Fissione nucleare, fusione politica. Questa è l’arte di governo ideata da Kim Jong il, il Caro Leader della Corea del Nord. Sfruttando abilmente lo spauracchio atomico sventolato da Washington ammettendo il possesso di testate nucleari, Kim Jong Il ha spiazzato tutti i Paesi della regione. Che gli scienziati di Pyongyang siano in grado di elaborare un piano di sviluppo nucleare avanzato, è ormai fuori discussione. Può anche darsi che i generali delle Forze Armate nordcoreane siano riusciti a dotarsi di armi atomiche in grado di colpire il Giappone tramite i missili Taepo dong 2, ma la forza atomica del paese, a differenza di quanto propagandato dall’Amministrazione Bush, è assolutamente impotente nel riuscire ad affrontare una guerra a breve o a corto termine. A che pro, quindi, irritare il gigante americano che, a pochi chilometri dal 38° Parallelo, dispone di forze soverchianti dal punto di vista tecnologico appoggiati logisticamente da due delle maggiori potenze economiche mondiali (Giappone Sud Corea)? I mass media occidentali hanno continuamente descritto il leader nordcoreano succeduto alla guida del padre morto nel 1994, come un pazzoide alcolizzato e misogino. E se, invece, questa descrizione fosse completamente stravolta dalla realtà dei fatti? «Per salire i gradini del potere in un Paese come la Corea del Nord, non basta avere il pedigree di famiglia» afferma Noriyuki Suzuki, direttore di Radiopress, l’agenzia giapponese che monitorizza ed analizza tutti i dispacci e i comunicati ufficiali di Pyongyang, «La concorrenza al posto di Segretario Generale del Partito era spietata e sarebbe bastato un minimo passo falso perché Kim fosse spodestato. Un pazzo o un burocrate robotizzato non avrebbe certo potuto giocare le sue carte con oculata saggezza come ha fatto lui».
Sulla stessa linea è il parere di uno dei maggiori analisti sudcoreani del Nord, Lee Jong Suk dell’Istituto Sejong di Seoul: «Leggendo gli articoli dei mass media occidentali sembrava che si stesse giocando una partita a scacchi tra concorrenti a cui erano rimasti solo i pedoni e Kim Jong Il, che aveva a disposizione la Regina, le Torri, i Cavalli e gli Alfieri. In realtà la successione non è mai stata sicura. Il fatto che Jong Il sia riuscito a sconfiggere le opposizioni gioca a favore della sua abilità come politico.-
E’ comunque opinione di tutti gli osservatori che la Corea del Nord ha imboccato la via d’uscita dall’isolamento internazionale a cui era, volontariamente o no, relegata. Il principale catalizzatore di questa apertura è stata la carestia che per tre anni, dal 1995 al 1997, ha decimato i raccolti di grano e riso, ma non c’è dubbio che i segni premonitori del nuovo corso nordcoreano si erano già presentati mesi prima, con l’accordo nucleare con gli Stati Uniti nel 1994, che aveva garantito la fornitura di ingenti quantità di combustibile e la costruzione di nuovi reattori nucleari più moderni e sicuri.
Dalla firma di quel trattato, conclusosi poche settimane dopo la morte del padre, Kim Jong Il si è guadagnato sempre più la stima e la simpatia dei governi amici e non: ha allacciato relazioni con Giappone, Australia, Canada, Unione Europea e Sud Corea, riaperto l’ufficio di rappresentanza a Panmunjom, incontrato il Presidente sudcoreano Kim Dae-jung, organizzato gli incontri tra le famiglie divise dalla guerra e stretto la mano il premier giapponese Junichiro Koizumi. Ma la politica di apertura intrapresa alla fine degli anni 90 incontra tuttoggi la forte resistenza dei generali più anziani e dei veterani della guerra d’indipendenza nelle cui mani sono le redini del potere militare. E in un Paese dove il 30% del PIL è speso in campo bellico e la propaganda del regime è basata sulla contrapposizione tra “noi buoni e loro cattivi” è chiaro che non è possibile governare senza l’appoggio della gerontocrazia militare. Sviluppare la ricerca nucleare serve ai fautori della Nuova Politica Economica nordcoreana per acquietare da una parte i conservatori interni e all’esterno per costringere i Paesi amici-nemici Giappone e Sud Corea a appoggiare il governo di Kim Jong Il e le riforme liberali da lui adottate sin dal 2002. Inoltre, cosa importante per un Paese sempre in cerca di moneta forte, le conoscenze tecnologiche militari, apprezzate dalle capitali islamiche (e non) del Vicino Oriente, sempre in cerca di conferme del proprio prestigio internazionale, consentono a Pyongyang di disporre di una fonte praticamente inesauribile di merce di scambio per alimentare la propria economia. Che, in questi ultimi due anni, ha dato decisi segni di ripresa, con uno sviluppo del 4-6% annuo.
© Piergiorgio Pescali
S-21 - Nella prigione di Pol Pot
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