Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Cina e Giappone: le ragioni del Giappone

Non hanno tutti i torti i nazionalisti giapponesi quando affermano che il colonialismo di Tokyo della prima metà del 900 è la logica conseguenza dell’esclusione imposta dalle potenze occidentali al paese. Potenza economica e militare di primo livello, il Giappone sperava di inserirsi a pieno titolo nella vita politica dell’Estremo Oriente con il motto “L’Asia agli Asiatici”, una politica che aveva il supporto di molti nazionalisti asiatici. Il militarismo e la fiducia della propria superiorità morale e culturale, hanno però portato le forze di occupazioni nipponiche a perpetrare i più efferati crimini, in particolar modo contro i cinesi e i coreani. Di fronte alle proteste cinesi, i politici giapponesi hanno sempre risposto che dal 1972 sono state esposte formali scuse per la colonizzazione, mentre i danni di guerra sono stati completamente risarciti. Economicamente la macchina giapponese è in crisi, ma rimane pur sempre la seconda potenza al mondo dopo gli Stati Uniti. Fortemente dipendente dal petrolio, nonostante le numerose centrali nucleari presenti sul territorio, il Giappone sta combattendo con la Cina una battaglia per impossessarsi delle fonti di idrocarburi. Nel 2004 si è assicurato il rifornimento del greggio siberiano, mentre con la Cina è in atto un contenzioso per l’isola di Senkaku (Diaoyu per Pechino), ricca di petrolio. Il 13 aprile il governo di Koizumi ha dato il permesso ad una ditta petrolifera di iniziare le trivellazioni off-shore nella zona contesa suscitando le proteste di Pechino. La protezione garantita dagli Stati Uniti, oggi non sembra più così sicura: le difficoltà incontrate in Afghanistan e in Iraq hanno convinto molti giapponesi che Washington non sarà così solerte nell’intervenire in aiuto di Tokyo in caso di bisogno. Così il nazionalismo ha terreno fertile per crescere e per indicare nell’autodifesa militare l’unica soluzione possibile per proteggere l’arcipelago. Le spese militari giapponesi sono in termini assoluti le più alte di tutta l’Asia e molti Paesi sono preoccupati della corsa al riarmo intrapresa da Tokyo in questi ultimi anni.

© Piergiorgio Pescali

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