Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa
FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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I bombardamenti statunitensi del 1969 (1999) (I)I

Il 18 marzo 1969, poche settimane dopo che Washington e Phnom Penh avevano allacciato relazioni diplomatiche, iniziavano i bombardamenti “segreti” degli Stati Uniti sulla Cambogia per stanare i Viet Cong dai loro santuari appostati lungo il confine. Per quattordici lunghi mesi, i B-52 appartenenti ad un Paese straniero, lasciarono cadere tonnellate di esplosivo e napalm su villaggi che, formalmente, non facevano parte di una nazione in guerra con chi li bombardava. In quattordici mesi, decine di migliaia di persone, la stragrande maggioranza dei quali innocenti e inermi contadini, furono vittime di uno dei più inutili, criminali e vigliacchi atti di distruzione a cui la Storia abbia mai assistito. Inutili, perché anziché distruggere le basi “Charlie” e costringere i guerriglieri ad uscire allo scoperto, questi si spinsero sempre più all’interno della Cambogia nella speranza di evitare le bombe. Criminali, perché niente può giustificare la morte di civili in una guerra (e più le armi si fanno sofisticate e “intelligenti”, maggiore è la sproporzione tra le vittime civili - la stragrande maggioranza- e militari). Vigliacchi, perché chi seminava morte e distruzione, non doveva avere neppure il coraggio di guardare gli occhi di chi moriva a causa loro. Le bombe che innaffiavano le ridenti risaie cambogiane, si trasformarono in sementi per il minuscolo e pressoché inerme movimento di guerriglia locale, i semisconosciuti (allora) Khmer Rossi.
Alla fine degli anni ’70, erano solo duemila, tutti sotto la direzione del Partito dei Lavoratori della Repubblica Democratica del Vietnam e tutti inseriti con mansioni di gregari. L’esercito dei Khmer Rossi, nel 1969, quando iniziarono i bombardamenti, contava si e no qualche decina di guerriglieri dotati di vecchi fucili, retaggio della Seconda Guerra Mondiale e totalmente inadeguati alla lotta armata. Un anno dopo il movimento, a cui nel frattempo aveva dato il suo appoggio re Sihanouk, spodestato il 19 marzo da Lon Nol con l’aiuto della Cia, aveva ancora tremila unità, salite a diecimila entro la fine del 1970.
I bombardamenti, la cui segretezza era stata svelata ad un attonito Congresso, erano stati sospesi, ma la miccia comunista era stata accesa e nessuno era in grado oramai di spegnerla. Nel marzo 1973, la guerra si era allargata in tutta la Cambogia e il Pentagono decise di dare avvio ad una seconda campagna per estirpare il “cancro rosso”. La cura venne di nuovo fermata dal Congresso cinque mesi più tardi, ma nel frattempo erano cadute al suolo 250.000 tonnellate di esplosivo. E, badate bene, sulla terra di un paese che non era in guerra con gli Stati Uniti.
Fu durante questa seconda fase che i Khmer Rossi riuscirono a far fruttare tutta la loro potenza ideologica e politica. In breve tempo collettivizzarono tutti i territori liberati e già nel 1974, l’esercito governativo controllava solo le città più importanti sino a quando, il 17 aprile 1975, tutta la nazione cadde nelle mani di Saloth Sar, più tardi conosciuto col nome di Pol Pot. Pochi giorni prima, i cittadini di Phnom Penh, stremati e impauriti da una guerra imposta da stranieri, videro un elicottero atterrare sul tetto dell’ambasciata statunitense. Assieme a pochi eletti, vi salì anche l’ambasciatore John Gunther Dean. Tra le mani stringeva un fagotto piegato alla bell’è meglio: la Stars and Stripes. Era sventolata per la prima volta in una Cambogia relativamente felice, prospera e pacifica. La lasciava devastata, miserabile e con un futuro incerto: nessun cambogiano, allora, rimpianse la sua mancanza.

© Piergiorgio Pescali

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