Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Giappone - Terremoto Marzo 2011 - Matsushima, l'arcipelago cantato da Basho, colpito dallo tsunami

L’arcipelago di Matsushima, sulla costa di Sendai, è una delle regioni più famose del Giappone non solo per la sua bellezza, ma anche per i rimandi poetici che le sue isole destano nell’animo dei giapponesi. Fu il poeta Matsuo Basho, vissuto nel XVII secolo, a celebrare in soli tre versi la bellezza di questa regione: Matsushima ya, Aa Matsushima ya, Matsushima ya. Nulla più poteva essere detto sulla bellezza di questo arcipelago se non continuando a ripeterne il nome. E’ uno degli haiku più famosi del poeta, che ricordò la sua visita a Matsushima nel diario Una stretta strada nel profondo Nord. Ma fu anche il filosofo confuciano Hayashi Razan, che nel 1643 incluse Matsushima in una delle Tre Vedute del Giappone, una lista dei tre posti che, secondo lui, costituivano l’essenza della nazione (le altre due vedute sono Amanohashidate, nella prefettura di Kyoto e Itsukushima, nella prefettura di Hiroshima). Oggi l’arcipelago rimane uno dei posti più visitati del Giappone. Ogni anno milioni di turisti raggiungono la prefettura di Miyagi per salire su una delle barche che effettua il giro attraverso le sue isolette disabitate e minuscole o per rilassarsi al tempio zen di Zuigan-ji, vecchio di mille anni. I cultori della cerimonia del tè rimangono estasiati dal Kanran-tei, la più grande sala da te in stile Momoyama, dove si può ancora sorseggiare una tazza dell’infuso di camellia sinesis.
Il nome Matsushima deriva dal sostantivo matsu, pino, e shima, isola: isola dei pini, quindi, perché molte delle 260 isole che costellano il mare circostante, sono ricoperte da questi alberi.
Ma Matsushima non infonde solo positività nell’animo dei giapponesi. Una leggenda narra che percorrendo il lungo ponte che collega la terraferma all’isoletta di Fukura assieme al proprio amore, il rapporto si interromperà. Devono aver pensato a questa leggenda gli abitanti del luogo quando lo tsunami ha definitivamente interrotto l’idillio che esisteva con Madre Natura. Un amore che aveva permesso ai locali di raggiungere una certa agiatezza economica, offrendo ai turisti souvenirs, vitto e alloggio, percorsi turistici tematici.
Lo tsunami che l’11 marzo ha colpito le coste settentrionali del Giappone, ha rischiato di ridisegnare la geografia del luogo. La natura che, con la matita dell’energia, rimodella ciò che lei stessa ha scolpito in miglia di anni. Basho, innamorato e culture della natura, non se ne sarebbe doluto. Dopotutto l’uomo non fa altro che ammirare e trarre ispirazione da ciò che il ciclo del creato ha generato e trasforma in continuazione.

© Piergiorgio Pescali

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