Cominciamo col dire che sin dal 7 gennaio 1979, giorno in cui le truppe vietnamite raggiunsero Phnom Penh e insediarono il nuovo governo di Heng Samrin e Hun Sen, Pol Pot non è mai stato una minaccia per la Cambogia. I Khmer Rossi, per la prima volta nella loro storia, necessitavano dell’aiuto che il mondo occidentale stava offrendo. La possibilità di tornare al potere da soli era per loro cosa assai remota, come si può leggere negli stessi documenti emanati dall’ “Ufficio 87” (alias il Comitato Centrale del PKD) nel 1980 in cui si dice (traduco letteralmente dall’originale che ho davanti a me) “un ritorno del nostro governo a Phnom Penh sarà subordinato ad un’alleanza con il Principe Sihanouk e questa includerà la stretta sorveglianza da parte di una Commissione Internazionale. Firmato Grandfather 87 (cioè Pol Pot)”. Mi chiede se “alla luce dei fatti odierni i Khmer Rossi siano finiti”: ne deduco che anche lei continua ad associare il gruppo a Pol Pot. La sua morte (politica o fisica che sia) li trascinerebbe nella tomba? Non penso. Il movimento dei KR è nato con uomini come Hu Nim, Hou Youn, Khieu Samphan dotati di alto livello morale e intellettuale la cui idea, quella sì, maoista della rivoluzione intesa come continuo rapporto con le masse contadine, era stata brutalmente prevaricata dalla visione polpottiana di una società intellettualmente povera e primitiva senza che esistessero le basi per la sua costruzione. Ma i valori e le tesi dei tre teorici sono più che mai valide nella Cambogia odierna, che riserba ancora stima e simpatia a Khieu Samphan. Con chi si schiereranno gli ex KR? Non lo posso dire. Sicuramente non con Hun Sen che è colui che della morte di Pol Pot accusa il maggior colpo perdente della sua carriera di doppiogiochista. E’ questo il paradosso a cui assistiamo: la morte di Pol Pot trascina con sé il suo nemico peggiore. Ed è forse questo il motivo per cui la Sinistra dovrebbe esultare e, ora più che mai, guardare con attenzione il corso “legalitario” Khmer Rosso.
© Piergiorgio Pescali
S-21 - Nella prigione di Pol Pot
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