Bhopal è la capitale del Madhya Pradesh, stato situato al centro dell’Unione Indiana che nel 1984 contava 850.000 abitanti. La fabbrica dell’UCAR, inaugurata il 19 gennaio 1976, serviva a produrre un fertilizzante, il SEVIN (Experimental Insecticide Seven Seven) tramite la reazione dell’alfa naftolo con l’isocianato di metile (MIC). Questo era a sua volta un prodotto di sintesi tra il fosgene e la monometilammina. Il 3 dicembre 1984 la fuga di 27 tonnellate di MIC e di 13 tonnellate di altri composti tossici, causò “ufficialmente” la morte immediata di 1.754 persone e l’intossicazione di 521.262. L’ultima cifra ufficiale fornita dal governo indiano risale al 1995: 7.702 morti. Fonti indipendenti ritengono che ad oggi la nube tossica abbia ucciso almeno 16.000 persone (Greenpeace parla di 20.000).
All’inizio il governo indiano aveva chiesto all’UCAR un indennizzo di 3 miliardi di dollari, ma nel gennaio 1989 la Corte Suprema Indiana chiuse il caso obbligando l’UCAR a versare 470 milioni di dollari (circa 300 dollari per ogni vittima riconosciuta). Warren Anderson, Presidente dell’UCAR all’epoca del disastro, si è reso latitante e solo pochi mesi fa Greenpeace ha annunciato di averlo rintracciato. Nessuna richiesta di estradizione, però è stata avanzata da Nuova Delhi.
© Piergiorgio Pescali
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