Anni di colloqui, di promesse, di sorrisi e strette di mano non sono serviti ad evitare che la Corea del Nord entrasse a far parte della schiera di Paesi ufficialmente dotati di armi nucleari. Tutte le speranze sono svanite alle 10.30 del 9 ottobre, quando un terremoto di magnitudo 3,58 individuato dai servizi segreti sudcoreani nella provincia di Nord Hamgyeong, ha sollevato i primi timori. Poco dopo l’annuncio dell’agenzia di stato nordcoreana: poche righe per confermare il test sotterraneo effettuato «con il 100% delle capacità scientifiche e tecnologiche locali». Immediate le reazioni del mondo occidentale, tutte di condanna, a cui si sono aggiunte quelle della Cina, un tempo fedele alleato di Pyongyang, irritata dalla tracotanza dei generali nordcoreani e imbarazzata dalla sua scarsa influenza sul vicino. E’ stata proprio Pechino a impugnare il tema nucleare negli anni novanta, quando aspirava a divenire una potenza regionale di primo piano. Isolata da tutti, la Cina post maoista aveva bisogno di rientrare nella scena internazionale e trasformarsi in mediatrice tra il regime di Pyongyang e Washington avrebbe potuto darle il prestigio che cercava. La Casa Bianca da anni premeva affinché la Corea del Nord abbandonasse il programma nucleare e nel 1994, grazie alla diplomazia cinese, la Corea accettò di congelare gli esperimenti in cambio della costruzione da parte di un consorzio europeo-asiatico, di due nuovi reattori e del rifornimento di 500.000 tonnellate di combustibile da parte degli USA di Clinton. L’avvento dell’amministrazione Bush coincise con un irrigidimento dei rapporti tra i due Paesi, diventi più tesi anche per la decisione della casa Bianca di interrompere il rifornimento di petrolio, sperando di accelerare la destabilizzazione del regime nel suo interno. Da allora neppure l’influenza cinese è riuscita a frenare il regime di Kim Jong Il, che impedì anche ai tecnici dell’IAEA le regolari ispezioni ai tre siti nucleari di Yongbyon, Taechon e Simpo. Secondo i servizi segreti USA, il plutonio prodotto dalla centrale di Yongbyon (la sola in grado di funzionare a pieno regime), sarebbe sufficiente per la produzione di 5-13 bombe atomiche a basso potenziale. Lo stesso test effettuato il 9 ottobre, secondo l’Istituto di Geologia Nazionale Sud Coreano, avrebbe prodotto un esplosione pari a 550 tonnellate di TNT (la bomba di Hiroshima aveva un equivalente di 15.000 tonnellate TNT). Lo scarso potenziale messo in gioco, farebbe quindi pensare che l’intento di Pyongyang sia quello di riportare al tavolo delle trattative Washington e rivedere l’embargo imposto da Bush, mentre sul piano interno rafforzerebbe l’immagine delle Forze Armate in un periodo di riforme economiche
© Piergiorgio Pescali
S-21 - Nella prigione di Pol Pot
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