Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

INDOCINA - Un libro, una saggio, una guida per chi vuole approfondire

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Elezioni in Bhutan - 24 Marzo 2008

Il 24 marzo, anche il Bhutan entrerà nel novero delle democrazie mondiali. Almeno nominalmente. A dare l’annuncio è stato l’attuale re ventisettenne, Jigme Keshar Namgyal Wangchuck, ma a deciderne la data sono state le stelle e i pianeti. Sono stati infatti i quattro astrologi della corte reale che, scrutando il cosmo, hanno indicato al re, laureato ad Oxford, il giorno fausto perché il piccolo regno himalayano apra le porte alla sovranità popolare. Questa commistione di superstizione e di modernità, è la base su cui i bhutanesi vogliono costruire il loro futuro. Per secoli il Bhutan si è isolato dal mondo esterno, coltivando gelosamente le proprie culture e tradizioni. Solo a partire dal 1961, il re Jigme Singye Wangchuck, padre dell’attuale monarca, iniziò una politica di lenta, ma costante, modernizzazione segnata dall’introduzione di un sistema monetario, dell’elettrificazione di alcune aree attorno alla capitale Thimpu sino ad arrivare, nel 1974, ad accogliere i primi turisti e nel 1999 ad accendere il primo apparecchio televisivo nel Paese. L’ultimo passo di questa politica di adeguamento ai tempi moderni, sono le elezioni di marzo. Per “istruire” i bhutanesi alla democrazia in veste occidentale (un uomo un voto), un concetto astratto a molte culture asiatiche, lo scorso 21 aprile 2007 si sono indette consultazioni fasulle. Quattro partiti fittizi, con nomi che richiamavano il simbolo del Bhutan, il Drago Tuonante, identificati da diversi colori, si sono dati battaglia nei seggi elettorali. Non si può dire sia stato un successo: solo 125.000 persone, il 28% degli aventi diritto al voto, hanno posto la loro scheda nelle urne. Ed il vincitore è risultato essere il partito del Giallo Dragone Tonante che, oltre ad esporre il colore della casa regnante, aveva come motto “cultura e tradizione”. Nelle elezioni “vere”, quelle del 24 marzo, si affronteranno due partiti: il progressista Partito Democratico Popolare (PDP) e il conservatore Partito dell’Armonia, formato dall’unione del Partito di Unità Popolare e dal Partito del Popolo, dato per superfavorito e guidato dal Primo Ministro Khandu Wangchuck. In seguito i delegati eletti renderanno l’Assemblea Nazionale il massimo organo esecutivo del Paese, ridimensionando il ruolo del sovrano. Ma basteranno queste votazioni per rendere il Bhutan democratico? Il regno, in nome della salvaguardia della religione buddista e della tradizione nazionale, ha creato un sistema xenofobo e intollerante. Un bhutanese su sette vive rifugiato in Nepal o in India da quando, alla fine degli anni Settanta, re Jigme obbligò l’etnia di origine nepalese Lhotshampa a vestire l’abito nazionale, il Drukpa bakkhoo, a parlare il dzongkha, il dialetto delle popolazioni settentrionali e a convertirsi alla religione nazionale. La campagna “Una nazione, un popolo”, assieme al concetto di Felicità Interna Lorda inventato dallo stesso sovrano per rimpiazzare l’indice di benessere economico Prodotto Interno Lordo, estraneo ai valori locali, non ammettevano diversità di vedute oltre a quella bhutanese. La democratizzazione, secondo molti osservatori, servirà anche per permettere alla casa regnante di trasferire lo scottante problema dei profughi all’Assemblea Nazionale. Ma il Parlamento dovrà anche fronteggiare la crisi in atto con la Cina, con cui il Bhutan non ha rapporti diplomatici. Ultimamente truppe cinesi sono sconfinate nel regno e, da qui, nella regione indiana dell’Arunachal Pradesh, reclamata da Pechino. L’India, unico Paese regionale con cui il Bhutan ha relazioni economiche e diplomatiche, ha recentemente siglato nuovi accordi militari con Thimpu, scatenando le ire della Cina. Il mantenimento dell’equidistanza tra i due colossi sarà il principale compito che il nuovo governo dovrà porsi. Un ulteriore avvicinamento all’India, renderebbe la Cina più pericolosa. E in questo gioco d’equilibrismo non serviranno gli indovini di corte.

© Piergiorgio Pescali

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