Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Giappone : Dopo le promesse servono i fatti (31 agosto 2009)

Ora che i Giapponesi hanno deciso di cambiare pagina punendo l’immobilismo politico del Partito Liberal Democratico, il Partito Democratico dovrà lavorare affinché le promesse fatte (tante e impegnative) si tramutino in fatti. I campi sotto osservazione sono essenzialmente tre: la riforma politico-amministrativa, il sistema sociale e l’economia. Naoto Kan, Presidente del PDG, ha già in mente un sistema che ricalca quello britannico per ridare supremazia della politica sulla burocrazia. Dal punto di vista sociale, invece, si guarda al modello scandinavo per alleviare le due principali piaghe che affliggono il Giappone: l’invecchiamento demografico e la riforma scolastica. Nel campo economico i giovani sono preoccupati per la forte disoccupazione (5,7%), mentre il sistema pensionistico, accanto a quello della sanità, sono temi maggiormente sentiti dalle generazioni più anziane. Il costo del programma democratico è stato valutato tra i 17 e i 25 miliardi di yen all’anno (il PIL giapponese è di 510 miliardi di yen). I fondi necessari per trasformare le intenzioni in azioni concrete dovrebbero essere attinti da un drastico ridimensionamento delle opere pubbliche e dell’apparato statale, ma sono in molti a dubitare che questo potrà essere messo in pratica. Secondo molti analisti economici, attuare questi punti del programma significa aumentare la disoccupazione e fermare la macchina Giappone. Inoltre i democratici, a differenza dei loro avversari, hanno promesso di non alzare le tassazioni al consumo per almeno 4 anni e, anzi, hanno dichiarato di voler diminuire le accise sui carburanti e eliminare i pedaggi autostradali. Questo fa a pugni con la politica ambientalista di Hatoyama, che vorrebbe limitare le emissioni di gas serra. In campo economico i limitati legami economici tra democratici e industriali farebbero ben sperare in riforme più severe e rivolte al rilancio della competitività. Hatoyama ha più volte ribadito la sua volontà di puntare sull’energia pulita e di avere intenzione di tagliare i sussidi alle aziende non redditizie. Tutto questo, molto probabilmente, non impedirà al Giappone di scendere al terzo posto nella classifica delle economie mondiali dopo Stati Uniti e Cina. Ed è proprio in campo della politica estera che il programma democratico rivela confusione. Dovendo far convergere le varie fazioni presenti nel movimento, Hatoyama è stato costretto a veri e propri equilibrismi oratori per non generare malcontento. Prima contrario alle missioni in Afghanistan, ora le appoggia. La sua invocazione ad una maggiore indipendenza del Giappone dagli Stati Uniti, si è trasformata in un generico “maggior rispetto in base ad un principio di egualitarismo”. Neppure la sua posizione verso l’Articolo 9 della Costituzione è chiaro, dovendo mediare tra la fazione di ex socialisti e ex socialdemocratici (favorevoli al mantenimento dell’articolo) e quella di ex liberal democratici (propensi ad un suo cambiamento). Il Partito Democratico ha meno di un anno per mostrare ai giapponesi i primi risultati del suo programma: nel 2010, infatti, gli elettori saranno richiamati alle urne per scegliere i rappresentanti della Camera Alta, attualmente a maggioranza democratica. Pur non essendo decisivo per la conduzione del Paese, il test sarà una prova di quanta fiducia i giapponesi ripongano verso il governo Hatoyama.

© Piergiorgio Pescali

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