Il governo giapponese ha annunciato che la Tepco non
sarà più la sola responsabile dell’impianto nucleare di Fukushima Dai-ichi.
L’annuncio è stato dato dopo che la compagnia elettrica ha ammesso le proprie
negligenze nello stoccaggio delle acque altamente radioattive utilizzate per il
raffreddamento dei reattori nucleari fusi e nel loro controllo.
Sin dalle prime fasi dell’incidente di Fukushima i
tecnici hanno pompato acqua per cercare di raffreddare i reattori; sarebbe,
quindi, stato ovvio cercare di limitare le perdite di liquido di raffreddamento,
il quale, invece, è colato lungo i canali scavati dal combustibile ad altissima
temperatura lungo le pareti del reattore e del contenitore sino a perforare il
terreno sottostante. Sino ad oggi i soli incidenti direttamente riconducibili
alla radioattività, sono stati causati dal contatto con l’acqua di
raffreddamento, che ha portato a bruciature da radiazioni ai piedi di diversi
tecnici della Tepco.
Le perdite di acqua dai contenitori hanno aggravato
il problema: centinaia di tonnellate di acqua (si parla di 300 tonnellate,
300.000 litri) si sarebbero riversate in mare e continuerebbero a farlo. L’incidente, reso noto dalla Tepco il 19
agosto, sarebbe iniziato almeno sei settimane prima. Nonostante i lavoratori della
compagnia elettrica avessero notato un aumento anomalo di radioattività sin
dagli inizi di luglio, i dirigenti non avrebbero preso in seria considerazione
i dati rilevati, continuando a impiegare solo due persone che, un paio di volte
al giorno, facevano il giro di ispezione dei 1.000 contenitori di acqua sparsi
per la centrale. La Tepco ha annunciato di aver aumentato da 8 a 50 i tecnici
addetti al controllo dei tank di stoccaggio. Nonostante l’incidente sia stato
classificato su scala tre (su un massimo di 7), la IAEA non ha registrato
ufficialmente la gravità in quanto nessuno può sapere con esattezza la quantità
di acqua (e di conseguenza la quantità di radioattività) fluita dai contenitori
e dispersa in mare.
Il problema è che ogni tentativo di arginare le
perdite e il deflusso verso il mare sarebbe solo temporaneo: l’acqua non
farebbe altro che cercare un’altra via per defluire ed è solo questione di
tempo perché la trovi.
Un’ipotesi lanciata per bloccare il deflusso sarebbe
quella di congelare il terreno sottostante con azoto liquido. Il procedimento,
oltre che costoso, avrebbe bisogno di continuo rabbocco di liquido criogenico
ed inoltre, prima di intervenire, bisognerebbe creare una ragnatela di tubature
sotto l’intera area dell’impianto: un lavoro impegnativo e pericoloso perché
porrebbe gli operai ed i tecnici a diretto contatto con elementi altamente
radioattivi.
La dose di radioattività misurata in prossimità dei
contenitori di acqua utilizzata per il raffreddamento dei reattori, è di 100
mSv/hr, quando la dose massima di radiazioni che un lavoratore in un plesso
nucleare può assorbire è di 20 mSv nell’intero corpo e di 500 mSv sulla pelle;
questo significa che in sole 5 ore di permanenza si raggiungerebbe la soglia di
sicurezza.
I primi sintomi di malessere dovuti alle radiazioni
cominciano ad apparire dopo l’assorbimento di 1 Sv, mentre le prime bruciature
sulla pelle dopo 3 Sv.
Le radiazioni emanate dall’acqua di raffreddamento
di Fukushima sono di tipo beta, particelle che penetrano nella pelle per 1 cm
prima di essere fermate dalla stessa epidermide. Sono, quindi, radiazioni
relativamente poco pericolose se si ha la cura di lavare immediatamente le
parti venute in contatto con l’acqua.
Occorre però precisare che numerose sostanze emesse
dal reattore nucleare di Fukushima sono solubili in acqua: cesio 137 e 134,
piombo 210, stronzio 89 e 90, bario 140, radio 226, rutenio, rodio, trizio. Gli
stessi uranio e plutonio, generalmente insolubili, possono sciogliersi se
combinati in sali cloruri o come nanoparticelle in sospensione gel.
Ma cosa accadrebbe se la radioattività rimanesse
confinata attorno al terreno della centrale? Questa possibilità non è da
escludersi, anzi, potrebbe essere la teoria più plausibile dato che i sedimenti
marini di cui è formato il terreno attorno alla costa, sono degli ottimi
isolanti. In questo caso solo una piccola parte di acqua radioattiva
scivolerebbe verso il mare. C’è anche da dire che la diluizione degli ioni radioattivi
sul suolo non è geometrica, ma esponenziale; questo significa che al raddoppio
del raggio su cui si diluiscono i radioisotopi, la radioattività diminuisce di
un fattore di 4 o più.
Infine la radioattività, una volta in contatto con
l’acqua dell’oceano, viene dispersa abbastanza velocemente e le dosi di
radionuclidi (cesio 137) trovate , ad esempio, nei tonni, sono sufficientemente
basse da non causare danni all’uomo.
Il totale di combustibile stoccato nei quattro
reattori di Fukushima (incluse 1331 barre di combustibile spento, pari a 228,3
tonnellate di uranio, immerso nelle piscine ), è di 732 tonnellate di uranio e
plutonio che genererebbero in totale una quantità di radiazioni cesio 137 +
cesio 134 e stronzio 90 di 3x1018 becquerels (Bq) ognuno, vale a
dire un totale di 1019 Bq. Un totale dissolvimento di tali
radiazioni nell’oceano provocherebbe una concentrazione di 33 Bq/m3,
una concentrazione di radioattività alta, ma non letale. Nella realtà dei fatti
la quantità di radioattività che potrebbero emettere potenzialmente i reattori
di Fukushima è di 1017 Bq, il che diminuirebbe la concentrazione
radioattiva nel mare a 1 Bq/m3.
Nel frattempo, la Fukushima Medical University, ha
reso noto che nei due anni seguenti l’incidente della centrale, i casi di
cancro alla tiroide in pazienti da 0 a 18 anni, sono stati 12 ed altri 15
sospetti su 178.000 persone monitorate, mentre nel 2005 l’incidenza nazionale
tra la stessa fascia di età era 0,6 su 100.000 monitoraggi. Gli stessi
ricercatori universitari, hanno però escluso che i casi di cancro alla tiroide
siano direttamente dovuti all’incidente nucleare.
Il governo giapponese ha stimato che la bonifica del
terreno e lo smantellamento della centrale nucleare durerà almeno 40 anni con
un costo complessivo di 11 miliardi di dollari.
Copyright ©Piergiorgio Pescali
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