Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Corea del Nord: il 38° parallelo (25 maggio 2010)

Il 27 luglio 1953, nel piccolo villaggio di Panmunjom, rappresentanti delle Nazioni Unite e della Corea del Nord siglarono un armistizio che pose fine a tre anni di combattimenti. L’esercito di Pyongyang, appoggiato dalla Cina, era stato ad un passo nel conquistare l’intera penisola coreana e solo l’intervento degli Stati Uniti sotto l’egida dell’ONU, aveva evitato in extremis il tracollo dell’alleato sudcoreano. Da quel giorno di cinquantasette anni fa, 65 milioni di coreani sono divisi dall’ultimo residuo della cortina di ferro esistente al mondo, il 38° Parallelo, lungo il quale, per duecentocinquanta chilometri, si dipana una striscia di terreno larga quattro chilometri: la Zona Demilitarizzata (ZDM). Non un confine, ma una linea di armistizio che divide due nazioni formalmente ancora in guerra. A nord di questa linea si estende un Paese ancora socialista, seppur in profondo e veloce cambiamento, come testimoniano i nuovi quartieri colorati a pastello di Pyongyang e i sempre più numerosi cantieri edili di ditte sudcoreane che rimodellano l’architettura del Paese. Persino l’impenetrabile linea di armistizio non è più quel muro invalicabile che era solo dieci anni fa. Lentamente, ma con frequenza sempre maggiore, si stanno aprendo passaggi che permettono, in forme diverse, contatti tra nord e sud coreani. A Kaesong è sorto un complesso industriale organizzato dalla Hyundai, il cui fondatore era nato in Corea del Nord, che occupa trentaseimila nordcoreani e dove operai specializzati guadagnano tre volte quanto intasca un loro collega impiegato nelle industrie di stato, mentre poco lontano, la linea ferroviaria Donghae Bukbu ha visto passare nel 2007 il primo treno che congiungeva il Nord al Sud. A transitare, allora, furono solo le merci, ma Park Joo-chan, dirigente nordcoreano che lavora nel parco industriale di Kaesong, si dice sicuro che presto potranno passare anche passeggeri. Come, del resto, già avviene a Kumgangsan, la regione considerata una perla dell’intera penisola coreana e fino al 1998 proibita ai cittadini del sud. Da allora, grazie ad un progetto di cooperazione tra i governi di Pyongyang e Seoul e l’onnipresente Hyundai, più di un milione di sudcoreani hanno potuto attraversare il 38° parallelo per godersi i magnifici panorami delle montagne circostanti.
Ma accanto a esempi di collaborazione, non mancano gli attriti che frenano il dialogo tra le due Coree. Il 38° parallelo non ha separato solo una nazione, ma ha frammentando anche famiglie. «Ho visto mio nipote crescere nelle fotografie» mi dice Rhee Kyon, una nonna nordcoreana che solo nel 2006 ha potuto riabbracciare sua figlia grazie al riavvicinamento tra i due Paesi; «Quando l’ho incontrato per la prima volta non siamo riusciti a dire una sola parola. Abbiamo pianto tutto il tempo abbracciati».
La competizione tra Nord e Sud, oggi di nuovo rilanciata dalle dichiarazioni belliche di Pyongyang, a Panmunjom è visibile chiaramente negli edifici che si fronteggiano lungo la linea di demarcazione: la Corea del Sud ha costruito un padiglione di osservazione turistica? La Corea del Nord ne ha subito completato uno più ampio e alto. La bandiera di Seoul sventola a 98 metri dal suolo? Ecco che Pyongyang fa sventolare la sua a 160 metri. Dal canto loro i tours organizzati dalle agenzie sudcoreane verso la ZDM, sono intrisi di retorica, alimentata dai quattro tunnel nordcoreani scoperti tra il 1974 e il 1990, che avrebbero dovuto infiltrare soldati di Pyongyang nel sud.
La striscia di cemento e, ancor più, il muro che impedisce la libera circolazione tra le due nazioni, costituiscono la testimonianza visiva del supplizio che sta vivendo il popolo coreano. Solo quando Panmunjom costituirà una mera attrattiva turistica del passato, i coreani potranno affermare di aver conquistato la loro piena indipendenza e libertà.

© Piergiorgio Pescali

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