Questa è la cartina delle Nazioni Unite (redatta nel 1946 e
poi ripubblicata nel 1956) su cui si studiò il piano di ripartizione proposto
dall’ONU della Palestina sotto il mandato britannico.
Nel Palazzo delle Nazioni Unite di New York, il 14 maggio
1947 il vice ministro degli Esteri, Andrei Gromiko, in uno dei più famosi
discorsi passati alla storia, dava
l'assenso dell'Unione Sovietica alla fondazione di uno stato ebraico:
“Le passate esperienze, in particolare durante la Seconda
Guerra Mondiale, mostrano che nessuno stato dell'Europa Occidentale è mai stato
capace di provvedere adeguata assistenza al popolo ebraico in difesa dei suoi
diritti e proteggere la sua stessa esistenza dalla violenza nazista e dei suoi
alleati. (Questo fatto) spiega le aspirazioni degli ebrei per fondare un loro
stato. Sarebbe ingiusto non prendere in considerazione questo e negare il
diritto del popolo ebreo di realizzare questa aspirazione” (Nazioni Unite, Official Records of the First Special
Session of the General Assembly, Vol. I, 28 Aprile-15 Maggio 1947, pp.
127-135).
Il discorso di Gromiko continuò con le due proposte di
Stalin per la creazione dello stato: o un'unica nazione democratica araba-ebrea
oppure la partizione della Palestina in due stati distinti.
Pochi mesi più tardi, il 15 ottobre 1947 fu lo stesso
ministro degli Esteri sovietico, Molotov, a chiedere l'appoggio delle proposte
di immigrazione di ebrei verso la Palestina presentate da Uruguay (per
l'immigrazione di 30.000 ebrei), Colombia (per 150.000 ebrei) e Yugolsavia (per
150.000 ebrei temporaneamente stanziati a Cipro) (23 Ottobre 1947, Archivi del
Ministero degli Esteri della Federazione Russa, AMEFR, f. 018 o.9, p.17).
Il 29 novembre 1947 l'URSS votò a favore del Piano di
Partizione della Palestina (Risoluzione 181 dell'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite).
Al piano diedero voto favorevole 33 stati tra cui, oltre
all'URSS, Belgio, Danimarca, Francia, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia,
Australia, Nuova Zelanda, Canada, USA, Polonia, Cecoslovacchia.
13 furono contrari, tra cui India, Iran, Iraq, Libano,
Pakistan, Arabia Saudita, Siria, Turchia, Yemen, Grecia, Egitto, Cuba.
Gran Bretagna, Yugoslavia, Cina (Taiwan) ed altre sette
nazioni si astennero.
Il motivo per cui Stalin appoggiò il piano di partizione e
la fondazione di Israele fu puramente politico: da una parte avrebbe indebolito
la posizione britannica in Europa, dall'altra avrebbe elevato i contrasti tra
Gran Bretagna e Stati Uniti, fino all'ultimo titubanti se appoggiare la
partizione o se, piuttosto, abbracciare la causa araba.
Fu George Kennan a convincere Washington di cambiare la
politica verso la Palestina. L'appoggio dell'URSS a Israele avrebbe, difatti,
permesso a Stalin di mandare truppe in Medio Oriente non solo per mantenervi
l'ordine, ma per organizzare colpi di stato nei Paesi arabi trasformando la
regione in un nuovo satellite sovietico minacciando l'intero Mediterraneo (Report
by the Policy Planning Staff on Position of the United States with Respect to
Palestine, 19 gennaio 1948, Vol 5, Parte 2, Washington: United States
Printing Office, pp. 546-554).
Il 19 marzo 1948 gli Stati Uniti proposero un piano di amministrazione congiunta temporanea in Medio
Oriente per evitare la partizione che, secondo loro, non sarebbe stata
sostenibile e presto sarebbe sfociata in una guerra.
Il 30 marzo Gromiko rifiutò il piano statunitense affermando
che “l'unico modo per ridurre lo spargimento di sangue è la veloce ed
effettiva creazione di due stati in Palestina.(...) la formazione di un regime
di amministrazione congiunta trasformerà la Palestina in un campo di
combattimento tra arabi e ebrei e aumenterà il numero delle vittime”.
La Palestina fu quindi divisa in tre parti: una parte (56
per cento) avrebbe costituito territorio ebraico, il 45,5 per cento avrebbe
formato lo stato di Palestina, mentre a Gerusalemme, Betlemme e le aree
circostanti fu riservata un’enclave internazionale. Questo corpus separatum non
sarebbe appartenuto né ad Israele né alla Palestina, ma avrebbe avuto
un'amministrazione internazionale.
Nel 1948, quando l'ONU propose il piano di
ripartizione, entro i confini di quello
che avrebbe dovuto essere lo stato Palestinese abitavano 818.000 palestinesi e
10.000 ebrei, nel corpus separatum di Gerusalemme vivevano 105.000
palestinesi e 100.000 ebrei, mentre all'interno del futuro stato ebraico
risiedevano 499.000 ebrei e 438.000 palestinesi.
Il motivo per cui i paesi arabi contestarono il piano di
ripartizione, oltre che ideologico era anche economico. La divisione della
Palestina concedeva agli ebrei il 56 per cento della terra quando ne detenevano
legalmente solo il 7 per cento rappresentando il 33 per cento della popolazione
(in Palestina nel 1947 risiedevano 608.000 ebrei e 1.364.000 palestinesi).
Gli arabi (palestinesi, cristiani, greco ortodossi, drusi)
possedevano il 68% della terra, mentre il resto (circa 25 per cento) era suolo
pubblico o non registrato (vedi cartina Palestine – Land Ownership by
Sub-Districts “Village Statistics”, Palestine Goverment, Jerusalem 1945).
Dei possedimenti arabi il 68 per cento non erano coltivati o
non era possibile coltivarli, mentre le tenute non coltivate o non coltivabili
appartenenti agli ebrei erano il 20%
(A Survey of Palestine: Prepared in
December, 1945 and January, 1946 for the Information of the Anglo-American
Committee of Inquiry, Institute for Palestine Studies).
La terra appartenente agli ebrei all'interno dei confini
dello stato di Israele proposto dal piano ONU era l’11,2 per cento.
Quasi metà del territorio assegnato ad Israele era formato
dal deserto del Negev, dove gli ebrei erano 1.020, mentre gli arabi (la quasi
totalità berberi, non palestinesi) erano 103.000. La terra in questa regione
arida e desolata apparteneva per il 15 per cento ai palestinesi, per l’1 per
cento agli ebrei e per l’84 per cento era pubblica o proprietà di famiglie
beduine.
La maggior parte delle terre appartenenti agli ebrei era
concentrata nelle regioni di Jaffa (39 per cento di terra appartenente agli
ebrei contro il 47 per cento araba), Haifa (35 per cento ebrei, 42 per cento
araba), Nazareth (28 per cento ebrei, 52 per cento araba), Tiberiade (38 per
cento ebrei, 51 per cento araba), Baysan (34 per cento ebrei, 44 per cento
araba).
L'appoggio del piano di partizione da parte di Mosca confuse
anche i partiti comunisti arabi ed in particolare il Partito Comunista
Palestinese che al suo interno era diviso, sin dal maggio 1943, tra due
fazioni, una araba ed una ebraica.
La Lega per la Liberazione Nazionale (LLN), in quanto
filoaraba, si opponeva sia alla partizione che allo stato unico misto
arabo-ebraico proponendo al loro posto una nazione palestinese in cui gli ebrei
avrebbero avuto cittadinanza, ma non il diritto di autonomia.
A parte la titubanza iniziale della LLN tutti gli altri
partiti comunisti accettarono la posizione sovietica, compreso il Partito
Comunista Palestinese che ben presto cambiò il proprio nome in Makei, Partito
Comunista d'Eretz Israel e, dopo la guerra del 1948, in Maki, Partito Comunista
d'Israele, in cui confluì anche la Lega per la Liberazione Nazionale.
Gli altri movimenti comunisti arabi pagarono a caro prezzo
la loro aderenza alla linea di Mosca perdendo la maggioranza dei membri o, come
accaduto in Libano, Siria e Iraq, venendo dichiarati fuorilegge e, di
conseguenza, perseguitati.
Copyright ©Piergiorgio
Pescali
Nessun commento:
Posta un commento