Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Myanmar: la primavera del Myanmar


Il Myanmar, la nazione che fino al 1989 era ufficialmente chiamata Birmania, dopo cinquant’anni di dittatura militare, sta conoscendo un periodo di riforme politiche e sociali senza precedenti. Le elezioni del 7 novembre 2010, immediatamente seguite dal rilascio di Aung San Suu Kyi e dal ritiro dei due generali più intransigenti, Than Shwe e Maung Aye, hanno concesso spazi sempre maggiori alle riforme democratiche. Le perplessità di governi e associazioni che, almeno all’inizio, avevano accolto con riserva le aperture del neo primo ministro Thein Sein, sembrano meno incisive. La Lega Nazionale per la Democrazia, il partito fondato da Aung San Suu Kyi alla fine degli anni Ottanta, è stato legalizzato, riportando l’opposizione all’interno della vita politica birmana. La stessa Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel lontano 1991, è ora libera di viaggiare per l’intero paese e di partecipare alle elezioni suppletive che si terranno il prossimo aprile. Dopo anni di arresti domiciliari, avrà l’opportunità di entrare nel parlamento birmano e, come ha avuto modo di specificare lo stesso Thein Sein, di poter ricoprire una carica ufficiale all’interno del governo. A livello internazionale gli Stati Uniti hanno riallacciato i rapporti diplomatici con Nay Pyi Taw (la città che nel 2006 ha sostituito Yangon come capitale) e la stessa Hillary Clinton ha potuto abbracciare Aung San Suu Kyi e incontrare i vertici del governo. Al tempo stesso i legami con Pechino, strettissimi fino al 2010, si stanno allentando. Imprese giapponesi, sudcoreane, thailandesi, singaporeane, ma soprattutto indiane, stanno siglando appalti di milioni di dollari per la costruzione di infrastrutture e per sfruttare il ricchissimo sottosuolo birmano. Le ditte europee e statunitensi, tenute lontano dal paese da un embargo economico voluto per indebolire il regime militare, sono già pronte a inondare il Myanmar con i loro progetti. La francese Total, una delle pochissime aziende della Comunità Europea che, sfidando le sanzioni, ha sempre investito nella nazione asiatica, sta preparando un piano di ampliamento che sfrutti i ricchi giacimenti di idrocarburi offshore. La Chiesa cattolica, nella voce dell’arcivescovo di Yangon, mons. Charles Bo, si è sempre opposta all’isolamento economico e politico imposto dai governi occidentali al Myanmar in quanto non avrebbe fatto altro che spingere i militari nelle braccia della Cina. Alla luce dei fatti, la posizione dell’arcivescovo si è dimostrata lungimirante. Pechino ha trasformato il vicino in una sorta di serbatoio da cui prelevare pietre preziose, legname, energia per alimentare la propria crescita economica, dando ben poco in cambio. Alla primavera politica birmana, però, non è ancora seguita una rinascita sociale ed economica, anche se nelle principali città stanno sorgendo cantieri. Le strutture sociali pubbliche, quando ci sono, sono spesso fatiscenti e solo alcune organizzazioni umanitarie hanno il permesso di sopperire alla loro mancanza. Ci sono prove che, persino durante la fase di aiuti umanitari succeduta al tifone Nargis, le ONG per poter intervenire nelle regioni più colpite, dovevano pagare tangenti alle amministrazioni locali. Inoltre le nazionalità etniche non birmane (il 32% della popolazione) stanno faticosamente cercando una loro autonomia che possa preservare le tradizioni, lingue, culture, religioni. Ci si aspetta molto da questo nuovo corso sociale e politico e, se Aung San Suu Kyi verrà eletta, sarà chiamata a mantenere fede alle sue promesse di sviluppo, democrazia e di rispetto delle minoranze etniche fatte durante la sua prigionia. Nel frattempo le agenzie turistiche stanno promuovendo il Myanmar come nuova destinazione e si stanno costruendo mega strutture che ben poco si adattano all’ambiente e alla cultura locale. La devastazione del turismo di massa già operata in Thailandia, Cambogia e Vietnam rischia di stravolgere il delicato equilibrio birmano. I siti archeologici di Bagan e di Mrauk U, magnifici quanto delicati, non riuscirebbero a sopportare l’afflusso di bande di turisti interessati più alle comodità dell’albergo di lusso, piuttosto che alla storia delle pietre. Inoltre, se lo sviluppo economico non riuscirà a soddisfare i bisogni primari della popolazione, nel paese si rischierà di assistere alla decadenza civile e morale a cui sono piombate le nazioni vicine.


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