In uno dei rarissimi messaggi rivolti al paese, l’imperatore Akihito, è apparso ieri su tutte le emittenti giapponesi, cinque giorni dopo il terribile terremoto e tsunami che ha colpito il nord del Giappone. Tutti i programmi sono stati interrotti in contemporanea per trasmettere il breve discorso di un Akihito che indossava abiti occidentali con giacca e cravatta. «Sono profondamente scosso dalla gravità della situazione nelle aree colpite», ha detto, «Il numero dei deceduti e dei dispersi aumenta di giorno in giorno e non possiamo sapere quante saranno le vittime finali. La mia speranza è che siano tratte in salvo il più alto numero di persone». Il settantasettenne imperatore ha anche auspicato che «le vittime non abbandonino la speranza e che si prendano cura di loro stesse sperando in futuro più radioso».
Seduto di fronte alle telecamere, il massimo rappresentante della casa imperiale ha richiamato tutti i valori dello spirito giapponese e della nazione, invocando la solidarietà nazionale: «Desidero che tutti i cittadini ricordino le vittime e coloro che sono stati colpiti dalla devastazione non solo oggi, ma per lungo tempo.» Poi, come se parlasse direttamente ad ogni giapponese, ha espresso la speranza «Dal profondo del mio cuore che la gente si conforterà l’uno con l’altro, mano nella mano, con compassione superando questi tempi difficili.» L’imperatore ha abilmente evitato di addentrarsi negli sviluppi politici ed economici della crisi nucleare dell’impianto di Fukushima, limitandosi ad esprimere la sua preoccupazione per ciò che sta avvenendo nella centrale (senza peraltro mai nominarla direttamente). La famiglia imperiale ha già espresso il desiderio di visitare le zone colpite, ma per evitare di intralciare le operazioni di soccorso, ha rimandato il viaggio. La principessa Michiko, nel 1995, si era recata a Kobe in occasione del terremoto che aveva provocato 6.400 vittime. Allora il viaggio era stato un successo mediatico per la casa imperiale, che era riuscita a riguadagnare la simpatia ed il favore di molti giapponesi.
© Piergiorgio Pescali
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