Enver Can, 56 anni, è nato a Gulja, nello Xinkjiang. Dopo le scuole frequentate a Faizabad (Afghanistan), si è trasferito in Turchia e da qui in Germania, dove vive con la moglie e quattro figli. Dal 1999 è Presidente del Congresso Nazionale del Turkestan Orientale.
Domanda: Alla caduta dell’URSS nel 1991 non è seguita quella della Cina ed oggi la secessione di regioni come il Tibet o il Turkestan Orientale sembra più che mai lontana. Questa nuova situazione ha modificato la vostra politica nei confronti di Pechino?
Nessun impero dura in eterno. Essere liberi ed aver la possibilità di decidere il nostro destino è un diritto divino di cui gli uiguri sono stati privati sino ad oggi. Il popolo uiguro aspira a riguadagnare l’indipendenza, ma saranno gli stessi uiguri nel Turkestan Orientale a decidere cosa volere e quale forma di governo scegliere. Noi reclamiamo l’autodeterminazione e per questo chiediamo alla dirigenza cinese di collaborare per un dialogo costruttivo per una risoluzione politica della questione.
A differenza dei tibetani, uniti nella lotta contro la Cina attorno al Dalai Lama, gli uiguri sono divisi in diverse organizzazioni prive di un leader unico riconosciuto. Forse molti uiguri non pensano neppure in termini di nazione. Come coordinare tutte queste istanze in una politica univoca?
50 anni di indottrinamento comunista e di “divide et impera” hanno contribuito a qualche sfiducia e divisione tra noi. Nei prossimi anni il futuro della nazione uigura sarà uno dei temi principali per la Cina, che vuole terminare la sua politica di assimilazione forzata e distruggere il dissenso pacifico con ogni mezzo. Ci sono state molte persone che avrebbero potuto diventare leaders se non fossero stati giustiziati dal governo e ci sono molte altre persone tenute prigioniere che potrebbero guidare una nazione se solo fossero libere. Noi, in Occidente, cerchiamo di creare le condizioni favorevoli in cui il nostro popolo abbia la possibilità di eleggere i loro leaders e scegliere il migliore governo che, io penso, debba essere secolare, pluralista e democratico.
© Piergiorgio Pescali
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