L’annunciatrice del telegiornale inasprisce il tono della voce mentre lo schermo trasmette le immagini dei mezzi militari sud coreani e statunitensi impegnati nell’operazione Ulji Focus Lens, al largo delle coste coreane. «Le esercitazioni congiunte sono atto di grave provocazione per la Repubblica Democratica Popolare di Corea» legge la speaker, citando l’agenzia di stampa nazionale KCNA, «Sono pericolose avventure militari che portano la penisola sulla soglia della guerra». E subito dopo appaiono i lanci dei sette test missilistici dello scorso luglio, che hanno valso a Pyongyang la condanna da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E per mostrare quanto il Caro Leader Kim Jong Il si prenda cura del popolo coreano, ecco la distribuzione di viveri e di oggetti di prima necessità alle vittime delle recenti alluvioni che hanno inferto un duro colpo alla già fragile economia del Paese. Tutto questo mentre, oltreoceano, il Presidente Bush ammonisce la Corea del Nord contro possibili test nucleari sulla base di non ben definite “attività sospette” fotografate da satelliti spia attorno al sito atomico di Punggye-ri. La recrudescenza delle tensioni nucleari nella penisola coreana è quindi tornata a livelli altissimi. Non è la prima volta, non sarà neppure l’ultima. Qualche mese fa gli stessi satelliti avevano evidenziato simili movimenti alla base di Kilju, vicino a Punggye-ri, senza che però in seguito succedesse nulla. I nordcoreani sanno che il loro territorio, piccolo e facilmente controllabile, è costantemente monitorato e nascondere attività delicate come quelle che si svolgerebbero nei centri nucleari, è pressoché impossibile. «La Corea del Nord è grande meno di un decimo dell’Iran e le regioni settentrionali, montuose e impervie, sono difficilmente adatte alle installazioni nucleari. E’ quindi molto più facile per gli USA controllare ogni movimento qui, che in Iran o in Iraq» mi dice Chang Sun Sup, Capo del progetto Kedo (Korea Energy Development Organization), un consorzio formato da 11 nazioni, che nel 1997 hanno iniziato la costruzione di due reattori nucleari a Kumho atti ad integrare il piano energetico per lo sviluppo dell’economia nordcoreana. A che pro, quindi, innalzare il livello di guardia in una regione che, in pochi decenni è già stata sconvolta da due guerre e che ha conosciuto l’olocausto nucleare? Il fallimento del lancio del missile balistico Taepodong-2, progettato per raggiungere le coste americane del Pacifico, e i conflitti in Iraq, Afghanistan per finire con quello tra Israele e Hizbollah, hanno dimostrato a Kim Jong il che le armi convenzionali non sono più sufficienti per mantenere il potere. La perdita di acquirenti dovuta all’insuccesso del Taepodong-2 potrebbe quindi essere compensata con uno sviluppo nel campo nucleare, accontentando così anche i potenti generali nordcoreani. D’altro canto gli USA hanno convenienza ad enfatizzare la pericolosità di Pyongyang per costringere Pechino ad allinearsi alle linee politiche ed economiche dell’Occidente. La visita di Hu Jintao negli Stati Uniti e la firma della Risoluzione ONU contro i test missilistici nordcoreani, avrebbe già inaugurato il nuovo corso di quella nazione che sapendo di stare diventando la seconda potenza economica mondiale, cerca di intavolare buone relazioni con i governi occidentali. Kim Jong Il che non si può più fidare neppure del vecchio alleato cinese, deve fare anche i conti con la linea Kissinger sul ritorno ai principi della Guerra Fredda che si sta già sperimentando nel Medio Oriente con la guerra tra Israele e Hizbollah: controllare e contrastare le attività degli stati canaglia all’estero e aspettare il collasso interno dei rispettivi governi. E’ per questo che gli USA hanno imposto controlli finanziari alle banche e alle industrie legate alla Corea del Nord che operano in Estremo Oriente.
© Piergiorgio Pescali
S-21 - Nella prigione di Pol Pot
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