Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Crisi nucleare nord coreano

La crisi nella penisola coreana sembra avviata alla soluzione. Dopo la disponibilità di Washington di ratificare il trattato di non belligeranza con la Corea del Nord in cambio della sospensione da parte di Pyongyang del programma di ricerca nucleare, il regime di Kim Jong Il ha fatto un ulteriore passo verso la distensione accettando di partecipare ai colloqui con la Corea del Sud in programma alla fine del mese. La crisi, iniziata “ufficialmente” il 16 ottobre scorso con l’annuncio del Nord di procedere con i propri piani nucleari nel sito di Yongbyon, ha però ben altre radici che affondano nelle dichiarazioni di Bush all’inizio del 2002, quando accusò la Corea del Nord di appoggiare il terrorismo. Giappone e Corea del Sud, i due stati alleati degli USA più direttamente coinvolti geograficamente, si discostarono dalle affermazioni di Washington, continuando il dialogo con Pyongyang. Più che di crisi della penisola coreana, sarebbe più appropriato parlare di crisi bilaterale tra Corea del Nord e USA. In base all’accordo nucleare del 1994, Corea del Sud, Giappone e USA avrebbero dovuto spartirsi la fetta di interventi di soccorso da inviare a Pyongyang: ai primi due erano lasciati gli aiuti alimentari, agli USA il rifornimento di 500.000 di tonnellate annue di combustibile fino all’entrata in funzione, prevista per il 2003, di due nuovi reattori nucleari tipo Ulchin da 1.000 MW ciascuno, costruiti dal KEDO (Korean Energy Development Organization), un consorzio formato da tecnici di dodici nazioni diverse. I ritardi nella costruzione delle due centrali (oggi si prevede entreranno in funzione solo nel 2007) non hanno convinto gli USA a continuare il rifornimento petrolifero, annunciando che questo sarebbe terminato alla metà del 2003. Da qui il ricatto nordcoreano, (nel testo ufficiale si legge che il programma nucleare «è l’unica alternativa possibile lasciataci dagli Stati Uniti») utilizzato come pretesto per convincere Washington a non interrompere l’afflusso di oro nero. Le divergenze politiche tra l’amministrazione Bush e i colleghi di Tokyo e Seoul, si sono evidenziate in settembre, con la storica stretta di mano tra Koizumi e Kim Jong Il e, in dicembre, con l’elezione da parte dei sudcoreani di Roh Moo-hyun, appoggiando così la prosecuzione della “sunshine policy”, la politica del dialogo tra le due Coree inaugurata da Kim Dae-jung. Anche dopo l’acuirsi delle tensioni, comunque, Giappone e Corea del Sud non hanno mai interrotto i ponti con Pyongyang; Seoul, in particolare, si è mostrata molto critica verso l’intransigenza di Washington e non ha mai rispettato appieno l’embargo imposto verso il Nord, continuando a spedire aiuti alimentari. La Corea del Nord, dopo il dissolvimento del COMECON, è stata devastata da una crisi economica aggravata da carestie costate la vita a centinaia di migliaia di persone (fonti indipendenti parlano anche di due milioni di morti su una popolazione di 23 milioni di abitanti). La scorsa estate il governo, su pressioni internazionali, ha deciso di procedere alla svalutazione dello won, scambiato oggi a 150 per un dollaro contro i 2,15 di giugno e di ampliare gli spazi di libero mercato già presenti nella sua economia socialista: i contadini possono oggi vendere i loro prodotti legalmente negli appositi mercati distrettuali, mentre le paghe sono commisurate alla produttività di ciascun lavoratore. Anche sul piano dei diritti umani il paese sta conoscendo una revisione, seppur ancora minima: diversi detenuti sono stati recentemente amnistiati, molti politici sono stati riabilitati e riammessi nel Partito, la libertà di movimento è facilitata, mentre le chiese hanno ricominciato ad accogliere fedeli. Sul fronte internazionale, Kim Jong Il è riuscito ad allacciare rapporti diplomatici con quasi tutti i paesi dell’Unione Europea e del Commonwealth (questa settimana la Comunità Europea ha elargito un aiuto di 9,5 milioni di Euro attraverso l’World Food Programme). Ma le divergenze tra città e campagna sono enormi e la forbice si è ulteriormente allargata dopo le riforme estive: mentre l’elite cittadina ha a disposizione negozi e supermercati riforniti di merci occidentali, nelle campagne gli spacci delle cooperative sono vuoti. Le tessere annonarie che ogni cittadino nordcoreano possiede, sono oramai inutili. I raccolti, l’anno scorso, sono stati ottimi, ma una grossa parte di essi è andata perduta perché la mancanza di mezzi meccanici, di parti di ricambio, di gasolio e di benzina, non ha permesso di trasportare le messi al riparo prima dell’arrivo delle piogge. Nelle industrie la situazione non è più rosea: i macchinari sono fermi per mancanza di elettricità e la produzione deve essere continuamente interrotta con evidenti scompensi nel ritmo lavorativo. E mentre le trattative procedono, i nordcoreani continuano ad aspettare...; aspettare che qualcuno si ricordi anche di loro, che stanno vivendo quello che Michael Ross, del WFP di New York ha definito essere “il disastro umano più politicizzato della storia.”

© Piergiorgio Pescali

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