Un gruppo
di turisti osserva disorientato il grande edificio sulla Rittesstrasse, di
fronte alla chiesa di san Niccolò, a Lipsia. La bianca facciata è occupata da
un museo dell’antichità ed i tavolini di un caffè occupano l’intero atrio
antistante l’entrata. Una semplice lapide indica che in questo luogo, il 22
maggio 1813, venne alla luce Richard Wagner. La casa natale del grande
compositore venne distrutta nel 1886, risparmiando alla Germania post nazista
la scomoda responsabilità culturale di demolire l’ennesimo monumento storico
che collegasse il proprio passato ad Hitler. Il festival di Bayreuth, dedicato
all’artista sassone e che molti dopo la guerra chiesero di abolire, fu tenuto
in vita solo grazie alla volontà dei discendenti della famiglia Wagner, i quali
non nascosero mai le loro simpatie per l’ideologia
nazionalsocialista.
La famiglia
del piccolo Richard, dopo la morte del padre e il nuovo matrimonio della madre
con l’attore Ludwig Geyer, lasciò Lipsia nel 1816 per trasferirsi a Dresda. I
tenui legami tra il musicista e Lipsia non furono mai propagandati dai comitati
cittadini; le guide redatte dall’ufficio turistico locale accennavano raramente
ed in pochissime righe, la natalità di Wagner preferendo insistere su altri
personaggi illustri che spesero parte dei loro anni in città. Bach, Goethe,
Mendelssohn, Schumann divennero i “testimonials” della rinascita lipsiana dopo
l’assorbimento della Germania Est in quella dell’Ovest.
Il
duecentesimo anniversario della nascita di Richard Wagner era, però,
un’occasione troppo allettante per lasciarsela sfuggire. Del resto la figura
del personaggio, assolutamente da dimenticare in veste da pensatore ed ideologo
antiebraico e come tale ripresa dal nazismo, musicalmente non è mai stata messa
in discussione.
Sei mesi dopo
la natività di Richard, a qualche centinaia di metri di distanza dalla casa
paterna, tra il 16 ed il 19 ottobre 1813, un altro evento, di portata ben più
ampia, scosse le fondamenta della storia europea. In quella che venne
tramandata ai posteri come la Battaglia delle Nazioni, Napoleone Bonaparte
venne sconfitto da una eterogenea coalizione militare che pose fine ai piani di
dominio ideati dal generale francese.
Questi due
eventi cronologicamente concomitanti tra loro, rappresentano i principali
eventi culturali che caratterizzeranno il 2013 di Lipsia.
Ma Lipsia,
oltre che per la riscoperta di Wagner e la Battaglia delle Nazioni, ricordata
da un orrendo monumento megalitico inaugurato il 18 ottobre 1913, offre ben
altro anche se, come afferma la guida turistica Anna Maria Petrasch «la vicinanza di città più note
internazionalmente, come Dresda e Weimar, ha eclissato le potenzialità di
Lipsia». E’ comunque vero che la città, anche senza cercare anniversari
posticci, riesce a proporre numerose possibilità di svago e, soprattutto, di
sviluppo culturale.
Dall’alto
del City-Hochaus, Steffi Gretschel, dell’ufficio turistico cittadino, mi indica
un gruppo di edifici industriali ristrutturati sulla Karl-Heine Strasse: «La vita culturale di Lipsia sta rinascendo
in quel quartiere, dove si ritrovano artisti internazionali».
Ci vado la
sera, quando le luci dei bar e delle gallerie si stanno accendendo. Una serie
di capannoni, utilizzati come industrie meccaniche durante il periodo della
DDR, sono stati occupati da comunità di ragazzi provenienti dai Lander
occidentali. In questi ambienti, ristrutturati alla bell’è meglio nascono e si
sviluppano nuove idee, nuove proposte alcune delle quali trovano spazio al
nuovissimo Museo di Belle Arti, altre in ambienti meno formali come piazze,
centri sociali, biblioteche, pubs. Sono opere di artisti che si sono formati
principalmente all’Accademia delle Arti Visive, da cui sono esplosi pittori
come Neo Rauch e Martin Kobe.
Forse è
proprio la presenza di città più famose, come le già citate Weimar e Dresda, ad
aver permesso la coltivazione di un humus culturale così vivace. Infatti, se a
Dresda e Weimar si respira un’aria di snobismo e di compassata cultura, a
Lipsia la “sottocultura” ha permesso il fiorire di una popolarità più diretta e
meno artificiale che durante il periodo della DDR era stata repressa. Non è
forse un caso che i gemelli Kaulitz, dei Tokio Hotel, siano di Lipsia.
Lipsia,
almeno sino ad ora, è una delle poche città tedesche dove lo sfruttamento
immobiliare non ha ancora immobilizzato la vita culturale alternativa. I prezzi
degli appartamenti, seppur in continua ascesa, sono accessibili e la vicinanza
con Berlino, ad appena due ore di treno («due
ore tedesche, non italiane» tiene a precisare Helga, una ragazza che ha
studiato al DAMS di Bologna), permette un discreto pendolarismo.
In una
decina d’anni dal crollo della DDR (1989), Lipsia ha perso circa 100.000
abitanti, oltre che quasi tutte le industrie, lasciando circa 38.000
appartamenti vuoti, in particolare nelle zone periferiche. «Secondo un recente sondaggio dell’Unione Europea, Lipsia è al primo
posto in Europa per facilità nel trovare un alloggio ad un prezzo accessibile
per tutti gli strati sociali della popolazione» afferma Sigmund Kabish, del
Dipartimento di Sociologia Urbana dell’Università di Lipsia, il quale aggiunge
che il 90% dei lipsiani si dichiara soddisfatto della qualità di vita.
Questo
benessere ha portato la città a conoscere un nuovo rinascimento demografico:
nel primo decennio di questo nuovo secolo, la popolazione è aumentata sino a
raggiungere i 530.000 abitanti. Ma l’incremento urbano non è stato accompagnato
da una parallela disponibilità di posti di lavoro. «Nonostante compagnie come la Porsche e la BMW abbiano aperto a Lipsia
propri stabilimenti ultramoderni, la disoccupazione reale raggiunge il 20%» dichiara Jorg
Krause, del sindacato IG Metall. Inoltre, il comune di Lipsia ha accumulato
debiti per 700 milioni di euro, anche se, come spiega il sindaco Burkhard Jung,
«negli ultimi sei anni siamo riusciti a
ridurre il debito di 250 milioni di euro». Ecco perché la metropoli tedesca
ha bisogno di ogni iniziativa per attrarre turisti e investitori.
Uno dei
progetti che hanno suscitato più interesse è la rinascita dell’università, la
seconda più antica della Germania. Nonostante i suoi seicento anni di età,
l’ateneo lipsiano attrae ben 37.000 studenti suddivisi in quattordici facoltà e
vanta studenti come Wagner, Telemann, Schumann, Goethe (che per la verità
preferiva passare le sue giornate all’Auerbachs Keller, ancora oggi meta dei
fans dello scrittore). I gemellaggi con Bologna e Cracovia testimoniano l’interesse
mostrato per una cultura al di fuori degli stereotipi sociali.
Lo stesso
edificio del nuovo campus universitario è indice di questa varietà di pensiero.
Sorto in Augustusplatz, di fianco al City-Hochaus e alla semiclassicheggiante
Opera House, la costruzione ricorda in modo moderno la chiesa di San Paolo
costruita nel XIII secolo e demolita nel 1968 nonostante le proteste dei
cittadini. «Il recupero della forma
adattandola alla modernità dei tempi è stato il nostro obiettivo» dice il
professor Rudolf Hiller von Gaertingen, storico dell’arte e ideatore del
progetto contestato nel 2011 dagli studenti per l’impegno economico sborsato
dall’università.
La
realizzazione del nuovo campus dimostra quanto la cittadinanza di Lipsia sia
protesa verso il futuro più di altre comunità. E’ qui, a Lipsia, e non a
Berlino, come si tende a credere, che è iniziata la distruzione del Muro.
Sin dal 4
settembre 1989, con la collaborazione della Chiesa Luterana, migliaia di
dimostranti cominciarono a scendere in piazza ogni lunedì al grido di “Wir sind
das Volk!” (“Noi siamo il popolo”). Il 23 ottobre i dimostranti salirono a
320.000; il 9 novembre il Muro cominciò a sgretolarsi.
Il luogo
dove tutto ebbe inizio è la chiesa di San Nicola, dove il pastore Christian
Fuhrer dal 1982 ogni lunedì teneva le Preghiera per la Pace. «Tutto ebbe inizio in modo spontaneo»
ricorda Fuhrer, «il 19 febbraio 1988 in
chiesa lessi una mia riflessione sulle condizioni di vita nella DDR. Quella
meditazione venne utilizzata da alcuni cittadini per organizzare un movimento
di protesta contro Honecker che si allargò in modo esponenziale l’anno seguente».
Nella sede
della Stasi, in quello che, per evitare di pronunciarne il nome, i lipsiani
chiamavano ironicamente “L’angolo arrotondato”, un collettivo di cittadini, noto come Comitato Cittadino, gestisce
il museo e l’archivio dove sono conservati migliaia di documenti e biografie di
cittadini, dirigenti, oppositori. «Solo a
Lipsia sono stati schedati 100.000 cittadini» dichiara Hannah, del
Comitato, «I documenti personali possono
essere visionati da chiunque ne faccia richiesta. Spesso si scoprono che amici
intimi o addirittura parenti, erano informatori della Stasi».
Steffi
Gretschel, ricorda che appena caduto il Muro, suo padre prese la famiglia in
auto e fecero un lunghissimo viaggio attraverso la Germania Ovest: «Ricordo solo lunghe ore a bordo della
piccola auto: A mio padre piaceva guidare e prese l’occasione per sfogare
questa sua passione».
Se la
maggioranza dei lipsiani non rimpiange il periodo della DDR, un altrettanto
cospicua fetta di loro rivaluta il sistema sociale, in particolare quello
scolastico e sanitario: «Lipsia era forse
un’isola felice nella DDR: a causa della fiera internazionale, potevamo vedere
alla televisione programmi della Germania Ovest, oltre che quelli
cecoslovacchi, polacchi ed austriaci» conferma Anna Maria Petrasch; «Non avevamo disoccupazione e, sebbene non
vivessimo nel lusso, nessuno poteva dire di non mangiare a sufficienza».
Oggi la
Lipsia degli anni Settanta, Settanta e Ottanta si è eclissata: rimangono solo i
negozi “Ostalgie” (da Ost, est e Nostalgie, nostalgia), dove vengono venduti
prodotti che ricordano la DDR, frequentati più da turisti che da nostalgici.
Come
afferma Werner Gross, un giovane artista incontrato alla galleria Eigen+Art, «Nonostante si parli di una sola Germania, i
tedeschi continuano a considerare la nazione ancora in termini di Est ed Ovest».
Chiedo, a
lui che è di Dresda, se porrebbe Lipsia ad Est o ad Ovest: «Dresda di sicuro ad est, Lipsia… è una sorta di Berlino del sud».
Copyright ©Piergiorgio Pescali
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