“Noi abbiamo fatto una scelta ben precisa: parlare il meno possibile. Quindi io, ora, davanti a lei, sto contravvenendo a questa stessa scelta.” Padre Pierbattista Pizzaballa sorride mentre si aggiusta il saio francescano. Lui, Custode di Terrasanta, è impegnato a mantenere viva l’attenzione verso la Siria.
Dopo l’accordo di Assad per la distruzione di armi chimiche si è arrivati a scongiurare il pericolo di un intervento militare internazionale diretto da parte dell’Europa e degli USA che forse non era neppure così voluto da entrambe.
Si è, però assistito anche ad un allontanamento della Siria dall’attenzione mediatica. Della Siria non si parla più e questo ha favorito da una parte l’incancrenirsi delle guerre nella nazione siriana e dall’altra ha permesso ai paesi che hanno terziarizzato la guerra di avere mano libera nelle loro politiche di intervento regionale. Parlo della Turchia, Arabia Saudita, Qatar..
Abbiamo poche notizie di prima mano: cosa sta accadendo in Siria?
In realtà in Siria non è cambiato molto rispetto ai tempi in cui se ne parlava. Cambiano, naturalmente, nel territorio, i livelli di forze dei vari movimenti a seconda dei periodi, ma la situazione è immutata. Parte del territorio è sotto controllo governativa, parte è sotto controllo dei ribelli. Ed i ribelli sono una galassia indefinita di movimenti e di sigle; a volte sono semplici bande criminali che utilizzano varie coperture per compiere le loro scorrerie e ruberie.
Ci sono, inoltre, milioni di profughi sia all’esterno, ma anche all’interno del paese.
Infine risulta sempre più evidente che tra questi ribelli ci sono frange chiaramente fondamentaliste, chiuse, che creano problemi a tutto ciò che si differenzia da loro.
Queste frange fondamentaliste sono formate da siriani o da stranieri?
Gran parte sono stranieri; provengono dalla Cecenia, Pakistan, Egitto, Libia, Afghanistan. Sono persone abbruttite dalla guerra, che hanno fatto tutte le guerre che si sono svolte in tutti questi ultimi anni. Sono persone abituate alla violenza, che è divenuta il loro pane quotidiano. Sono persone che devono vivere, quindi saccheggiano, devono fare sesso, quindi stuprano.
All’inizio la rivolta non era questa: era una rivolta più popolare, pacifica, politica. Poi, come spesso accade, è degenerata in violenza
Chi sostiene, finanzia, appoggia queste frange estremiste?
Non posso dire con sicurezza chi siano le organizzazione ed i governi che le appoggiano, ma possiamo sicuramente vedere da dove entrano: dal Libano, forse anche dalla Giordania, ma soprattutto dal nord, Turchia ed Iraq.
Certamente godono dell’appoggio di Turchia, Arabia Saudita, Qatar, ma anche da alcuni paesi occidentali, in particolare quei paesi che hanno adottato la politica dell’anti Assad a tutti i costi.
Come sempre è il popolo che subisce le conseguenze di questi giochi politici. Come vivono i siriani?
Esatto, è il popolo la prima vittima di una guerra entro la quale saranno ridefiniti tutti gli equilibri non solo della Siria, ma di tutta la regione mediorientale. Esiste, certamente, una divisione anche tra il popolo: c’è chi sta da una parte, chi sta dall’altra, ma la maggioranza della popolazione vuole vivere tranquillamente la loro vita quotidiana. Spesso, però, a causa della guerra si trova a dover scegliere da che parte stare. Volente o nolente deve comunque fare una scelta. Questa è la violenza della guerra siriana.
La separazione tra alauiti pro Assad da una parte e salafiti-sunniti dall’altra rispecchia effettivamente l’attuale scacchiere della guerra civile siriana?
La realtà siriana, come tutte le realtà mediorientali, è una realtà complessa. Possiamo, anzi, affermare che la complessità è ciò che caratterizza la vita di tutti i mediorientali e, oggi in particolare, dei siriani. Quindi, tutte le semplificazioni che vengono fatte per vari motivi hanno poco senso e contengono anche una forma di ingiustizia ed imprecisione. E’ anche vero, però, che quando devi presentare la complessità sei anche costretto a semplificare, altrimenti non riesci più a farti capire. Diciamo, quindi, che grosso modo è così, anche se tra gli alauiti ci sono persone che contrastano il regime e, viceversa, tra i sunniti ci sono coloro che appoggiano Assad. Non è, come si può capire, facile distinguere nettamente chi è da una parte e chi dall’altra.
Un embargo contro la Siria esiste di già, ma Europa e Stati Uniti vorrebbero rafforzarlo. I francescani, così come la Chiesa cattolica, sono sempre stati contrari all’embargo e non solo della Siria. Quale altro tipo di pressione è possibile fare?
In genere l’embargo colpisce la popolazione povera, non certo chi ha i mezzi ed il potere. Siamo sicuramente favorevoli all’embargo delle armi: se c’è gente che spara è perché c’è qualcuno che produce le armi, le invia e le distribuisce. Siamo, invece, contrari all’embargo sugli alimentari, medicinali, energia. Cos’altro si può fare, onestamente, non lo so. Non vedo delle semplici soluzioni. La situazione è talmente degenerata, le ferite sono talmente profonde che attualmente non vedo alcuna possibilità di pacificazione. Spero, comunque, di sbagliare.
Israele in questo contesto dove sta, cosa fa, cosa spera di ottenere?
Credo che per Israele cambi poco. Chiunque andrà al potere in Siria sarà comunque anti israeliano.
Assad, comunque, al di là dei proclami, non ha mai dato problemi ad Israele; quindi potrebbe, alla fin fine, rappresentare il male minore.
Assad è, per Israele, una bestia conosciuta. Penso che qualcuno in Israele speri di rimanere con ciò che già conoscono, piuttosto che doversi riprogrammare con una nuova realtà.
E i cristiani in tutto questo dove stanno e come vivono?
I cristiani non sono un popolo a parte. Lo dico sempre. I cristiani sono siriani come lo sono gli alauiti, i sunniti, i salafiti, gli sciiti. E, quindi, anche i cristiani sono coinvolti nella guerra con tutte le sue sfaccettature. Ci sono cristiani pro-Assad e cristiani contro Assad.
I cristiani sono comunque una minoranza all’interno della Siria e cono concentrati in regioni, quelle settentrionali, dove i gruppi estremisti di cui parlava in precedenza, sono più attivi. Sono, quindi, più esposti alla violenza.
Bisogna fare attenzione a non generalizzare. La guerra distrugge tutto: chiese come moschee.
E i francescani?
Noi abbiamo fatto una scelta ben precisa: parlare il meno possibile. Quindi io, ora, davanti a lei, sto contravvenendo a questa stessa scelta. Non perché abbiamo paura. Noi non abbiamo paura di niente e di nessuno, ma solo perché siamo di fronte ad una situazione talmente complessa che fare dichiarazioni, specie se di parte, serve a poco. Abbiamo fatto semplicemente la scelta di stare con la nostra gente ed aiutarla nei bisogni quotidiani. In questa guerra non c’è una parte giusta ed una sbagliata. Abbiamo, quindi, scelto di stare nel nostro ruolo: stare con la gente.
Non potremo forse portare la pace, ma potremo consolare qualcuno.
Ci sono diversi religiosi nella mani dei ribelli, tra cui il vescovo ortodosso di Aleppo, Boulos al-Yazigi, il siriaco ortodosso Youhanna Ibrahim e padre Paolo Dall’Oglio. Si sa qualcosa di loro?
R: No, non sappiamo nulla di preciso. Quello dei ribelli non è un gruppo omogeneo, ma una galassia indefinita ed è molto probabile che si passino i prigionieri da un gruppo all’altro
Il vescovo siro cattolico di Damasco, Ignace II Younan, ancora prima del rapimento, aveva criticato Paolo Dall’Oglio per le sue dichiarazioni anti Assad, dicendo che senza il partito Ba’ath, Mar Musa non sarebbe mai potuto esistere.
Sono questioni complicate in cui è difficile entrare e giudicare. Credo che ciascuno debba fare la sua parte. I religiosi devono fare i religiosi. Il nostro compito non è quello di entrare in questioni politiche perché verrai trattato da politico. Il nostro ruolo è, l’ho già detto, stare con la gente: aiutarla, sostenerla. Naturalmente non puoi essere cieco rispetto a ciò che sta accadendo. Devi sempre parlare di rispetto, di giustizia… ma alla fine in momenti così gravi qualunque cosa tu dica è sbagliata.
Tra il 2011 e il 2013 le organizzazioni umanitarie cattoliche hanno raccolto 72 milioni di euro da mandare in Siria. Come è possibile, in una situazione così caotica, gestire questi aiuti? Come possono i donatori essere sicuri che questi aiuti raggiungano effettivamente le popolazioni a cui sono diretti?
I bisogni sono tanti e in questo momento di guerra non puoi pensare al futuro, ma al presente, a come aiutare la gente a continuare ad esistere. Uno dei problemi principali è quello dei profughi sia all’interno del paese sia di quelli che sono accolti nei campi all’esterno, soprattutto in Giordania e Libano. Qui c’è bisogno di tutto. Occorre provvedere per l’assistenza immediata: medicinali, cure mediche, viveri, vestiti. All’interno della Siria i soldi vanno a tutte quelle famiglie che devono spostarsi a causa della guerra. Bisogna cercare loro il luogo in cui andare, trovare nuove scuole, spesso i prezzi esplodono e c’è chi ne approfitta, Le chiese sono impegnate a dare un aiuto a queste famiglie nella maniera più coordinata possibile. Uno dei principali problemi è quello di unire e coordinare i vari gruppi che sono all’interno della Chiesa, ma anche tra le varie organizzazioni umanitarie, tra le ONG. Altro non si può fare. Io, come francescano, posso garantire che, per quanto riguarda noi, siamo abbastanza precisi e ferrei tenendo presente che, prima o poi, qualcuno ci chiederà di rendere conto di quello che è stato fatto.
I luoghi cristiani in Siria sono stati preservati?
Tutti i luoghi sono stati colpiti; non solo quelli cristiani, ma anche quelli musulmani. Al nord in maniera molto più pesante che al sud. Non possiamo dire se siano stati colpiti intenzionalmente o no; di conseguenza è molto difficile dare un’interpretazione.
Un possibile scenario geopolitico della Siria potrebbe creare la divisione del paese con un sud alauita pro Assad ed un nord sunnita-salafita filo turco. In questo contesto lo spazio geopolitico della regione sarà diviso nettamente in due: un sud filo iraniano che confina con Israele stesso e quindi possibile teatro di scontro con Teheran, ed un nord più radicale, ma più vicino all’Europa e filo turco.
R: Non posso prevedere come andrà ad evolvere la guerra. Si parla, effettivamente, di questa possibile divisione e della creazione della Grande Turchia che si espanderà, ma è ancora presto per dirlo. Anche i programmi più cinici devono fare i conti con il territorio, quindi in qualunque direzione si vada, non sarà mai una soluzione facile e pacifica.
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