Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Taro Aso non visita Yasukuni per evitare polemiche pre elezioni (16 Agosto 2009)

Con le elezioni generali imminenti, Il Primo Ministro uscente giapponese Taro Aso quest’anno non si è recato al santuario shintoista di Yasukuni, dove si onorano, identificati uno per uno, i 2 milioni e mezzo di sudditi imperiali assunti a ruolo di kami, eroi divini, morti all’estero durante la fase di espansione della nazione in Asia. Tra di essi vi sono 14 ufficiali giapponesi riconosciuti colpevoli di crimini di guerra di classe A dal Tribunale Internazionale di Tokyo. Aso ha preferito evitare la visita ufficiale per “non trasformare chi ha sacrificato la propria vita in un tema elettorale”. Il 15 agosto, giorno della resa del Giappone, il premier giapponese ha preferito invece recarsi nel più “neutrale” cimitero nazionale di Chidorigafuchi, dove sono sepolte le spoglie anonime di 348.000 soldati giapponesi morti al di fuori dai confini nazionali. La mancata visita di Taro Aso, ha evitato che Cina e Corea del Sud protestassero formalmente verso il governo giapponese, rischiando così di aggravare la già precaria situazione del Partito Liberal Democratico, a cui Aso appartiene, dato per sconfitto dai sondaggi. Taro Aso ha comunque già omaggiato i caduti giapponesi di Yasukuni lo scorso aprile, suscitando polemiche non solo a Pechino e Seoul, ma anche tra la piccola comunità cattolica giapponese, essendo lui stesso cattolico. La Conferenza Episcopale locale ha da tempo denunciato la pratica di onorare i defunti a livello di kami che si perpetua a Yasukuni, ma una parte dei cattolici giapponesi, tra cui lo stesso Primo Ministro, si appella a due documenti emanati dal Vaticano negli anni Trenta e nel 1951, in cui, alla domanda se fosse lecito per un cattolico recarsi in un santuario shintoista per omaggiare i defunti, veniva risposto che se la visita era espressione di patriottismo e lealtà verso la propria nazione, poteva essere legittimata. “Il problema è che a Yasukuni i morti sono elevate al rango di dei e la dottrina cattolica insegna che nessun uomo può essere dio.” spiega padre William Grimm, direttore della rivista cattolica giappponese Katorikku Shimbun.
La stessa visita a Yasukuni prevede un rituale che non lascia adito a dubbi su come vengono visti i defunti: il rituale di abluzione (il corpo deve essere purificato da ogni impurità prima di apprestarsi all’incontro con i kami), è seguito dal battito di mani all’entrata del cortile interno per ottenere l’attenzione degli dei. Inoltre esiste il problema dei 14 criminali di guerra e della rivisitazione storica in chiave militarista e nazionalista che vede Yasukuni come centro nevralgico. Allo Yushikan, il museo del tempio, viene spiegato che il Giappone fu costretto ad entrare in guerra dalla politica imperialista delle potenze europee e degli Stati Uniti, liberando dal giogo dell’oppressione straniera, l’intera Asia orientale. E mentre la Resistenza cinese contro l’Armata Imperiale è descritta come “terrorista”, non viene espresso alcun rimorso per la colonizzazione, nessuna scusa per le vittime che questa ha prodotto.
Consapevoli che la rivisitazione della storia è solo il primo passo per ottenere ben altri risultati che potrebbero portare il Giappone a ridefinire il proprio ruolo nello scacchiere asiatico e del Pacifico, Cina e Corea del Sud cercano in tutti i modi di interrompere questo riflusso ideologico. In particolare Pechino, che è il più critico nei confronti di Tokyo per quanto riguarda Yasukuni, afferma di potersi dire soddisfatto se verranno rimossi i resti dei 14 criminali di guerra di classe A, onorati come divinità. Una richiesta che il prossimo Primo Ministro giapponese, chiunque sia, dovrà valutare.

© Piergiorgio Pescali

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