La Siria, una
delle nazioni più affascinanti e ricche di storia di tutto il Medio Oriente,
sembra ormai al collasso. La dinastia attualmente al potere, inaugurata nel
1967 da Hafiz al-Assad, un dittatore tanto crudele quanto paternalista, ha
visto passare lo scettro del comando al
figlio Bashar nel 2000. In verità Bashar non si era mai interessato di
politica; fu la morte, avvenuta nel 1994, dell’erede designato, il fratello
Basil, che proiettò il secondogenito di Hafiz, ai vertici del potere. Facile,
quindi, per l’entourage di stato, manovrare il nuovo presidente, inesperto e
relativamente poco incline alla politica. Come spesso accade nei regimi dittatoriali,
le personalità più influenti del governo siriano sono legate da una stretta
parentela con la famiglia al potere che sclerotizza l’intero apparato. Masher,
fratello dell’attuale presidente, è il comandante della Guardia Presidenziale,
mentre la sorella Bushra, la quale sarebbe il consigliere politico di Bashir, è
sposata con il generale Assef Shawqat, capo dei servizi segreti. Infine, Adnan
Makhluf, cugino della madre di Bashir, guida la Guardia Repubblicana.
La
ragnatela di intrecci tra le varie cariche di potere e la secolarizzazione
dello stato siriano voluta da Assad padre, ha mantenuto lontano dalla nazione la
potente componente musulmana sunnita ed ogni forma di integralismo religioso,
anche a costo di trasformare la Siria in uno stato oppressivo e dittatoriale.
E’ anche per riconquistare la simpatia della componente islamica, seriamente
compromessa dopo i massacri di Hama del 1980 e perpetrati contro la Fratellanza
Musulmana insorta contro la famiglia Assad, che Damasco si imbarcò nella guerra
del Libano appoggiando gli Hetzbollah e sostenendo Hamas contro Israele. La
Siria sotto Assad, però, fiorì dal punto di vista culturale ed economico e,
soprattutto, non conobbe mai gli eccessi del vicino Iraq. Terra fondamentale
per la nascita del cristianesimo, è sempre stata meta di pellegrinaggi e di
missioni archeologiche. Il cristiano o l’ateo che visita la meravigliosa
moschea degli Omayyadi, all’interno della quale si conserva una delle
innumerevoli teste di San Giovanni Battista e dove la leggenda narra che Gesù
scenderà ad annunciare la fine del mondo, non sente alcuna percezione di
estraneità o di sentirsi “fuori luogo”. Perdersi nel meraviglioso souk di
Aleppo, sovrastato dalla stupenda cittadella che al tramonto si tinge di colori
caldi, è uno dei piaceri del viaggio, così come scoprire le antiche rovine
romane di Palmira o il teatro di Bosra. Svegliarsi all’alba trovandosi di
fronte il Krak dei Cavalieri riporta ai tempi in cui queste terre erano teatro
di scorribande dei crociati o dei saraceni. Oggi non vi sono più le spade dei
Templari o gli archi dei soldati del Saladino a terrorizzare la popolazione, ma
moderni carri armati, fucili mitragliatori, aerei, granate.
Travolta
dalla cosiddetta Primavera Araba, la Siria rischia di rivelarsi l’ennesimo
fallimento diplomatico e politico dell’Occidente che non ha saputo, così come è stato per l’Iran di
Khatami, cogliere l’occasione del cambiamento al vertice per dialogare con il
nuovo governo che si dimostrava più aperto del precedente. Le legittime aspirazioni
dei siriani di democrazia, di libertà, di rispetto dei diritti umani gravemente
calpestati dal regime, difficilmente troveranno riscontro nelle innumerevoli
fazioni di combattenti antigovernativi. Prive di una leadership unica e
riconosciuta da tutti, spesso in lotta tra loro, fortemente infiltrate da
elementi estranei alla vita politica e culturale del paese, queste frange rischiano
di trasformare la Siria in una nuova Libia, rivoluzionando la geopolitica di
tutta la regione. Con tutta probabilità il governo di Assad ha i giorni
contati, ma ad oggi nessuno vede un successore che potrebbe governare il paese senza
che questo rischi di cadere nell’instabilità.
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