Vista dall’esterno, la giunta militare birmane appare come un monolite solido e inattaccabile, ma la realtà è ben diversa. Oggi al vertice dalla SPDC c’è quel generale Than Shwe che, partendo da un posto pubblico nelle poste birmane, è riuscito a mettere da parte prima Ne Win, padre padrone del paese dal 1962 fino al 2002 e poi Khin Nyun, considerato uno dei pochi militari illuminati in grado di traghettare il Myanmar verso la democrazia. Settantotto anni, Than Shwe è Presidente dell’SPDC e Comandante delle Forze Armate, ma è anche colui che ha spazzato via l’ala filocinese a favore di quella filoindiana. Nonostante le sua apparizioni televisive cerchino di nascondere la paralisi al braccio dovuta a diversi attacchi di ischemia, è a tutti chiaro che le sue condizioni di salute e, forse, anche quelle mentali, sono compromesse. In un suo discorso ha farfugliato che prima di morire non vuole vedere più una faccia bianca nel Myanmar. Il suo vice, Maung Aye è il possibile successore di Than Shwe, ma il vizio di bere ha reso il suo fisico debole. Xenofobo, crudele, Maung Aye, oltre ad essere contrario ad ogni dialogo con Aung San Suu Kyi, è stato l’artefice degli accordi con i signori della droga in cambio di una pace con le diverse etnie. Il più giovane tra i militari al vertice è l’attuale Primo Ministro Soe Win, 63 anni, da molti considerato il mandante dell’attacco che nel 2003 ha cercato di uccidere Aung San Suu Kyi. E’ stato ancora Soe Win a comandare la divisione di fanteria responsabile del trucidamento di centinaia di studenti nel 1988. Insomma, è lui che si sporca le mani. Malato (forse di leucemia), Soe Win sarebbe stato recentemente scavalcato nella scala gerarchica da Shwe Mann e Thein Sein, filocinesi e moderati, che non hanno però ancora consolidato le loro posizioni. Sono in molti tra i militari, ad aspettare la morte di Than Shwe. E’ la sua presenza, infatti, che impedisce ogni cambiamento. La nuova generazione di generali, più moderata e incline al compromesso, è pronta a prendere le redini del potere per poi condividerlo con l’opposizione.
© Piergiorgio Pescali
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