Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa
FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Religione in Corea del Nord (2003)

E’ una domenica soleggiata e calda, qui a Pyongyang. Nella chiesa cattolica di Changchung si innalzano le note del canto di chiusura della messa, mentre i fedeli escono ordinatamente per salutarsi sul sagrato. Kang Hyon-gyu, la giovane guida nordcoreana che oggi, per la prima volta nella sua vita, ha messo piede in chiesa assistendo ad una funzione religiosa, è sorpreso: «E’ stata l’esperienza più toccante che abbia mai avuto. Non pensavo si potessero esprimere concetti di giustizia, pace, umanità in modo così chiaro! E poi quelle letture tratte dal libro… come lo chiamate?»
«Il vangelo» gli rispondo pensando non sia un caso che l’officiante, padre Josef Sayer, direttore di Misereor, abbia scelto la lettura tratta dal Vangelo di Marco sul giovane ricco il quale, dopo aver espresso il desiderio di raggiungere la vita eterna, preferisce rinunciarvi per tenere i beni terreni che possiede. In chiesa una vecchietta sta riordinando le panche e ritira i libretti dei canti; «E’ una delle nostre parrocchiane più anziane.» spiega Chang Song-keun, l’unico nordcoreano con dispensa di celebrare messa e insegnare catechismo nel Paese. «Ha iniziato a frequentare la chiesa nel 1988, quando è stata inaugurata, ma la sua famiglia è sempre stata cattolica e lei non ha mai nascosto la sua fede, anche quando il farlo era considerato “sconveniente”.» E dal 1988 ad oggi, di cose in Corea del Nord ne sono cambiate. Anche nel campo religioso, in particolare nei rapporti con il Vaticano. «C’è una sorta di rispetto reciproco e di stima tra la Chiesa Cattolica e il governo» afferma Kim Hyoun-ho, Direttore del Dipartimento Europeo del Comitato per le Relazioni Culturali con i Paesi Esteri. Quello di Pyongyang non è certo il tipo di governo che nelle sue scelte tiene conto dei fattori religiosi, ma non è neppure così stolto da pensare che per allacciare rapporti diplomatici con le potenze occidentali europee, possa ignorare la voce spirituale del Vaticano. Così -e per molti questo rappresenta un paradosso difficile da comprendere- da anni tra Pyongyang e Santa Sede intercorrono buone relazioni, tanto che dal 1996 sono state numerose le delegazioni ecclesiastiche che hanno potuto entrare nel Paese visitando zone precluse ad altri stranieri. E la presenza di padre Josef Sayer ne è la prova. L’organizzazione che dirige, Misereor, assieme ad altre associazioni umanitarie cattoliche come la Caritas e i frati benedettini (la congregazione più numerosa in Nord Corea prima del 1950, quando venne espulsa), sono tra le poche al mondo che hanno il permesso di operare in Corea del Nord avviando programmi di collaborazione e sviluppo. Il governo stesso non cela la sua preferenza verso questo tipo di interventi, meno politicamente interessati rispetto agli aiuti convogliati in via ufficiale dagli stati e dalle agenzie collegate all’ONU.
Il problema è chiarire gli spazi di manovra possibili: quale è il confine oltre il quale il governo di Pyongyang considera che la Chiesa stia interferendo con gli affari interni? E soprattutto, si riuscirà a distinguere le azioni intraprese in modo autonomo dalle singole Chiese -protestante, cattolica, buddista- o si farà di tutta l’erba un fascio? Non c’è dubbio che, appena il Nord aprirà le porte alle varie confessioni, la Corea sarà considerata territorio di conquista da miriadi di organizzazioni religiose o pseudoreligiose, che caleranno nel Paese come eserciti, sconvolgendo la vita sociale e le abitudini di milioni di nordcoreani. Già oggi, lungo il confine settentrionale in territorio cinese, centinaia di militanti sudcoreani, statunitensi e giapponesi, più o meno fanatici, nascosti sotto le improbabili spoglie di uomini d’affari, aspettano con impazienza il giorno in cui potranno varcare il confine per accaparrarsi la loro fetta di fedeli. Accanto a sinceri e pragmatici credenti, attenti a non prevaricare l’amministrazione nordcoreana e pronti a collaborare con essa, ci sono integralisti, soprattutto di fede cristiana, appartenenti a sette nate gli Stati Uniti totalmente insensibili alla specificità della condizione in cui andranno a lavorare. Il loro integralismo, costruito molto spesso su basi ideologiche di destra o razziste, li porta a non valutare la differente visione umana e sociale, oltreché politica del Paese. Tra le sette più attive c’è la Full Gospel Church, fondata negli USA dove attinge fondi anche dal governo, i cui missionari, con l’aiuto e la copertura di imprenditori sudcoreani, non esitano a elargire dollari e yen ai nordcoreani che accettano segretamente di convertirsi e fare opera di proselitismo. In un certo senso, le strette maglie con cui il governo nordcoreano ha permesso la nascita e lo sviluppo delle religioni “storiche”, ha frenato di certo l’espansione delle stesse, ma al tempo stesso ha evitato che venissero a sorgere pericolose tensioni causate da comportamenti poco ortodossi, come è avvenuto in Giappone o nella stessa Corea del Sud. «Rispettiamo la chiesa cattolica perché, a differenza di altre confessioni, non cerca di interferire con la nostra politica.» afferma Kim Hyoun-ho. Questa separazione tra potere terreno e spirituale si concretizza appena i nordcoreani varcano le soglie delle chiese cristiane (a Pyongyang, oltre a quella cattolica esistono due chiese protestanti) e dei templi buddisti: le spille raffiguranti i due leaders del Paese, Kim Jong Il e Kim Il Sung vengono accuratamente rimosse dalle giacche per essere riappuntate una volta usciti. «Durante la messa le togliamo perché veniamo a pregare e portare i nostri rispetti a Dio. Nella vita religiosa siamo devoti a Cristo, ma nella vita sociale rispettiamo e rendiamo omaggio al Grande Presidente Kim Il Sung e al Grande Leader Kim Jong Il» spiega Paolo Kang Ji Yong, Segretario Generale dell’Associazione Cattolica Nordcoreana, ricordando che la figura del papa e il suo carisma ha raggiunto anche questa nazione, tanto che Kim Jong Il ha invitato Giovanni Paolo II a visitare il Paese. L’ostacolo principale è che in Corea del Nord non esiste una Chiesa cattolica ufficialmente riconosciuta dal Vaticano, ma solo un’Associazione Cattolica Coreana, che viene vista alla stregua della Chiesa Patriottica Cinese. Proprio questo parallelismo potrebbe indurre Pechino a spingere perché Pyongyang accetti una presenza ecclesiale riconosciuta da Roma, in modo da tastare il terreno per un’eventuale accettazione, anche sul suolo cinese, della Chiesa cattolica.
In questo caso la Corea del Nord potrebbe essere un inaspettato trampolino di lancio per un nuovo impegno evangelizzatore nella Repubblica Popolare Cinese.

© Piergiorgio Pescali

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