Arundhati Roy, autrice de Il Dio delle piccole cose, è la scrittrice indiana più famosa in Italia. Il suo impegno politico e sociale l’ha portata a sfidare coraggiosamente ogni tipo di ingiustizia, facendole “visitare” (nel senso di essere stata arrestata) anche le prigioni indiane. L’abbiamo incontrata nella sua casa di Nuova Delhi.
Al disastro di Bhopal viene spesso accostato il caso Seveso. Eppure, mentre esiste una Legge Seveso, non esiste una Legge Bhopal. Che valore hanno i 16.000 morti indiani?
Poco, molto poco. In un’economia rivolta essenzialmente al profitto, i poveri non hanno diritti. Si dice che gli USA sono una grande democrazia, ed è vero, almeno entro i suoi confini. Ma al di fuori di essi la libertà che dispensano è quella dell’umiliazione, del soggiogamento al servizio del libero mercato.
Il colonialismo di ieri è stato oggi sostituito dalla globalizzazione?
Certamente; la globalizzazione è una varietà mutante del vecchio concetto colonialista, le fabbriche multinazionali sono i nuovi mezzi di colonizzazione, mentre i loro Presidenti sono i nuovi colonizzatori, con la sola differenza che oggi non debbono rischiare malattie o insurrezioni. Non vedendo, la loro coscienza è meno stressata.
Bush. Bin Laden, Saddam Hussein e Warren Anderson. C’è un comune denominatore tra questi uomini così differenti tra loro?
Tutti hanno ucciso persone. Non direttamente, ma le loro decisioni hanno permesso che questo accadesse. Niente può giustificare un atto di terrorismo. A Bhopal si è creato terrore tra la gente ed ogni persona uccisa in quella città deve essere aggiunta al conto.
© Piergiorgio Pescali
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