti l’Aung San Suu Kyi che sabato scorso ha varcato il cancello del 54 di University Avenue, e’ una Aung San Suu Kyi piu’ diplomatica e meno impulsiva. Sa che per cambiare il regime dei generali non serve il pugno di ferro, ma una tattica vincente, cosa che le e’ sempre mancata. E la Cina, piu’ che Washington o l’Europa, potrebbe fare a caso suo: Suu Kyi sa benissimo che Pechino, cosi’ come l’India, sta trasformando il Myanmar in un immenso bacino per mantenere la sua economia, ma l’alleanza con il colosso asiatico e’ fondamentale per mantenere aperto il dialogo con la Giunta militare. Tanto piu’ che Than Shwe, il numero uno della nazione, sembrerebbe sul punto di abbandonare la scena politica creandosi un posto che gli permetta di ritirarsi onorevolmente senza per questo ricoprire incarichi di potere. In questo caso la mediazione di Pechino sarebbe indispensabile affinche’ il movimento democratico possa entrare a pieno diritto nella nuova svolta politica del Myanmar. La Cina sara’ anche indispensabile quando si dovranno affrontere i problemi delle minoranze etniche, che stanno esplodendo con particolare violenza al confine con la Thailandia. Sara’ allora che Aung San Suu Kyi, la quale ha gia’ lanciato la proposta di una conferenza di riconciliazione, avra’ bisogno di tutto l’appoggio di quei Paesi che hanno sempre sostenuto economicamente o politicamente il governo militare. Aung San Suu Kyi, a 65 anni, sembra abbia davvero seguito la massima di Confucio secondo il quale “a 60 anni imparai ad ascoltare con orecchio docile”. Saggezza asiatica.

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