Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Osama bin Laden (II)

Osama bin Laden, il principale indiziato per la serie di attacchi subiti martedì dagli Stati Uniti ha negato ogni responsabilità in una dichiarazione rilasciata al giornale pakistano Dharb-i-Mumin, vicinissimo ai Taleban e spesso da loro utilizzato come organo ufficiale per i loro comunicati al mondo esterno. Osama bin Laden è nato nel 1957 in Arabia Saudita. La sua carriera militare inizia nel 1979, quando aderisce al movimento dei muhahedeen afgani contro l’Armata Rossa. Con l’aiuto degli Stati Uniti, della CIA e del Pakistan, costituisce una formazione militare composta esclusivamente da arabi che lottano in nome della jihad. E’ il primo nucleo di quella che, anni dopo diventerà il gruppo noto come al-Qa’ida, la Base, responsabile secondo Washington degli attentati a obiettivi militari e diplomatici in Africa e Medio Oriente. Dopo una serie di successi militari contro i sovietici, Osama bin Laden torna in Arabia Saudita, dove inizia a denunciare la corruzione politica, finanziaria e religiosa della cara reale. La definitiva rottura con il mondo occidentale e con il regime di re Fahd, avviene nel 1990, quando Riyad acconsente alle truppe alleate di stanziarsi in Arabia Saudita per lanciare i loro attacchi contro l’Iraq. Non che bin Laden appoggiasse Saddam Hussein, che, anzi, annovera come uno dei suoi nemici, ma il dispiegamento di una forza militare straniera in territorio islamico per attaccare altre popolazioni musulmane, viene vista come un tradimento religioso imperdonabile. Così, nel 1991, è costretto a fuggire in Sudan assieme ad un gruppo di fedelissimi reduci dalla guerra dell’Afghanistan, i cosiddetti Arabi Afgani. In Sudan riorganizza il suo impero economico, commercia con Paesi Europei, tra cui l’Italia. Per la sua inflessibile denuncia alla famiglia reale saudita, perde il passaporto e, nel maggio 1996, dopo essere stato il principale artefice finanziario della vittoria Taleban, si trasferisce in Afghanistan da dove lancia la sua fatwa antiamericana. Oggi bin Laden vive nei pressi di Kandahar, nel sud del paese, protetto dal Mullah Omar, il capo dei Taleban di cui ha sposato una sorella. In Afghanistan Osama gestisce diversi campi di addestramento interdetti perfino ai Taleban in cui vengono istruiti elementi destinati chi a combattere contro l’opposizione afghana di Massud, chi a esportare la jihad nel mondo. Da questi “non luoghi”, veri e propri stati nello stato, sarebbero stati organizzati i più spettacolari attacchi contro basi militari e diplomatiche americane: le esplosioni alle ambasciate USA di Kenia e Tanzania nel 1998, che causarono 224 morti e quello più recente del 12 ottobre 2000 contro la nave da guerra Cole. Nonostante l’FBI abbia posto sulla testa di bin Laden una taglia di 5 milioni di dollari e il Pentagono abbia condotto diversi raids aerei in territorio afgano con la speranza di colpirlo, Osama rimane una primula rossa. Fino ad oggi le pressioni sul governo di Kabul per consegnare il miliardario saudita agli USA, sono cadute nel vuoto: «Osama è già stato processato da una corte islamica che non ha trovato alcuna prova a suo carico. Nel caso trovassimo prove convincenti che lo condannino, siamo pronti a consegnare Osama bin Laden ad un tribunale che comprenda membri graditi anche all'Occidente.» mi ha detto il Mullah Omar in un’intervista esclusiva rilasciata a Kandahar in luglio.

© Piergiorgio Pescali

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