Continua in salita il cammino verso la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Giappone e Corea del Nord. Dopo gli incontri ufficiali di Kisarazu, nei pressi di Tokyo, i primi dopo quasi otto anni di infruttuoasi tentativi, le delegazioni dei due Paesi si sono lasciate senza alcun accordo, ripromettendosi di proseguire i colloqui nei prossimi mesi a Pechino.
Gli ostacoli che si frappongono alla effettiva riappacificazione tra Tokyo e Pyongyang, sono gli stessi che per decenni i rispettivi governi adducono per giustificare la loro intransigenza e la diffidenza reciproca. Da parte nordcoreana si chiede che il Giappone si renda disponibile a ripagare i danni - materiali e morali - causati da 35 anni di duro colonialismo e di porgere formali scuse al popolo della Corea. Tokyo, invece, pretende che Pyongyang chiarisca, con prove effettive e inappellabili, la vicenda delle dieci ragazze che si sospetta siano state rapite da agenti nordcoreani in Giappone tra gli anni Settanta e Ottanta.
Il governo nipponico e’ disposto a ripagare solo le proprieta’ situate nell’attuale Corea del Nord, perse o danneggiate , rifiutando di compensare i danni economici e morali con la scusa che questi sarebbero gia’ stati ampiamenti liquidati con la cooperazione economica avviata nel 1965, dopo che i gabinetti giapponese e sudcoreano stabilirono normali relazioni diplomatiche. Riguardo le scuse ufficiali, queste, sempre secondo Tokyo, sarebbero gia’ state presentate nel 1995 dal governo socialista di Murayama, quando l’allora Primo Ministro espresse profondo rincrescimento per le sofferenze e per le distruzioni inferte dal suo Paese in Asia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Pyongyang, invece, risponde alle richieste della controparte affermando che nessuna giapponese e’ stata rapita da suoi agenti.
Entrambe le posizioni sono facilmente confutabili: pretendere che la Corea del Nord accetti come compensazione morale ed economica un esborso effettuato ad un governo considerato ostile e da lei non riconosciuto, come quello di Seoul, attualmente e’ pura utopia. Forse il Giappone gioca la carta del tempo: un’eventuale intesa tra le due Coree potrebbe inglobare anche la soluzione dei debiti coloniali.
Viceversa, Pyongyang deve riconoscere le ferite morali inferte alle famiglie delle ragazze rapite, la cui presenza in Nord Corea e’ stata piu’ volte testimoniata da transfughi politici addestrati nella lingua e nei costumi giapponesi proprio da questo gruppo di ragazze. La florida comunita’ nordcoreana presente nell’arcipelago, che continua ad essere la principale fonte di valuta pregiata diretta nelle casse di Pyongyang, ha gia’ ammesso che esiste “qualche probabilita’ che durante gli anni della Guerra Fredda il governo del loro Paese possa “aver commesso degli errori” nei confronti del popolo giapponese e di qualche famiglia in particolare. Un’ammissione politica, visto che i coreani -sia del nord che del sud- che vivono in Giappone non hanno il permesso di soggiorno illimitato e il loro status di residenti temporanei li rende particolarmente vulnerabili socialmente e economicamente in caso di inasprimento delle relazioni tra Giappone e la penisola coreana.
© Piergiorgio Pescali
S-21 - Nella prigione di Pol Pot

S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.
IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa
INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

Per ordinarne una copia: 3394551575 oppure yasuko@alice.it
© COPYRIGHT Piergiorgio Pescali - E' vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell'autore
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento