Non dimenticare la storia


Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen;
ich war ja kein Kommunist.
Als sie die Sozialdemokraten einsperrten, habe ich geschwiegen;

ich war ja kein Sozialdemokrat.
Als sie die Gewerkschafter holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Gewerkschafter.
Als sie die Juden holten, habe ich nicht protestiert;

ich war ja kein Jude.
Als sie mich holten,
gab es keinen mehr, der protestierte.


Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio;
non ero comunista.
Quando rinchiusero i socialdemocratici, rimasi in silenzio;
non ero un socialdemocratico.
Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce;
non ero un sindacalista.
Quando vennero per gli ebrei, non protestai;
non ero un ebreo.
Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.

(Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller; Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984)



S-21 - Nella prigione di Pol Pot

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S-21; un romanzo storico, una narrazione viva e potente che porta il lettore in una struttura detentiva istituita dal regime degli Khmer Rossi, una prigione da cui pochi sono tornati, seppur segnati nel corpo e nello spirito, vivi.

IL CUSTODE DI TERRA SANTA - un colloquio con padre Pierbattista Pizzaballa

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FESTIVAL FRANCESCANO 2014 - Rimini, piazza Tre Martiri,SABATO 27 SETTEMBRE - ORE 15.00 Presentazione del libro Il Custode di Terra Santa

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Aung San Suu Kyi in Europa dopo 24 anni (14 giugno 2012)


Aung San Suu Kyi è atterrata in Svizzera ieri (13 giugno) inaugurando un tour europeo che la porterà anche in Norvegia, Gran Bretagna, Irlanda e Francia. A parte la recente visita in Thailandia, è la prima volta in 24 anni che la leader dell’opposizione birmana può uscire dal paese senza che i militari le possano impedire di rientrare. Dopo la Svizzera, dove tra oggi (14 giugno) e domani parteciperà alla conferenza dell’ILO (International Labour Organization) e visiterà il Parlamento elvetico a Berna, Suu Kyi andrà ad Oslo, luogo in cui si consumerà la parte più rilevante del viaggio. Sarà nella sala comunale della capitale scandinava che il 16 giugno le verrà consegnato, a 21 anni di distanza, il premio Nobel assegnatole nel 1991. Da Oslo, Aung San Suu Kyi volerà a Bergen, sede dell’associazione Rafto, l’organizzazione per i diritti umani che nel 1990 le aveva conferito l’omonimo premio. La successiva tappa britannica alternerà gli incontri politici presso le Camere del parlamento a momenti di ricongiungimento famigliare. I figli Alexander e Kim festeggeranno con la madre il suo sessantasettesimo compleanno il 19 giugno ad Oxford, città in cui ha vissuto a lungo con il marito, il tibetologo Michael Aris, morto nel 1999. A Dublino Aung San Suu Kyi riceverà da Bono il premio Amnesty International, per poi affrontare l’ultima tappa del viaggio: la Francia. Qui la premio Nobel per la pace incontrerà il neopresidente francese François Hollande. L’intenso programma è finalizzato in principal modo a rinsaldare i legami con la comunità birmana in Europa, ma anche a stringere alleanze politiche al massimo livello. Suu Kyi, infatti, ha bisogno di appoggi internazionali in questa delicata fase di transizione per sostenere il suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia, quando questo, partecipando all’attività politica della nazione, dovrà fare scelte impopolari. Dopo aver chiesto la fine dell’embargo economico e aver invitato gli imprenditori ad investire in Myanmar, ha avvertito le democrazie occidentali che il processo di democratizzazione in atto nel suo paese dal 2010, potrebbe essere deragliato dagli elementi più conservatori dell’apparato militare. Al tempo stesso non deve frustrare le ambizioni dei generali birmani, di cui ha bisogno per non lasciare che i violenti conflitti etnici dividano la nazione. L’indebolimento delle Forze Armate birmane rischia, infatti, di catalizzare le istanze di secessione di molte delle 135 etnie che compongono il mosaico demografico del Myanmar. Ultime, in ordine di tempo, sono le manifestazioni di protesta delle comunità musulmane contro i buddisti, che hanno costretto il governo di Thein Sein a decretare lo stato di emergenza nello stato del Rakhine, al confine con il Bangladesh. Se Aung San Suu Kyi sarà chiamata a pronunciarsi su queste rivolte, dovrà sfoderare tutta la sua diplomazia per non urtare la suscettibilità dei buddisti birmani, da una parte, o delle organizzazioni dei diritti umani, dall’altra.
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