Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa
FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Corea del Nord - Reportage (2004)

A Pyongyang la temperatura è scesa a meno nove gradi. E’ normale in questo periodo dell’anno, come è normale che a Jangjin, nella provincia di Hamgyong, duecento chilometri a nord della capitale, da dove sono tornato poche settimane fa, il termometro precipiti a venti gradi sotto zero. L’inverno in questa zona dell’Asia ti stritola nella sua morsa per sette-otto mesi l’anno; poi, quando finalmente la terra sgela permettendo alla zappa di scalfire il duro suolo, si lavora dodici-quindici ore al giorno. Il raccolto, negli anni migliori, basta appena per sopravvivere, ma oramai da un decennio nel distretto di Jangjin come nella maggior parte delle altre province del Paese, le messi non riescono a soddisfare le esigenze della popolazione. «Si sono accavallati contemporaneamente troppi fattori negativi» mi dice Kim Woon Keun, specialista agricolo del Korea Rural Economic Institute di Seoul, «Da una parte errori gestionali, crollo dell’economia socialista, investimenti a favore dell’industria pesante che hanno penalizzato l’agricoltura; dall’altra alluvioni, embarghi»
E così, giorno dopo giorno, i magazzini di Jangjin, di Wonsan, di Kanggye e di qualsiasi altra città nordcoreana tranne Pyongyang, si sono svuotati. Sono rimaste le briciole: tremila tonnellate di fronte ad un fabbisogno di 345.000. Tremila tonnellate che basteranno a sfamare solo centomila dei sei milioni e mezzo di nordcoreani (pari al 25% della popolazione) che sopravvivono grazie agli aiuti internazionali e che ha indotto Masood Hyder, responsabile del Programma Alimentare Mondiale per la Corea del Nord, a lanciare un drammatico appello affinché i Paesi ricchi intervengano ad aiutare non la Corea del Nord, ma il suo popolo. I primi a rispondere sono stati gli USA, Corea del Sud, Russia, Australia e Cina, ma le 77.000 tonnellate di grano, riso, farina, zucchero e biscotti ad alto contenuto di proteine promessi potranno arrivare solo alla fine di marzo. Nel frattempo bisognerà scegliere: gli 8.000 bambini rinchiusi negli orfanotrofi del Paese, 75.000 delle 300.000 madri incinte, 15.000 dei 700.000 anziani riceveranno la razione giornaliera di 500 grammi di alimenti. Gli altri, tra cui 2.700.000 bambini, soffriranno la fame. «La maggioranza sopravviverà» ha assicurato Hyder, «ma la malnutrizione influirà negativamente sullo sviluppo fisico dei bambini, già provati da anni di stenti e su quelli che nasceranno dalle madri deperite». Ma non è solo la fame a far tremare i nordcoreani; il freddo è ora il suo più fedele alleato. Lo sa bene Jon Yong-gyu, nella cui casa di Sunch’on ci fermiamo per un improvviso guasto meccanico. Il ceppo che brucia nella stufa è l’unica fonte di calore concessa alla famiglia. Il figlio più piccolo è stato ricoverato all’ospedale distrettuale per un inizio di assideramento aggravato dalla malnutrizione, mentre lui, la moglie, altre due figlie e la nonna si dividono una zuppa in cui navigano solitari chicchi di riso e mais frammisti a patate. «Abbiamo passato tempi ben peggiori» mormora Yong-gyu ricordando la carestia del 1996 quando furono costretti a mangiare radici bollite. La riforma agricola varata nel 2002 aumentando l’area coltivabile ad uso privato, ha lasciato ai singoli contadini la possibilità di vendere i prodotti nel mercato libero, ma l’aumento dei prezzi seguito al deprezzamento dello won impedisce alla maggioranza delle famiglie di comprare le eccedenze. Ed allora nelle zone di frontiera con la Cina, le donne vendono attraverso i fiumi Yalu e Tumen i loro prodotti ai cinesi, le une ben contente di ottenere yuan o dollari, gli altri di acquistare a prezzi stracciati prodotti di contrabbando. Per aumentare i profitti, i contrabbandieri hanno anche diversificato i loro prodotti, cominciando a portare oltrefrontiera uomini anziché merci. Ma tale commercio richiede conoscenze nell’Agenzia di Sicurezza, nel Ministero della Sicurezza Popolare e tra le guardie di frontiera, che guadagnano l’1% delle vendite, oppure 50-100 dollari per persona. «Far passare un nordcoreano in Cina per incontrare i parenti e poi farlo rientrare in Nord Corea costa tra i 2.000 ed i 3.000 dollari» afferma un religioso sudcoreano residente a Jilin che assiste questi transfughi.
E’ però vero che quest’anno l’emergenza non poteva giungere in un momento peggiore: le recenti vicende internazionali hanno opposto alla Corea del Nord altri “competitori” nella corsa agli aiuti quali Afghanistan e Iraq, mentre la crisi nucleare e l’ammissione di responsabilità nel rapimento di tredici cittadini giapponesi negli Anni Settanta, hanno portato Washington e Tokyo a inasprire il dialogo con Pyongyang. Koizumi ha, infatti, approvato una serie di misure restrittive nei confronti della potente comunità nordcoreana residente in Giappone, che garantiva al governo di Kim Jong Il il principale gettito di valuta pregiata, mentre Bush insiste nel non voler depennare la Corea del Nord dalla lista degli stati canaglia, specie dopo che lo scienziato pakistano Abdul Qadeer Khan ha affermato di aver divulgato nozioni tecnologiche basilari per la costruzione della bomba nucleare ai colleghi nordcoreani.
Con queste premesse i colloqui a sei in programma il prossimo 25 febbraio a Pechino non sembrano iniziare sotto buoni auspici.

© Piergiorgio Pescali

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