A San Leo, pochi
chilometri da San Marino, i turisti danno solo una fugace occhiata a palazzo
Nardini, l’edificio che si affaccia sulla piazza principale. Eppure, è proprio
da qui che bisognerebbe partire per ripercorrere la storia del più importante
santuario francescano che il papa visiterà il 13 maggio: la Verna. San
Francesco giunse a San Leo nel 1213 assieme a frate Leone: la sua fama non si
era ancora espansa oltre il contado di Assisi e la visita a papa Innocenzo III
del 1210 si era conclusa solo con un deludente riconoscimento verbale
dell’ordine che il penitente assisano voleva fondare. Era l’8 maggio e il Conte
Orlando Cattani aveva indetto una festa a cui Francesco decise di partecipare. Erano
passati pochi anni da quando il ricco e viziato figlio di Pietro da Bernardone
desiderava farsi cavaliere; forse, il fascino del cavalierato suscitava in lui
ancora una certa attrattiva come dimostra il sonetto di ispirazione cortese che
recitò, in volgare, davanti al conte Cattani: «tanto è quel bene ch’io aspetto, che ogni pena m’è diletto». Il
nobile marchigiano fu talmente rapito dalla profonda semplicità dell’uomo
Francesco, che decise di regalargli un possedimento impervio e solitario: il
monte della Verna “troppo bene atto a chi
volesse fare penitenza (…) o a chi desidera fare vita solitaria”. Francesco
accettò: che c’era di meglio di un luogo sperduto e impervio per incontrarsi
con Dio? Ancora oggi stupisce di quanto sia selvaggio il monte con i suoi
anfratti, le rocce scoscese, il clima freddo e bizzarro. Francesco era, prima
di tutto, un uomo, neppure bello e
aitante se si vuole dar conto alle cronache dell’epoca. Ed è questo uomo
Francesco, che troviamo nell’autunno del 1224, per l’ultima volta a La Verna. Un
Francesco ben differente da quello del 1213 che cantava spensierato lodi al
Signore nella piazza di San Leo. Il Francesco del 1224 era ormai celebrato dal
popolo e dalla Chiesa, ma era anche disilluso: aveva incontrato il sultano
Malek al-Kamel e conosciuto le nefandezze delle Crociate, a Greccio aveva
ricostruito la Natività gettando un legame tra il francescanesimo e Betlemme. L’ordine
da lui stesso fondato e che Onorio III nel 1223 aveva approvato, si era allontanato
dalla sua visione originale e Francesco, per evitare dissapori, se ne era
volontariamente allontanato, arrivando, nel 1224, a La Verna malato e spossato
spiritualmente. E qui, da uomo, subisce la cosiddetta “grande tentazione”. Non
è chiaro in cosa consistesse questa “tentazione”, ma è l’anticamera per l’atto
finale, quello che suggellerà per sempre la simbiosi tra Francesco a Cristo e,
per trasposizione, tra La Verna e Gerusalemme. Il 14 settembre 1224 il mercante,
nonché cavaliere ravveduto, ottenne le stimmate. Francesco morì due anni dopo,
ma per tutto il tempo non fece mai menzione delle piaghe per aumentare la sua
autorevolezza presso la fraternitas. Ed
a qualunque cosa queste stimmate vengano associate (intervento divino o evento
psicosomatico), La Verna rappresenta un punto focale per la storia del
cattolicesimo. Benedetto XVI volendo raccogliersi privatamente davanti alla cappella
delle stimmate, dimostra l’importanza non solo del santuario, ma del francescanesimo
per la Chiesa tutta.
Copyright ©Piergiorgio Pescali
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