La
situazione della centrale nucleare di Fukushima sembra ormai fuori controllo. I
comunicati emessi dalla Tepco sono sempre più confusionari confermando che la
ditta responsabile dell’impianto non ha assolutamente idea di cosa stia
accadendo all’interno del proprio sito. Il governo giapponese, che non ha certo
brillato in trasparenza nell’informazione verso i propri cittadini, in un
estremo tentativo di riguadagnare credibilità nazionale e internazionale ha
deciso che sarà lui, e non più la Tepco, a gestire la crisi nucleare. I
continui bollettini emessi dalle autorità spesso si contraddicono l’uno con
l’altro, inducendo la stessa IAEA ad intervenire chiedendo di cessare di
inviare «messaggi confusionari» sulla situazione attorno all’area coinvolta
nella fusione dei tre reattori.
La dose di radioattività misurata in prossimità di 3
dei 1000 contenitori di acqua utilizzata per il raffreddamento dei reattori
varia dai 70 ai 1.800 mSv/hr, quando la dose massima di radiazioni che un
lavoratore in un plesso nucleare può assorbire è di 20 mSv nell’intero corpo e
di 500 mSv sulla pelle. L’incompetenza dei tecnici della Tepco, sommata alla
superficialità mostrata dal governo centrale nel trattare l’incidente ha fatto
perdere due anni e mezzo di tempo e, forse, la possibilità di arginare le
perdite di radioattività. Così, ora si comincia a prospettare lo scenario
peggiore: una centrale nucleare pressoché perpetua che terminerà di funzionare
solo quando si esaurirà il combustibile. Il totale di combustibile stoccato nei
quattro reattori di Fukushima (incluse 1331 barre di combustibile spento, pari
a 228,3 tonnellate di uranio, immerso nelle piscine) è di 732 tonnellate di
uranio e plutonio che, se totalmente fuse, genererebbero in totale una quantità
di radiazioni di 1019 Bq. Nel frattempo, la Fukushima Medical
University, ha reso noto che nei due anni seguenti l’incidente della centrale,
i casi di cancro alla tiroide in pazienti da 0 a 18 anni, sono stati 12, a cui
se ne aggiungono altri 15 sospetti, su 178.000 persone monitorate, mentre nel
2005 l’incidenza nazionale tra la stessa fascia di età era 0,6 su 100.000
monitoraggi. Gli stessi ricercatori universitari hanno però escluso che i casi
di cancro alla tiroide siano direttamente causati all’incidente nucleare. Da
parte sua il governo di Abe Shinzo sembra più preoccupato a difendere i propri
interessi che quelli dei suoi cittadini e dei 150.000 giapponesi sfollati dalle
zone a più alta radioattività, costretti oggi a vivere in containers. In una
delle sue proverbiali gaffe, Abe si è detto sicuro che il problema di Fukushima
non pregiudicherà la candidatura di Tokyo alle Olimpiadi 2020 mostrandosi più
inquieto dalla cancellazione del programma nucleare giapponese. Il piano di
ripresa economica tracciato da Abe, infatti, passa attraverso la riapertura
delle centrali nucleari. Questo spiega i 29 miliardi di euro (senza interessi)
che Tokyo ha prestato alla Tepco. Ciò che il primo ministro vuole dimostrare è
che il problema di Fukushima non è il nucleare in sé, ma la sua gestione:
cambiamo la gestione, il nucleare ridiventa sicuro. Gli interessi sono enormi:
la sola bonifica del terreno e lo smantellamento della centrale di Fukushima
durerà almeno 40 anni con un costo complessivo di 75 miliardi di euro. Inoltre
il Giappone ha già concluso contratti miliardari con Turchia (17 miliardi di
euro) e Emirati Arabai, mentre sta siglando accordi con India, Brasile, Arabia
Saudita, Vietnam per un totale di 200 miliardi di euro. La politica nucleare di
Abe è appoggiata dalla Kaidanren (la confindustria giapponese), la quale ha
recentemente bollato di irresponsabilità la proposta di chiusura definitiva
delle centrali nucleari lanciata dall’Enecan, l’Energy & Environment
Council giapponese. I grandi conglomerati nipponici sono pesantemente coinvolti
nell’industria atomica (la Mitsubishi e l’Hitachi hanno partecipazioni
nell’Areva e nella General Electric, mentre la Westinghouse è stata assorbita
dalla Toshiba), anche se tutti stanno guardando con interesse alle energie
rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico, geotermico). Con un giro di affari
che si aggira, nel 2013, sui 20 miliardi di euro, l’industria dell’energia
“verde” è appena agli inizi, ma sono sempre più a scommettere che sarà il
motore dell’economia futura.
Copyright ©Piergiorgio Pescali
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