Ieri sono giunti a Pechino, accolti con tutti gli onori, i 17 membri della delegazione della Commissione di valutazione del CIO, che prenderà in esame la candidatura della capitale cinese come sede per i giochi olimpici del 2008. Memore della grande delusione per la perdita delle Olimpiadi del 2000, assegnate a Sidney per un solo voto (allora si era nel 1993 e il ricordo di piazza Tienanmen era ancora vivo), il sindaco di Pechino Liu Qi non vuole correre rischi, proibendo ogni forma di manifestazione in città per tutta la durata della visita. Piazza Tienanmen, è stata chiusa al pubblico, mentre da parecchi giorni i principali luoghi turistici e di incontro cittadini sono sorvegliati da agenti in borghese, pronti ad intervenire in caso di improvvise dimostrazioni. Le associazioni dei diritti umani hanno chiesto alla Commissione del CIO di tenere conto anche delle continue violazioni del regime di Jiang Zemin, che ogni anno si rende responsabile di migliaia di condanne a morte e di repressioni nei confronti di movimenti democratici e religiosi, sino a rasentare anche la comicità. Nel maggio del 2000, ad esempio, alcuni poco informati turisti-attivisti della Liga Veneta, hanno voluto scattare un fotografia di fronte al Tempio del Cielo sventolando una bandiera della Repubblica di Venezia: in pochi minuti la loro guida è stata prelevata da agenti in borghese e portata nel commissariato di polizia, dove è stata interrogata per diverse ore. Ben più forti sono, invece, le repressioni che subiscono sette come la Falung Gong o la Zhong Gong. Secondo il governo, queste associazioni “recano danno al popolo e mettono a repentaglio la sicurezza sociale”, istigando i cittadini a esercitare pratiche antiscientifiche. Nonostante il governo cerchi in tutti i modi di combatterle, questi gruppi riescono a raccoglier milioni di adepti anche grazie alle crescenti difficoltà economiche e ai cambiamenti sociali in atto nel Paese, che indurrebbero i cittadini, non più protetti da alcuna istituzione governativa e partitica, a rifugiarsi nelle pratiche divinatorie e superstizione da sempre combattute dal PCC. La perdita di autorità del Partito Comunista e la sempre maggiore apertura di vuoti istituzionali, hanno permesso a queste nuove associazioni di intrufolarsi nei gangli della società, rappresentando una reale minaccia per il dominio della burocrazia partitica. Ma anche Pechino ha le sue ragioni: l’Asia è particolarmente sensibile alle ingerenze occidentali ed è innegabile che i valori umani, culturali, religiosi e sociali non coincidono con i nostri. La Cina, assieme ad altri governi della regione come Singapore, Malesia, Thailandia, India, richiede da tempo la revisione della Carta dei Diritti Umani, redatta nel 1948 prendendo come unici parametri di riferimento i valori occidentali. Insomma, se Universale deve essere, un documento ha l’obbligo di rispettare qualunque etica, anche se diversa dalla nostra. Questo può far riflettere su quanto difficile sia ipotizzare qualunque tipo di intervento “umanitario” in Asia, specialmente in regioni sottoposte a tensioni sociali e economiche particolarmente forti. Del resto, chiedono giustamente i cinesi, come possono i Paesi Occidentali giustificare le Guerre dell’Oppio scatenate dai loro eserciti nel XIX secolo per pagare i debiti accumulati con il Celeste Impero e che portarono ai famosi Trattati Iniqui, che ancora bruciano nelle vene dei cinesi?
© Piergiorgio Pescali
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