Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Kim Jong Il (2001)

Ricordate il 9 luglio 1994? Erano i giorni in cui a Napoli si riunivano i “Grandi” del G-7, accolti dall’allora Primo Ministro Berlusconi. Tutto era stato predisposto perché i leaders delle nazioni più potenti della terra, primo fra tutti Clinton, benedicessero la politica economica italiana, ma all’alba di quel fatidico 9 luglio, una notizia distrasse le attenzioni del mondo intero dal vertice, focalizzandole migliaia di chilometri più a est: Kim Il Sung, il padre fondatore della Corea del Nord, il “Grande Leader”, era morto il giorno precedente. Una bella sfortuna davvero per il povero Berlusconi, che si ritrovò improvvisamente senza riflettori della scena internazionale, ora puntati su un uomo di cui raramente aveva avuto modo di parlare e per di più ora defunto. –Kim Il Sung, chi era costui?- avranno pensato milioni di italiani (e forse molti stessi ministri del governo del Polo). –Kim Il Sung si è mostrato guastafeste nel morire, quasi quanto lo era stato da vivo.- scrisse stizzito sul Giornale, Alberto Pasolini Zanelli. Sullo stesso quotidiano, lo si definiva “Grande Fratello”, ridando al termine tutto il significato negativo e parossistico datogli da George Orwell (come cambiano i tempi! Oggi milioni di italiani rimangono ipnotizzati di fronte al tubo catodico al solo sentirne il nome!)
Scene di isteria collettiva, liquidate come adunate obbligatorie dalla stampa europea e americana, riempivano i teleschermi. Ma quel 9 luglio di sei anni fa, apriva interrogativi ben più pressanti: data per scontata la successione al potere di Kim Jong Il, ci si accorse improvvisamente di quanto fosse sconosciuto il “Caro Leader”. I mass media riempivano pagine di aneddoti biografici zeppi di “sentito dire” dati per certi. Così Kim Jong Il poteva essere dipinto come un alcolizzato all’ultimo stadio, che passava il suo tempo a sollazzarsi tra stupende fanciulle scandinave (chissà perché nei letti dei leaders comunisti asiatici ci sono sempre bellezze nordiche; ricordate Mao Zedong?), per poi trasformarsi all’improvviso in un genio della politica, timido e introverso, morigerato nella vita privata e disponibile ai cambiamenti sociali imposti dai tempi.
Alcuni analisti ipotizzavano anche un colpo di stato incruento all’interno del Partito da parte dei militari, che avrebbero relegato Kim Jong Il ad un ruolo secondario o addirittura subalterno ad essi.
Oggi, dopo sei anni di governo, è possibile analizzare i risultati ottenuti dalla gestione del “Caro Leader”.
-Che sono sorprendentemente positivi dal punto di vista politico.- mi dice Kim Woon-kyu, Presidente della Hyundai Engineering and Costruction, il chaebol sudcoreano presente nel Nord con un complesso turistico nella regione di Kumgang e che spera di installare nel Paese socialista i suoi stabilimenti produttivi. Il consolidamento ed il riconoscimento della leadership di Kim Jong Il a Pyongyang, non è mai stato scontato, come molti media occidentali assicuravano. Solo con un’accorta politica di avvicendamento di persone a lui fedeli nei posti chiave dell’esercito e del Partito dei Lavoratori, il Caro Leader ha potuto evitare di essere estromesso.
-Per salire i gradini del potere in un Paese come la Corea del Nord, non basta avere il pedigree di famiglia- afferma Noriyuki Suzuki, direttore di Radiopress, l’agenzia giapponese che monitorizza ed analizza tutti i dispacci e i comunicati ufficiali di Pyongyang, -La concorrenza al posto di Segretario Generale del Partito era spietata e sarebbe bastato un minimo passo falso perché Kim fosse spodestato. Un pazzo o un burocrate robotizzato non avrebbe certo potuto giocare le sue carte con oculata saggezza come ha fatto lui.-
Sulla stessa linea è il parere di uno dei maggiori analisti sudcoreani del Nord, Lee Jong Suk dell’Istituto Sejong di Seoul: -Leggendo gli articoli dei mass media occidentali sembrava che si stesse giocando una partita a scacchi tra concorrenti a cui erano rimasti solo i pedoni e Kim Jong Il, che aveva a disposizione la Regina, le Torri, i Cavalli e gli Alfieri. In realtà la successione non è mai stata sicura e sono note le divisioni all’interno della famiglia stessa di Kim Il Sung, con la potente alleanza tra la seconda moglie del Grande Leader, Kim Song Ae che premeva per favorire il suo figlio naturale, Kim Pyong Il e il fratello di Kim Il Sung, Kim Yong Ju. Il fatto che Jong Il sia riuscito a sconfiggere le opposizioni gioca a favore della sua abilità come politico.-
E’ comunque opinione di tutti gli osservatori che la Corea del Nord ha imboccato la via d’uscita dall’isolamento internazionale a cui era, volontariamente o no, relegata. Il principale catalizzatore di questa apertura è stata la carestia che per tre anni, dal 1995 al 1997, ha decimato i raccolti di grano e riso, ma non c’è dubbio che i segni premonitori del nuovo corso nordcoreano si erano già presentati mesi prima, con l’accordo nucleare con gli Stati Uniti nel 1994, che aveva garantito la fornitura di ingenti quantità di combustibile e la costruzione di nuovi reattori nucleari più moderni e sicuri.
Dalla firma di quel trattato, conclusasi poche settimane dopo la morte del padre, Kim Jong Il si è guadagnato sempre più la stima e la simpatia dei governi amici e non: ha allacciato relazioni con Giappone, Australia, Canada, USA, Italia e Sud Corea, riaperto l’ufficio di rappresentanza a Panmunjom, incontrato il Presidente sudcoreano Kim Dae-jung, organizzato gli incontri tra le famiglie divise dalla guerra. Da parte loro gli USA hanno finalmente tolto parte delle sanzioni in vigore dal 1953 ed il 30 luglio il Segretario di Stato Madeleine Albright, ha sostenuto la candidatura della Corea del Nord all’FMI e alla Banca Mondiale.
Ma basta l’appoggio internazionale per garantire al leader nordcoreano il mantenimento delle redini del governo? Se da una parte la dirigenza attualmente al vertice a Pyongyang ha bisogno di un riconoscimento esterno, dall’altro questo potrebbe volere come contropartita la diminuzione delle spese militari e dell’esportazioni di missili, esponendo Kim Jong Il al rischio di un indebolimento interno.
-E questo- dice Suh Jae Jean, Capo Analista dell’Istituto di Ricerca sull’Unificazione Nazionale di Seoul, -non è conveniente per nessuno dei Paesi che si affacciano sul Pacifico.-
Una guerra, per di più nucleare, non è ipotizzabile, ma oggi le guerre non si fanno solo con le armi.

© Piergiorgio Pescali

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