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Nuovo
monito dell’Onu nei confronti della Corea del Nord invitata ad
astenersi da “ulteriori misure provocatorie”. Ieri Seul ha
affermato che non è “imminente” un test nucleare di Pyongyang,
mentre sembra certo il ritiro di tutti i lavoratori nordcoreani –
oltre 53mila - dall’aerea industriale di Kaesong. Sarebbero 13 le
aziende sudcoreane che hanno già fermato le loro attività. Intanto
il presidente russo Putin ha sottolineato che c’è un rischio
nucleare ed ha detto di essere preoccupato per l'escalation della
situazione. Un Paese in preda all’isolamento, governato da un
leader giovanissimo, Kim Jong-un, diviso tra una formazione
occidentale ed un entourage di generali del vecchio regime. Salvatore
Sabatino ne ha parlato con Piergiorgio Pescali, uno dei pochi
giornalisti che dal 1996 ha accesso alla Corea del Nord:
R. –
Lui ha studiato in Svizzera, conosce le regole del mercato mondiale e
anche del mercato capitalista e vuole inserire parte di queste regole
all’interno della società nord-coreana. Parzialmente c’è già
riuscito.
D.
– Partendo da questi presupposti, ci troviamo di fronte ad un
leader piuttosto moderno, eppure in questi giorni la Corea del Nord
sta vivendo una fase molto complicata a livello internazionale
proprio perché minaccia il mondo con questo attacco nucleare…
R.
– Proprio questa sua giovinezza lo porta ad avere poca autorità
nella leadership. Kim Jong-un deve oggi fare i conti con la potente
lobby dei generali nord-coreani, coloro che detengono il reale potere
all’interno del Paese. Questi generali, che si rifanno
all’ideologia originale di Kim Il Sung, il padre fondatore del
Paese, rappresentano la fazione più conservatrice; hanno poca
dimestichezza col mercato e contatti limitati con l’esterno.
D.
- Però un atteggiamento del genere rischia poi di provocare una
chiusura ancora maggiore?
R.
– Potrebbe portare ad una maggiore chiusura della nazione, ma
potrebbe anche succedere il contrario, così come è accaduto nel
passato. Non è la prima volta che la Corea del Nord minaccia un
attacco convenzionale o nucleare verso i vicini. La novità, semmai,
questa volta è la minaccia di un attacco nucleare direttamente sul
territorio statunitense. Però, fino a questo momento, dopo le
minacce sono sempre seguite aperture ed un ammorbidimento da parte
del regime nord-coreano seguite da un’apertura da parte della Corea
del Sud, del Giappone, degli Stati Uniti, verso nuovi negoziati.
D.
– E’ la prima volta, però, che la Cina prende le distanze; lo fa
in maniera netta. Sembra quasi che questa alleanza di ferro si sia
rotta...
R.
– Sembra che si sia interrotta anche perché la Cina sta cercando
di coinvolgere sempre di più gli Stati Uniti all’interno di un
meccanismo economico e politico internazionale che la vede ormai
attore protagonista. Pechino sta cercando di capire il meccanismo
delle nuove idee politiche ed economiche del mercato globale e la
Corea del Nord, in questo contesto, è un fardello che la Cina si
deve portare. Infatti, non è un caso che Pyongyang ultimamente stia
guardando con molta più attenzione verso Mosca piuttosto che verso
Pechino.
D.
- Tu sei uno dei pochi giornalisti che dal ’96 ha avuto accesso
alla Corea del Nord, questo Paese che è sconosciuto alla maggior
parte della popolazione mondiale. La Corea del Nord oggi che Paese
è?
R.
– Oggi è un Paese in fase di trasformazione. E’ una
trasformazione velocissima, tanto è vero che chi entra nel Paese non
fatica a vedere cambiamenti tangibili all’interno della società
nord-coreana. Ci sono nuove costruzioni, nuove strade, nuove
fabbriche, nuovi atteggiamenti sociali da parte della popolazione.
All’inizio la popolazione era restia a parlare con gli stranieri,
ora invece è molto più aperta, più desiderosa di capire ciò che
sta avvenendo al di fuori della Corea del Nord, anche se ci sono
forti limitazioni.
Testo
proveniente dalla pagina
http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/08/nuovo_monito_dellonu_alla_corea_del_nord:_astenersi_da_nuov/it1-680746
del sito Radio Vaticana
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